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Meteore

Mattia Santori e l’incapacità, in un mondo che cambia, di cambiare registro

Essere sardine nella stagione del distanziamento sociale.

Salvatore Merlo

Mattia Santori ha letto su Facebook una letterina rivolta alla sinistra e a Nicola Zingaretti. E nel giro di poche ore è finito invece a occupare la colonnina destra dei giornali online. Lì, in quel luogo ottundente che i grandi quotidiani italiani dedicano a pezzi imprescindibili come “Che fine ha fatto Alessia Merz?”, “Guarda il gatto che suona il pianoforte” e soprattutto “Tagliatelle ai porcini: la ricetta in due minuti”

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Da brillante promessa a solito stronzo, avrebbe scritto Arbasino, e senza passare mai per venerato maestro.

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Da brillante promessa a solito stronzo, avrebbe scritto Arbasino, e senza passare mai per venerato maestro.

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Giovedì pomeriggio Mattia Santori ha letto su Facebook una  letterina rivolta alla sinistra e a Nicola Zingaretti, una cosa che si concludeva con queste parole: “Se non vogliamo che ‘Bella Ciao’ rimanga il titolo di una festa, torniamo a cantarla”. E nel giro di poche ore, il fenomeno che aveva occupato la prima pagina dell’Espresso, i titoloni d’entusiasmo della Repubblica di Carlo Verdelli, e persino quelli del Monde e del Figaro,   insomma il ragazzo al quale pochi mesi fa erano stati dedicati quattro saggi di politologia e un centinaio di articoli, il fenomeno  conteso da “Piazzapulita”, da Floris e da Lilli Gruber, è finito invece a occupare la colonnina destra dei giornali online. Lì, in quel luogo ottundente che i grandi giornali italiani dedicano a pezzi imprescindibili come  “che fine ha fatto Alessia Merz?”, “guarda il gatto che suona il pianoforte” e soprattutto “tagliatelle ai porcini: la ricetta in due minuti”. 

   
Prima era lui che non rispondeva, ultra corteggiato dai leader della sinistra, circondato da politici che tentavano di rubargli un selfie come riuscì a fare solo Luciano Benetton, tormentato da presidenti e ministri che lo chiamavano al cellulare e lo blandivano a tutte le ore (il Papa no, quello era uno scherzo telefonico), mentre ora invece quelli non se lo filano più. E allora Mattia   rilancia stentate dichiarazioni, legge un pensierino con quel tono di analfabetismo politico che prima rappresentava la forza dell’ingenuità e ora appare invece incapacità di stare nella dialettica (“siamo curiosi come sardine, ma chiacchieroni come pappagalli”) .

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Tutto questo  mentre Zingaretti – almeno fino a ieri sera alle 20 – nemmeno gli rispondeva. E forse  se ne infischia, il segretario del Pd, perché intanto anche lui deve aver capito che la sardina è diventata sarda, che è un altro sapore. Come fanno a esistere le sardine, nate per stiparsi, nell’Italia del Covid in cui sono vietati gli assembramenti?  E se infatti in Italia ha stufato Matteo Salvini, anche per via del Covid che tutto ha cambiato, figurarsi se non ha stufato quel movimento che proprio contro Salvini era nato. Con la differenza che Salvini ha smesso di citofonare e sembra (ma chissà) aver capito che è venuto il momento di cambiare musica, mentre Mattia e gli altri sono rimasti esattamente quelli di prima,  arnesi di un mondo che non c’è più. Tutto cambiava e loro sono rimasti lì a rimuginare, a raccontarsi, persino ieri nella letterina a Zingaretti, lontani ma vicini alla politica (“la politica è una faccenda strana, perché se la guardi da dentro capisci quasi tutto, se la guardi da fuori non si capisce proprio niente. In questi mesi ci è capitato di guardarla da ambo le parti”), che è una spaventosa banalità.

 

E certo anche  prima non dicevano niente, ma non aveva nessuna importanza, perché le sardine erano   l’espressione di una grande piazza senza rabbia e senza anti politica, erano un modo di volersi bene.  Poi  è arrivato il distanziamento, la piazza è  sparita, ed è rimasto solo  il nulla sintattico, il vuoto logico. Prima insomma vedevi la piazza di Bologna, ora vedi solo Mattia. E quello stesso analfabetismo che prima era acqua battesimale, forza, diventa  miseria e citrullaggine, tutte cose di cui in Italia c’è inflazione. Dunque  Mattia Santori adesso vale per quello che dice.  Non fa più tenerezza e anche la politica e i giornali che prima lo coccolavano interessati, “ecco il futuro del Pd”, “nasce il vero partito della sinistra”, ora  lo ignorano. Marginale. E tutto dunque finisce così, con una letterina scombiccherata letta su Facebook, dopo aver sostenuto il No sconfitto al referendum, con Zingaretti che forse nemmeno risponde e Conte che dopo averer promesso non l’ha mai invitato a prendere quel famoso caffè a Palazzo Chigi. Quello delle sardine è stato il ballo di due mesi. E può anche darsi che alla fine il Pd lo candidi, Mattia. Magari farà il deputato di Bologna col cerchietto, chissà.  O  forse, per dirla con Vasco, si troverà come le star a bere del whisky al Roxy Bar.

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