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La batosta di Legnano. Salvini cade ai piedi di Alberto da Giussano

Francesco Floris

Sindaco del Pd (e drappo rosso sulla statua) nella città simbolo del mito padano e dove la Lega aveva perso solo una volta

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Legnano. Chissà se la vittoria del Pd alle elezioni per il sindaco di Legnano sarà come la prima statua dell’Alberto da Giussano, o come la seconda. Il comune della provincia di Milano è passato alla storia come la culla della Lega, un posto altamente iconico proprio per quella statua, con la mano protesa e la spada puntata contro il nemico invasore (Gad Lerner, furbone, ai tempi dei trionfi di Salvini sovranista andò proprio lì sotto per intervistare Francesco Speroni: e adesso la mettiamo con la secessione?). Del resto il mito dell’Alberto è un po’ pasticciato. Il primo Alberto fu infatti impastato di cartapesta e gesso. Perché Legnano sarà pure a nord del Po, ma non riuscirono a realizzare la statua in metallo in tempo per l’inaugurazione. E in breve, la pioggia la disciolse. Passò altro tempo prima che venisse pronto il vero colosso.

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Legnano. Chissà se la vittoria del Pd alle elezioni per il sindaco di Legnano sarà come la prima statua dell’Alberto da Giussano, o come la seconda. Il comune della provincia di Milano è passato alla storia come la culla della Lega, un posto altamente iconico proprio per quella statua, con la mano protesa e la spada puntata contro il nemico invasore (Gad Lerner, furbone, ai tempi dei trionfi di Salvini sovranista andò proprio lì sotto per intervistare Francesco Speroni: e adesso la mettiamo con la secessione?). Del resto il mito dell’Alberto è un po’ pasticciato. Il primo Alberto fu infatti impastato di cartapesta e gesso. Perché Legnano sarà pure a nord del Po, ma non riuscirono a realizzare la statua in metallo in tempo per l’inaugurazione. E in breve, la pioggia la disciolse. Passò altro tempo prima che venisse pronto il vero colosso.

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La vittoria del Pd sarà temporanea o davvero è cambiato qualcosa? Se lo chiedono in piazza Monumento, ma senza particolare foga, i legnanesi che dopo l’esito delle urne hanno visto quei drappi rossi con cui mani ignote hanno ricoperto l’Alberto caro ai deputati leghisti, che lo sfoggiano in oro, sul bavero della giacca. Domande dal profondo nord leghista (che qui aveva perso solo una volta, nel 2017) che già vocifera di “tradimenti”, come nei romanzi di cappa e spada. Del resto la candidata sindaco del Carroccio, Carolina Toia, era a 10 punti dal suo competitor, Lorenzo Radice. Più di 1.500 voti volatilizzati in due settimane. Se non fosse una tragedia, per gli uomini di Capitan Salvini, ci sarebbe quasi da studiare. “Ho iniziato a pensare davvero che potevamo farcela quando una signora che non ha votato noi al primo turno mi ha indicato ad alcune amiche come il futuro sindaco di Legnano – racconta il vincitore Radice – Lì ho capito che nella città era scattato qualcosa. Una vittoria della squadra”. E’ la squadra che conta: l’abbiamo già sentito a Milano, cinque anni fa, con Beppe Sala. Buoni auspici? Chissà, ma alla fine l’Alberto l’hanno drappeggiato.

 

So che le colpe in questo paese sono sempre del Pd – spiega al Foglio il segretario dem della sezione di Legnano, Michele Ferrazzano – ma non so chi sia stato né posso confermare o smentire che quel gesto venga da noi, anche perché come è facile immaginare abbiamo festeggiato fino a tardi”. Bandiera rossa la festeggerà, diciamo. Giambattista Fratus, l’ex sindaco rimasto ai box in attesa della conclusione delle vicende giudiziarie che sicuramente hanno condizionato – e non poco – la battaglia di Legnano, la prende con filosofia: “Alberto da Giussano è un grande combattente, quindi accetta tutti sulla propria spada”. Più arrabbiato il segretario della Lega in città, Mirko Gramegna, che la butta sul problema cromatico. Quel drappo appeso alla statua “è arancione, non rosso – dice – Quello è il simbolo di Legnano, chiunque vinca una competizione, come il Palio che quest’anno non si è potuto correre, appende lì la propria bandiera”. Insomma, non c’è polemica tranne che per i daltonici. Ma i dem sono sicuri che la bandiera sventola perché “il vento sta cambiando”, come dice il segretario del Pd cittadino

 

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C’è gioia fra i vertici del partito in Lombardia perché è “finita l’epoca in cui la Lega sembrava accerchiare Milano” scrive su Fb Pierfrancesco Maran, assessore all’Urbanistica del capoluogo e pezzo da novanta nel Pd metropolitano, facendo riferimento alle conquista anche di Saronno (in rimonta) e Corsico fra i comuni della cintura milanese. “A livello politico abbiamo vinto al primo turno”, risponde a distanza il leghista Gramegna. “Il centrodestra paga lo scotto di avere un pezzo di elettorato che al secondo turno non va a votare. Non come quello del Pd fatto di soldatini”. Però le guerre le vincono i soldati. Con buona pace pure dell’Alberto, che era un condottiero. Sebbene leggendario e dunque, forse, inesistente.

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