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Intervista 2

Il fedelissimo di Zaia, Marcato: La Lega adesso deve entrare nell’euro

Carmelo Caruso

È il più votato del Veneto, leghista di collegamento fra Salvini e Zaia ("Nessuna rivalità"), "In Europa vogliamo adesso contare". Intervista al consigliere regionale Roberto Marcato

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Se Luca Zaia è il “doge”, lei è il vicedoge? “Io sono Roberto Marcato per gli amici il bulldog. Leghista dal 1992. Ho iniziato attaccando manifesti. E poi? “Consigliere comunale a Piombino Dese, presidente del consiglio comunale di Padova, consigliere provinciale, regionale, assessore allo sviluppo economico del Veneto. Sono arrivato fino a qui”.

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Se Luca Zaia è il “doge”, lei è il vicedoge? “Io sono Roberto Marcato per gli amici il bulldog. Leghista dal 1992. Ho iniziato attaccando manifesti. E poi? “Consigliere comunale a Piombino Dese, presidente del consiglio comunale di Padova, consigliere provinciale, regionale, assessore allo sviluppo economico del Veneto. Sono arrivato fino a qui”.

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Alle ultime elezioni venete ha ottenuto undicimila voti di preferenza con la lista della Lega, è risultato il consigliere più votato e si dice possa diventare vicepresidente della regione: “Sono un barracuda”. Ma non doveva candidarsi con la lista Zaia? “Mi sono sempre candidato nelle liste di partito. Ho visto invece qualcuno, per fortuna pochi, che volevano correre solo nella lista Zaia, gente che provava quasi vergogna del nostro partito. Arrivisti. E’ inaccettabile. Per il partito bisogna fare qualsiasi sacrificio”. E’ amico di Zaia ma anche di Matteo Salvini. Ci racconta come si fa? “Voglio bene a tutti e due”. E però, a qualcuno vorrà più bene dell’altro. “E invece conosco i pregi di entrambi. Matteo ha preso un partito del tre per cento e lo ha portato a essere il primo in Italia. Ha una passione infaticabile. Luca è veneto, un uomo operativo”. E significa che Zaia è leghista, ma dicono in un modo tutto suo. “La rivalità fra loro due non esiste. Sono due cassette di mele diverse ma sempre di buona frutta si tratta. La Lega rimane una. Il resto è una favola. Con la lista di Luca abbiamo solo allargato la piattaforma”.

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E’ una favola dire che esiste una Lega ariosa, dialogante? Cominciamo. Lei, sul Mes, cosa ne pensa? “Penso che non sia una questione che decide la regione ma penso pure che il governo l’abbia gestita malissimo. Se Conte avesse davvero creduto in quello strumento avrebbe dovuto dire: ‘Quei soldi ci servono. Prendiamoli’. Voglio dire che chi governa deve avere la capacità di assumere decisioni rapide. Abbiamo perso troppo tempo a parlare di condizionalità. Oggi il Mes è perfino superato”. E il Recovery fund? “Un’occasione che noi, e intendo i veneti, non perderemo. Abbiamo già i piani pronti. Noi ci siamo”. In pratica, la pensa come Zaia, ma il suo mondo rimane Salvini e non dimentica i vecchi leoni della Lega (“siamo quello che siamo grazie a loro. Li rispetto”).

 

Raccontano che Marcato sia l’irresistibile serenissimo, l’uomo che riscalda la base e che del Veneto sia il peso massimo che in questo caso è la metafora divertita: “Io con le categorie produttive ci parlo, io anche con il governo dialogo”. Ad esempio? “Con il ministro Federico D’Incà, durante il lockdown, ci siamo sentiti. Abbiamo lavorato per modificare le linee guida e permettere la riapertura delle attività. A me interessa fare del buon governo in Veneto”. Viene da Padova, dove dice che ha il suo quartiere generale, ed è stato la spalla di Massimo Bitonci, altro leghista che mastica l’economia e il fisco, uomini di ruvidità ma idoli di territorio. Ci spiega perché voi leghisti veneti siete così speciali e perché Zaia è il cancelliere, quasi come Angela Merkel? “Perché esiste la venetudine, un senso di appartenenza fortissimo. Qui si sentono riverberi di repubblica serenissima”. Ancora con l’autonomia? “Certo, non abbiamo mai smesso”. E’ il prototipo del leghista di stampo antico, l’uomo che sa salire i gradini: “E’ da trent’anni che milito”.

 

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E magari non lo sa, ma la venenetudine è un pensiero da scrittori, da Leonardo Sciascia, che per i siciliani parlava infatti di sicilitudine, la smorfia particolare e geografica del popolo che si crede grande e che vuole restare piccolo: “I leghisti difficilmente si spostano dal Veneto”. Zaia si sposterà? “Non credo. Per noi Roma è lontana”. Sembra (o si spera) che la Lega stia cambiando. Anche questa è un’altra favola come quella della rivalità? Risponde Marcato: “Solo i paracarri rimangono fermi. Quando attaccavamo l’Europa è perché non trovavamo l’Europa. Oggi il Covid, può per paradosso costruire l’Europa”. Voi ci sarete? “Ci saremo e vogliamo contare. Siamo entrati nella fase della responsabilità. Si cambia pelle. Dobbiamo rompere gli schemi. Anche io non sono più quello di prima”. Insomma, farà il vice di Zaia? “Farò quello che mi chiede il partito”. Dunque quello che dice Zaia? “Salvini e Zaia”.

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