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L'intervista

Pd e M5s alleati a Torino e Roma? Sarebbe "Fico", ci dice il patron di Eataly

"Io sono un fanatico delle alleanze e i Cinque stelle sono cambiati", ci spiega Oscar Farinetti

David Allegranti

"Il sovranismo porta conflitti sociali e guerre, è matematicamente provato. Quindi speriamo che Trump, che è il re dei sovranisti, perda e che la sua rimanga una orribile parentesi per l’America"

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“Il sovranismo porta conflitti sociali e guerre, è storicamente provato. Quindi speriamo che Trump, che è il re dei sovranisti, perda e che la sua rimanga una orribile parentesi per l’America, paese della democrazia e della libertà. Se rivince lui, è finita”, dice al Foglio Oscar Farinetti, patron di Eataly, che lavora in 18 nazioni, Stati Uniti compresi, dove ha appena riaperto i suoi ristoranti dopo 4 mesi e mezzo di lockdown.

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“Il sovranismo porta conflitti sociali e guerre, è storicamente provato. Quindi speriamo che Trump, che è il re dei sovranisti, perda e che la sua rimanga una orribile parentesi per l’America, paese della democrazia e della libertà. Se rivince lui, è finita”, dice al Foglio Oscar Farinetti, patron di Eataly, che lavora in 18 nazioni, Stati Uniti compresi, dove ha appena riaperto i suoi ristoranti dopo 4 mesi e mezzo di lockdown.

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Perché descrive l'eventuale vittoria di Donald Trump come un dramma?

“Gli Stati Uniti sono come Roma duemila anni fa, hanno 6 company che gestiscono le relazioni sociali del nuovo mondo. Non hanno solo armi, hanno il mondo digitale che hanno inventato e che gestiscono loro. E hanno la nuova moneta, che sono i dati. È un impero formidabile, determinante per l’atmosfera del mondo. Con il sovranismo l’atmosfera è di conflitto politico, è litigiosa. Al sovranismo prudono le mani, insomma è un macello. Se rivince lui, tutti gli altri si scatenano. Anche quelli che abbiamo in Italia. Attenzione, non sono cattivi, è che il loro ragionamento di partenza è sbagliato. Per come è l’Italia, un paese piccolo che deve rivolgersi al mondo, il sovranismo è da pirla”.

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A proposito di atmosfera politica, come è quella italiana?

“Io opero in diverse nazioni e posso dire che l’Italia non è andata male nella gestione dell’emergenza. Siamo stati i primi a essere colpiti, ma il virus lo abbiamo contenuto bene. Dunque, brava la politica ma anche bravi gli italiani”.

 

E per quanto riguarda le conseguenze socio-economiche?

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“Il governo ha garantito un prestito alle imprese, tenendole in vita. Anche qui la politica non si è comportata male. Certo, ci sono un po’ di problemi burocratici, ma non dipende dai politici attuali bensì da quelli passati. In Italia c’è una burocrazia pesante. Fra quando viene scritto il decreto legge a quando viene applicato c’è in mezzo il politburo della burocrazia. Ma a parte questo, l’Italia ha reagito bene perché non sono morte le imprese. E poi qui c’è la cassa integrazione, che negli Stati Uniti non c’è e si vede: a Las Vegas 100 mila fra camerieri e cuochi sono stati mandati a casa. Insomma, non abbiamo reagito male ma alcune cose devono essere migliorate”.

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Quali?

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“Anche se è difficile, in futuro dobbiamo dare soldi a fondo perduto alle aziende. A quelle che se lo meritano, però, in modo da sostenere realmente i consumi. La nostra è la società dei consumi, se non ci sono più è un casino”.

 

Ha votato al referendum costituzionale?

“Ho votato sì perché era giusto risparmiare questi 57 milioni ma dall’altro lato non capisco perché ne vengano buttati 500 per i navigator, che non servono a niente. Il lavoro si crea attraverso le imprese. Insomma, dobbiamo decidere da che parte vogliamo andare. E noi abbiamo il culo di essere il paese più bello del mondo, per le cose che gente molto più figa di noi ha fatto in passato, non solo per il cibo, ma per tutto. Rappresentiamo, come popolazione, lo 0,83 per cento del mondo, possiamo rivolgerci al 99,17 per vendere la nostra bellezza”.

 

Come vorrebbe farlo?

