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La strategia

Mes, assedio pd a Conte. Zingaretti: "Ho i progetti del Lazio". Bonaccini: "Lunare dire no ai 36 miliardi"

Il segretario gioca la carta dei governatori dem (a partire da se stesso) per pressare Palazzo Chigi sul sì ai fondi per la Sanità

Simone Canettieri

In Campania anche De Luca scalpita e da tempo agita lo spettro dello "scippo" a favore degli ospedali del nord. Dove anche i leghisti iniziano a convincersi: come potremmo rinunciare a questi soldi?

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Cinturare Palazzo Chigi. Con una spinta dal basso: quella delle regioni che vogliono il Mes. Subito pronte a presentare progetti per accedere ai 36 miliardi di euro del Fondo salva stati. Soldi da spendere per la Sanità, dunque materia dei governatori, gli utilizzatori finali.  Sicché davanti alle timidezze strategiche del premier Giuseppe Conte “agnostico” in materia, ieri mattina Nicola Zingaretti si è tolto la giacca del segretario del Pd per indossare la grisaglia da presidente del Lazio made in via Cristoforo Colombo: “Il canale di finanziamento del Mes è molto vantaggioso e, come regione, presto presenteremo quello che si potrebbe fare con queste risorse”.

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Cinturare Palazzo Chigi. Con una spinta dal basso: quella delle regioni che vogliono il Mes. Subito pronte a presentare progetti per accedere ai 36 miliardi di euro del Fondo salva stati. Soldi da spendere per la Sanità, dunque materia dei governatori, gli utilizzatori finali.  Sicché davanti alle timidezze strategiche del premier Giuseppe Conte “agnostico” in materia, ieri mattina Nicola Zingaretti si è tolto la giacca del segretario del Pd per indossare la grisaglia da presidente del Lazio made in via Cristoforo Colombo: “Il canale di finanziamento del Mes è molto vantaggioso e, come regione, presto presenteremo quello che si potrebbe fare con queste risorse”.

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E anche Stefano Bonaccini è su questa linea. Dice il presidente dell’Emilia Romagna al Foglio: “Anche noi come regione siamo pronti a presentare progetti per investire immediatamente le risorse che ci venissero assegnate”. Così  l’accerchiamento dem inizia a materializzarsi.  
 In questa gara a “chi stana per primo chi” ecco dunque il rincorrersi frenetico intorno a un tavolo tra Conte , il Pd e il M5s, certo. Tuttavia, appena uno sembra toccare l’altro, il giro si inverte: si ricomincia da capo. Hop, hop.
 

E così se Zingaretti pressa Palazzo Chigi con una conferenza stampa dal Nazareno, il premier il giorno dopo lo blocca e rilancia: “Ora subito giù le tasse”. Andando in dribbling sul vero problemone politico della maggioranza (o meglio dei grillini, ma non tutti): il Mes, appunto: “Vedremo, aspetteremo, sentiremo il Parlamento”.

Ma il tempo è poco democratico e bisogna darsi una mossa. Da qui la scelta del governatore Zingaretti di prendere la rincorsa: presentare progetti ad hoc per la Sanità di Roma, Viterbo, Frosinone, Rieti e Latina. In quanto “investire in ospedali, in nuovi servizi territoriali è parte di un’idea di un paese moderno”, dice. Un’idea, una spinta, una strategia che trova una sponda fondamentale in Bonaccini: uomo forte dalle parti del Rubicone, in procinto di diventare l’anti Zinga prima delle elezioni e ora ritornato nel suo ruolo di governatore di peso, nonché presidente della Conferenza stato-regioni, organismo eterogeneo ma molto protagonista nella fase 1 della pandemia, nella fase 2 e sicuramente anche nella 3 (ieri sulla riapertura degli stadi ai tifosi non è mancata la tensione).

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E allora ecco Bonaccini che a questo giornale spiega senza tanti giri di parole quanto segue: “Rispetto le opinioni di tutti, ma rinunciare a 36 miliardi di euro di risorse aggiuntive ai 209 miliardi di euro del Recovery fund (merito incredibile di questo governo avere ottenuto questa opportunità cui pochi credevano) a me pare lunare”. 

Da qui la domanda retorica del presidente che ha arrestato l’avanzata di Matteo Salvini sotto alle due Torri:  “Quando mai è successo che di fronte a un prestito restituisci meno di quello che ti concedono?”. Soprattutto perché, continua il governatore emiliano-romagnolo, “con unica condizionalità di spenderli per la sanità, e dopo questa tragica pandemia penso si sia tutti consapevoli della necessità di irrobustire ulteriormente la sanità pubblica italiana e investire sempre di più sulla cosiddetta sanità territoriale e domiciliare”.

Per non parlare di cosa sarebbe in grado di dire Vincenzo De Luca, il viceré campano, che già da settimane prenota i fondi del Mes, agitando allo stesso tempo l’ipotesi che ci possa essere “uno scippo”. O meglio “una cosa vergognosa nei confronti delle nostre strutture sanitarie”.  

Nicola, Stefano e Vincenzo, i tre tenori. E non sono gli unici a spingere. Perché anche nel centrodestra, su al nord, al di là delle strategie, i big della Lega iniziano a chiedersi “ma come faremmo a dire di no?”.  
Bonaccini che tiene i rapporti con tutti i suoi colleghi, a margine delle riunioni su Zoom, condivide riflessioni di buonsenso trovando volti che annuiscono. Tipo, presidente? “Qui si tratta di investimenti per rendere più moderni i nostri ospedali, realizzare case della salute (luoghi a metà tra il domicilio e l’ospedale) vicini alle comunità, aumentare assistenza domiciliare, acquistare nuovi macchinari e tecnologie, assumere nuovi operatori sanitari (in particolare giovani)”. 
Sicché,  conclude Bonaccini, il Mes è “una grande opportunità che permette di migliorare la qualità della nostra sanità, di aprire cantieri, far lavorare imprese, produrre beni, assumere personale dunque creare lavoro”. Tutti segnali chiari per Conte, no?
 

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