PUBBLICITÁ

Il truce liberale

Un documento choc della Lega sul Recovery smentisce già la "svolta liberale" di Salvini

"Speriamo che anche le opposizioni partecipino costruttivamente, fin dalla prossima settimana, sulle linee guida per il Pnrr", dice Amendola. Forza Italia ci pensa. Ma la Lega, da Bruxelles, rinnova la battaglia euroscettica

Valerio Valentini

Il ministro Amendola scopre le carte del Truce: "Se vuole collaborare sul Piano europeo, il momento è questo". Ma il gruppo di europarlamentari del Carroccio boccia i finanziamenti di Bruxelles: "Sono la nuova Troika". Le incognite sul voto in Parlamento di martedì prossimo

PUBBLICITÁ

Ora che hanno fatto la “svolta liberale”, l’auspicio di Vincenzo Amendola dovrebbe suonare quasi banale, alle orecchie dei sovranisti. “Noi vogliamo che il Parlamento si esprima sulle linee guida per il Piano nazionale di ripresa”, ci dice il ministro per gli Affari europei. “E certo – prosegue – speriamo che anche le opposizioni partecipino costruttivamente, fin dalla prossima settimana”. E tutto, visto il nuovo corso inaugurato dalla destra, lascerebbe pensare che una forma di non belligeranza, almeno sul Recovery fund, sarebbe pensabile. Se non fosse che proprio tre giorni fa, in un atto ufficiale con tanto di timbro del partito, la Lega di Matteo Salvini, novello paladino del liberalismo nostrano, il Recovery lo definiva una “istituzionalizzazione della Troika che ci legherà mani e piedi a Bruxelles”

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Ora che hanno fatto la “svolta liberale”, l’auspicio di Vincenzo Amendola dovrebbe suonare quasi banale, alle orecchie dei sovranisti. “Noi vogliamo che il Parlamento si esprima sulle linee guida per il Piano nazionale di ripresa”, ci dice il ministro per gli Affari europei. “E certo – prosegue – speriamo che anche le opposizioni partecipino costruttivamente, fin dalla prossima settimana”. E tutto, visto il nuovo corso inaugurato dalla destra, lascerebbe pensare che una forma di non belligeranza, almeno sul Recovery fund, sarebbe pensabile. Se non fosse che proprio tre giorni fa, in un atto ufficiale con tanto di timbro del partito, la Lega di Matteo Salvini, novello paladino del liberalismo nostrano, il Recovery lo definiva una “istituzionalizzazione della Troika che ci legherà mani e piedi a Bruxelles”

PUBBLICITÁ

 

Difficile, insomma, aspettarsi un voto trasversale martedì prossimo, quando il dossier con cui le Camere daranno un indirizzo di massima al governo in vista dell’attuazione del piano di finanziamenti europei approderà dapprima a Montecitorio e poi a Palazzo Madama. Appuntamento a cui il ministro Amendola guarda con una certa apprensione: perché un’approvazione del piano permetterebbe al governo italiano di presentarsi già al Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre come l’unico dei 27 esecutivi forte di un mandato parlamentare, impostando così le trattative dei prossimi mesi – entro marzo del 2021 dovrà esserci la presentazione ufficiale di tutti i piani – facendo valere ai tavoli delle negoziazioni un vincolo istituzionale non decisivo, ma pur sempre rilevante. Si tratterebbe in sostanza della stessa strategia che utilizzano i primi ministri dei paesi nordici, che ribadiscono puntualmente il loro dovere di rispettare le direttive ricevute dai loro parlamenti. Una tattica che anche l’olandese Mark Rutte ha adottato la scorsa estate per impuntarsi sul cosiddetto “freno d’emergenza” e vincolare l’erogazione dei fondi all’attuazione delle strutturali da parte dei singoli paesi.

PUBBLICITÁ

E allora stavolta il lavoro è stato scrupoloso fino al punto di apparire bizantino: col presidente della commissione Bilancio della Camera, Fabio Melilli del Pd, che ha coordinato un ciclo di audizioni durato oltre un mese e che s’è concluso, d’intesa coi colleghi di altre commissioni, con la stesura di un documento d’indirizzo in cui vengono elencate le priorità di spesa e d’investimento connesse al Recovery. E siccome lo si voleva condiviso quanto più possibile, il lavoro, nelle linee guida sono state accolte non poche delle osservazioni avanzate dalle opposizioni. “Nelle commissioni si è oggettivamente lavorato bene”, conviene Renato Brunetta, responsabile economico di Forza Italia che non esclude affatto una convergenza in Aula: “Ci stiamo ragionando coi colleghi del partito. Leggeremo con attenzione la risoluzione che la maggioranza produrrà, confidando nell’intelligenza politica del governo”. 

 

E se davvero la primavera della rabbia sovranista ha lasciato posto alla primavera del buonsenso, come vorrebbero dimostrare le parole di Salvini, sarebbe lecito attendersi un atteggiamento analogo da parte della Lega. E invece Alberto Bagnai, giorni fa, ha definito le linee guida sul Pnrr come un “documento abbastanza imbarazzante”. Meno sintetico è stato invece il giudizio che il gruppo della Lega al Parlamento europeo ha espresso in una “Nota critica sul Recovery fund”, un documento ufficiale diffuso con tanto di simbolo del partito. “Ci sarà grazie al Recovery – si legge nelle conclusioni del dossier – un vincolo esterno, simile alla Troika per modalità ricattatorie (ti concedo di spendere i tuoi soldi e forse una mancia se fai quello che ti dico io). Il governo giallorosso ha quindi vincolato ulteriormente il nostro paese alle decisioni prese in sede Ue e ora cercano di vendere questo ennesimo tradimento della patria come un grande successo e come se l’Ue ci regalerà un sacco di soldi. Forse il fine mascherato era proprio questo, ovvero fregarsene dell’interesse nazionale e della volontà degli elettori, cercando d’impegnare il più possibile l’Italia ai vincoli esterni e limitare l’azione economica e di riforma futura di un governo di centrodestra a trazione Lega”. Il tutto veniva vergato mercoledì 7 ottobre. Nelle stesse ore, cioè, in cui Salvini dettava al Corriere della Sera la sua dichiarata volontà di realizzare la “rivoluzione liberale”. Per dire di quanto siano credibili, le svolte del Capitano. 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