“Raddoppiando le esportazioni delle nostre eccellenze e raddoppiando i turisti. Due cose facili. In più, le aziende devono digitalizzarsi, quelle non digitali non avranno futuro. Devono essere capaci di lavorare on land e online. Poi devono essere sostenibili, quindi produrre e vendere senza arrecare danni al pianeta. In questo siamo i numeri uno come italiani. Già produciamo un sacco di energia dalle fonti rinnovabili, siamo quelli che hanno i minori residui chimici nella terra. Insomma siamo i più puliti. Dunque, sarebbe giusto che le aziende che hanno queste caratteristiche – capacità di aumentare l’export, attrarre turisti, un programma di digitalizzazione, di sostenibilità e, aggiungo, anche la volontà di reinvestire gli utili per lo sviluppo dell’azienda e non per la redistribuzione – possano accedere a contributi diretti dello Stato. Mi piacerebbe che questo lavoro di verifica dei requisiti lo facessero i bravissimi tecnici dell’agenzia delle entrate, che così ci aiuterebbero”.

 

Lei è a favore della modifica del reddito di cittadinanza?

“Io il reddito di cittadinanza lo comprendo. Rispetto ad altre nazioni siamo ricchi. Quindi è giusto aiutare la gente che è in difficoltà. Il tema generale del reddito di cittadinanza è giusto ma è inquinato dai navigator che non servono a niente. Quello che serve l’ho detto prima: dobbiamo vendere al mondo le nostre meraviglie. Le nostre esportazioni valgono 430 miliardi, di cui 150 sono vere eccellenze. Stesso discorso per i turisti. Importiamo oggi 50 milioni di turisti stranieri, che però vanno tutti nei soliti posti. Potremmo raddoppiarli. Naturalmente, so che è tutto complicato, difficile. Mi rendo conto delle difficoltà che il governo deve affrontare, qui sembriamo tutti 60 milioni di presidenti del Consiglio. Però da una parte bisogna pur cominciare”.

 

Da dove?

“Dal riparare la barca. La politica è come una barca sulla quale c’è gente che litiga per farle prendere una direzione. Ma se prima non ripari la barca, questa affonda”.

 

E qual è il buco da riparare?

“I nostri politici sono anche bravi, ma sono impegnati sempre in campagna elettorale. Ogni giorno, ogni anno. Nel 2018 le elezioni politiche, nel 2019 quelle Europee e Regionali. Nel 2020 altre elezioni regionali più il referendum. L’anno prossimo ci saranno le amministrative in grandi città. Gli unici mesi tranquilli saranno quelli del semestre bianco, poi nel 2023 votiamo di nuovo. Ecco, in campagna elettorale chiunque è portato a dire qualunque cosa per avere più voti piuttosto che per fare il bene del paese. La prima operazione da fare per riparare la falla sarebbe un election day una volta ogni 5 anni per stato, regioni, comuni. Se cade una giunta, arriva il commissario finché non ci sono nuove elezioni. A Roma è successo e non è andata male, anzi era meglio. Poi bisogna cambiare sistema elettorale, prendendo quello dei sindaci e utilizzandolo per stato, regioni e comuni. Così si sa chi ha vinto e chi ha perso. Ah, ci dovrebbero essere anche le preferenze. Insomma, così voteremmo ogni 5 anni e per 4 anni e mezzo l’atmosfera del paese sarebbe civile, senza sbraitare o litigare”.

 

L’anno prossimo appunto si vota in città importanti. Secondo lei Pd e M5s dovrebbero allearsi a Torino, Roma e nelle altre città?

“Io sono un fanatico delle alleanze. Ho un sacco di amici che non la pensano come me, anche leghisti. Fascisti no perché non potrei, sono figlio di un comandante partigiano. Sono sempre per le alleanze, purché dettate da pulizia morale e intellettuale. Il fatto che il M5s sia cambiato non mi fa dispiacere. E’ nato sulla sfiducia collettiva, contro imprenditori, politici. La loro era la logica del vaffanculo. Gli italiani li hanno premiati con il 33 per cento dei voti e il 40 per cento dei posti in parlamento. Era logico quindi collaborare con loro, il Pd è stato costretto e la cosa non mi scandalizza. I Cinque stelle hanno cambiato idea nel frattempo, penso alla Tav. Chiedevano l’impeachment a Mattarella. Andavano a Parigi con i gilet gialli. Ma ci sono stati cambiamenti pazzeschi. Di Maio fa persino il ministro degli Esteri. Quindi a me cosa frega, non ho mica la puzza sotto al naso. Non ho preclusioni. Tolti i fascisti, non mi fa ribrezzo fare alleanze con nessuno”.

 

Anche con i sovranisti?

“Riusciremo a far cambiare idea anche a loro. Con armonia e con le belle parole”.

 

Quindi sì all’alleanza fra Pd e M5s anche nelle città?

“Da questa alleanza è possibile tirare fuori il meglio, con meno intransigenza. Certo, se fai Di Battista ministro no. Ma su questo ci sono arrivati pure loro”.

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