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“Allargare” e “non lottizzare”. Questione di metodo (tra Salvini e Meloni)

Il vertice di centrodestra e la linea (non così unanime) per il voto 2021

Scegliere un civico per Roma, Milano, Torino e Napoli. Pare facile. Non lo è

La nota unanime post-vertice e le sottili differenze che, se non si fa in fretta, potrebbero portare la concordia a scricchiolare. La ricerca di un manager a Roma e di un imprenditore a Torino, la road map (rivedersi tra un mese con qualcosa di concreto) e il tema "preventivo" dei poteri di Roma Capitale

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Interno giorno, mattina (ieri mattina), ufficio di Matteo Salvini, Senato. Sono presenti il leader della Lega medesimo, il leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani, il vicesegretario federale della Lega ed ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, il cofondatore di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Senato Ignazio La Russa, la senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli. Sugli schermi dei telefonini scorrono intanto i commenti all’intervista appena rilasciata da Salvini al Corriere della Sera, quella in cui il leader leghista riflette sui risultati delle ultime amministrative, lontani da quelli che avevano decretato per lui l’età dell’oro, un paio di anni fa, e mentre riflette dice la frase che a Roma ha già messo in pratica, in particolare nella ricerca del possibile candidato sindaco. E cioè: “Dobbiamo allargare, ora il nostro sguardo è rivolto alle elezioni che la prossima primavera si terranno nelle principali città italiane, da Milano a Roma, da Napoli a Torino”. Ed è di questo che si deve infatti parlare lì, a due passi da San Luigi dei Francesi, durante il vertice in cui apparentemente si è tutti d’accordo, con tanto di nota congiunta finale: “Questa mattina si è tenuto il vertice di centrodestra, con l’obiettivo di individuare entro l’autunno i migliori candidati per le prossime elezioni amministrative. Non si è parlato di nomi, ma di metodo: saranno coinvolti i territori per trovare candidati di alto livello, anche al di fuori dal mondo della politica. I profili migliori saranno portati al tavolo nazionale che deciderà su capoluoghi di Regione e di Provincia e sulle presidenze dei Municipi delle grandi città”.

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Interno giorno, mattina (ieri mattina), ufficio di Matteo Salvini, Senato. Sono presenti il leader della Lega medesimo, il leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani, il vicesegretario federale della Lega ed ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, il cofondatore di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Senato Ignazio La Russa, la senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli. Sugli schermi dei telefonini scorrono intanto i commenti all’intervista appena rilasciata da Salvini al Corriere della Sera, quella in cui il leader leghista riflette sui risultati delle ultime amministrative, lontani da quelli che avevano decretato per lui l’età dell’oro, un paio di anni fa, e mentre riflette dice la frase che a Roma ha già messo in pratica, in particolare nella ricerca del possibile candidato sindaco. E cioè: “Dobbiamo allargare, ora il nostro sguardo è rivolto alle elezioni che la prossima primavera si terranno nelle principali città italiane, da Milano a Roma, da Napoli a Torino”. Ed è di questo che si deve infatti parlare lì, a due passi da San Luigi dei Francesi, durante il vertice in cui apparentemente si è tutti d’accordo, con tanto di nota congiunta finale: “Questa mattina si è tenuto il vertice di centrodestra, con l’obiettivo di individuare entro l’autunno i migliori candidati per le prossime elezioni amministrative. Non si è parlato di nomi, ma di metodo: saranno coinvolti i territori per trovare candidati di alto livello, anche al di fuori dal mondo della politica. I profili migliori saranno portati al tavolo nazionale che deciderà su capoluoghi di Regione e di Provincia e sulle presidenze dei Municipi delle grandi città”.

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E però il problema sta proprio nel metodo, non da tutti digerito come ineluttabile: c’è chi preferirebbe, vedi in zona Fratelli d’Italia, nomi meno civici e più politici, e c’è chi, ferma restando quella che dopo il vertice diventa certezza a tutti gli effetti – Salvini e Meloni non si candidano in prima persona – non si rassegna a vedere che le differenze tra gli uni e gli altri, magari foriere di successo nell’urna, saranno costrette all’amalgama in nome dell’omogeneità nella ricerca. 

 

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E infatti, anche attorno alla questione nomi, la concordia non è del tutto concorde (“candidare un imprenditore del vino a Torino? Mah, è presto”, dice un dirigente forzista. Ma anche chiedendo ai leghisti, che in teoria sui civici sono già lanciati, non si ottiene totale entusiasmo: “Adesso pensiamo a Roma, dove stiamo cercando un profilo che ci permetta di allargare”). Fatto sta che Roma è il primo punto dolente: doveva essere teatro di marcia trionfale salviniana, ma con nome politico. Però le cose cambiano, e la marcia potrebbe farsi mesta, meglio dunque puntare sul cosiddetto “nome alla Cattaneo”, dice un insider, citando non a caso il manager che d’estate era stato a lungo corteggiato (invano, ma chissà). Poi c’è il fattore tempo: “Potremmo averne meno del previsto, per la campagna elettorale”, dicono in zona Forza Italia ma anche nella Lega. E c’è il fattore di principio, nel senso dell’operazione preventiva sui poteri di Roma su cui insiste da tempo Fratelli d’Italia, il partito che a Roma stava puntando sul veterano e vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, che proprio sulla questione poteri speciali a Roma si era speso in passato, lungo la linea del programma di governo di centrodestra 2018 (che prevedeva, nel nono capitolo, un “piano straordinario per l’adeguamento di Roma capitale agli standard delle principali capitali europee”). E insomma: nel partito di Giorgia Meloni si pensa che senza prima conferire i suddetti poteri a Roma, poteri già oggetto di un’odissea tra governi Berlusconi e governo Monti, gestire la capitale potrebbe non essere un’avventura così esaltante (meglio puntare dunque sulle più lontane regionali, sempre con Rampelli in prima fila). Ieri però era un altro giorno, il giorno del ventilato “allargamento” salviniano, con le città come primo campo di prova. Pare facile. E infatti non lo è. Tanto che, a domanda sugli ancora ignoti, possibili candidati civici per Roma e Milano, negli ambienti più centristi del centrodestra si cercava di mettere intanto in cassaforte un punto fermo: “Non lottizzare”. E dalla Lega arrivava il mantra gemello: “Non spartire”. Ma ci si dovrà rivedere a stretto giro, questo è il programma: tra meno di un mese, dopo aver scandagliato ognuno per proprio conto la rosa di imprenditori, esperti, professori e quanto di più civico possano esprimere i territori, si dovrà trovare un accordo per ciascuna delle città, per arrivare alla fine dell’anno senza che qualcosa – nel merito più che nel metodo – possa cominciare a scricchiolare. 
 

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