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Perché saranno le regioni a convincere i grillini a dire sì al Mes

Giacinto della Cananea

I soldi del Recovery fund non arriveranno subito, i governatori hanno bisogno di fondi, aspettare non ha più senso

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Nonostante i progressi compiuti in vista dell’approvazione del Recovery Fund, l’obiettivo finale non è a portata di mano. Vi sono d’ostacolo la lunghezza delle procedure decisionali, le riserve espresse dal Parlamento europeo sui vari programmi di spesa, l’opposizione di alcuni governi nazionali – come quello ungherese – al tentativo di collegare l’erogazione dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto. Diviene perciò ancora più cruciale la decisione sul ricorso alla nuova linea di credito istituita quest’anno all’interno del Meccanismo europeo di stabilità, cioè il Sostegno alla crisi pandemica.

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Nonostante i progressi compiuti in vista dell’approvazione del Recovery Fund, l’obiettivo finale non è a portata di mano. Vi sono d’ostacolo la lunghezza delle procedure decisionali, le riserve espresse dal Parlamento europeo sui vari programmi di spesa, l’opposizione di alcuni governi nazionali – come quello ungherese – al tentativo di collegare l’erogazione dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto. Diviene perciò ancora più cruciale la decisione sul ricorso alla nuova linea di credito istituita quest’anno all’interno del Meccanismo europeo di stabilità, cioè il Sostegno alla crisi pandemica.

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Lo è perché si tratta di prestiti già disponibili e, secondo la maggior parte degli economisti, assai vantaggiosi dal punto di vista dei costi e della durata. A questi motivi se ne aggiungono altri quattro, di natura giuridica e istituzionale. Il primo è che, per prendere sul serio l’impegno della Repubblica a tutelare la salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” (articolo 32 della Costituzione), è necessario un consistente e immediato incremento delle risorse destinate alla sanità, com’è dimostrato dal piano prospettato dal Ministro Speranza. Per poterlo realizzare, l’Italia ha bisogno di ricevere dall’Unione europea tutto quanto essa è disposta a dare per finanziare la spesa sanitaria.

 

 

Il secondo argomento riguarda la tipologia degli interventi finanziabili grazie al sostegno alla crisi pandemica, cioè tutte le spese direttamente o indirettamente ricollegabili alla crisi epidemiologica. Vi rientrano sia le spese per gli investimenti, le quali si ripagano da sole, sia le spese di tipo corrente, per assumere personale specializzato e rafforzare le dotazioni di dispositivi medici. Poiché le regioni possono indebitarsi soltanto per effettuare investimenti (articolo 119 della Costituzione), la nuova linea di credito è preziosa. Ben si comprende, quindi, che regioni governate da diverse maggioranze politiche siano favorevoli alla sua attivazione.

 

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Da ciò scaturisce il terzo argomento, riguardante i rapporti tra le regioni e il governo centrale. Quest’ultimo, da quando l’emergenza epidemiologica si è manifestata, ha più volte richiamato le regioni al rispetto dell’interesse nazionale e dei vincoli di solidarietà. Come potrebbe, adesso, rifiutarsi di dare loro ascolto, tanto più in presenza della nota varianza nell’accesso alle cure nel territorio nazionale?

 

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Un ulteriore argomento concerne la nostra posizione nell’UE. Il Sostegno alla crisi pandemica fa parte d’una strategia politica complessiva e innovativa, insieme alla sospensione del Patto di stabilità e alla previsione di sovvenzioni e prestiti, ossia la Next Generation EU. Affinché gli Stati membri si dotino di migliori presidi sanitari e invertano la tendenza economica negativa, occorre il concorso di tutti gli strumenti disponibili. Rinunciare ad alcuni rischia oltre tutto di creare disorientamento tra i sostenitori di una più incisiva azione comune, di favorire le obiezioni dei governanti che tuttora cercano di sminuirla.

 

 

A fronte di questi argomenti, non ha alcun pregio l’obiezione avanzata da quanti affermano a gran voce che la nuova linea di credito introdotta dal MES mette a rischio la sovranità nazionale. Anzitutto, la sovranità nazionale che costoro rimpiangono è un mito, perché nemmeno tra Otto e Novecento statisti come Giolitti e Sonnino potevano permettersi d’ignorare gli orientamenti dei principali partner e i criteri condivisi dagli operatori finanziari. Inoltre, l’unica condizione prevista per accedere al sostegno alla crisi pandemica è l’osservanza del vincolo di destinazione ed è interesse dei cittadini italiani che esso sia rispettato, dato che dovranno rimborsare il prestito. Infine, anche le sovvenzioni e i prestiti che ci verranno messi a disposizione nel quadro del Recovery Fund saranno ancorati a precise regole, a controlli. È contraddittorio, quindi, dire che il nuovo strumento del MES sminuisce la nostra sovranità, mentre si accettano tali controlli.

 

 

Resta da considerare un’altra obiezione, ossia il rischio che le condizioni da rispettare siano irrigidite nei prossimi anni. All’inizio di maggio due autorevoli componenti della Commissione, il vice-presidente Dombrovskis e il responsabile per l’economia Gentiloni, hanno scritto al Presidente dell’Eurogruppo che il rispetto della condizionalità richiesta dai trattati è collegato soltanto al vincolo di destinazione; hanno chiarito che il monitoraggio spetta esclusivamente alla Commissione; hanno escluso che vi sia spazio per imporre una sorveglianza rafforzata sulle finanze pubbliche nazionali e per richiedere misure correttive. La Commissione può altresì promuovere gli opportuni aggiustamenti delle disposizioni vigenti. È opportuno che lo faccia al più presto.

 

 

Il sostegno del governo tedesco, cui spetta la presidenza di turno dell’UE, e di quello francese non dovrebbe mancare, visto che essi hanno promosso il mutamento di strategia dell’UE. Il governo italiano può utilmente farsi interprete delle sollecitazioni che vengono da altri partner, contribuendo così al successo della nuova strategia, che gioverà a tutti i Paesi e in particolare al nostro.

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