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Sfida infernale

Zaia la mannaia (su Salvini)

Tra i due leader della Lega c'è un conflitto che le regionali hanno reso inoccultabile

Salvatore Merlo

Il Capitano ora accusa il presidente del Veneto di aver usato i soldi della Lega per farsi una campagna elettorale personale. La lista di Zaia ha d'altra parte prosciugato il partito, che a Verona è stato superato pure da Giorgia Meloni. Ma il Doge fa spallucce e prosegue nell'opera di annientamento del salvinismo nella sua regione. La nuova giunta sarà desalvinizzata

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E’ un conflitto che serpeggia, scoppietta senza però mai davvero esplodere. Eppure adesso Salvini in privato lo accusa addirittura di essersi fatto la campagna elettorale per sé e la sua lista, ma con i soldi della Lega. Insomma lo accusa, e senza giri di parole,  di aver ucciso la Lega in Veneto per promuovere la sua lista personale, che infatti ha preso tre volte i voti del partito, risucchiandoli. A Verona, la città di Lorenzo Fontana, il commissario della Lega in veneto, la Lega è stata superata pure da FdI. E allora, dicono i leghisti: chi ha pagato la campagna elettorale ideata dall’agenzia Heads di Treviso, quella che ha sostituito Alberto da Giussano con la parola “Zaia” su sfondo azzurro? “Noi”, rispondono. “ E i voti se li è presi lui”. Ma “lui” fa spallucce, se ne frega l’ormai tre volte presidente del Veneto, Luca Zaia, appunto.  Il Doge.  E fedele al motto secondo cui “meglio una parola in meno che una parola in più”, avanza muto – ma con il passo della legione tebana –  verso il completamento dell’opera, ovvero la decimazione, la soluzione finale applicata a ciò che resta di Matteo Salvini in Veneto. Per evitare che il segretario gli infili qualche suo uomo tra gli assessori o in Consiglio regionale, ieri Zaia nelle riunioni con il suo staff ha lasciato intendere di essere pronto a sacrificare il  fedelissimo Roberto Marcato, assessore uscente e campione di preferenze. Se infatti Marcato tornasse a fare l’assessore, dovrebbe dimettersi ed ecco che al suo posto in Consiglio  entrerebbe – mammamia – il primo dei non eletti, cioè un salviniano che si chiama Giuseppe Pan. Non sia mai. Pussa via.

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E’ un conflitto che serpeggia, scoppietta senza però mai davvero esplodere. Eppure adesso Salvini in privato lo accusa addirittura di essersi fatto la campagna elettorale per sé e la sua lista, ma con i soldi della Lega. Insomma lo accusa, e senza giri di parole,  di aver ucciso la Lega in Veneto per promuovere la sua lista personale, che infatti ha preso tre volte i voti del partito, risucchiandoli. A Verona, la città di Lorenzo Fontana, il commissario della Lega in veneto, la Lega è stata superata pure da FdI. E allora, dicono i leghisti: chi ha pagato la campagna elettorale ideata dall’agenzia Heads di Treviso, quella che ha sostituito Alberto da Giussano con la parola “Zaia” su sfondo azzurro? “Noi”, rispondono. “ E i voti se li è presi lui”. Ma “lui” fa spallucce, se ne frega l’ormai tre volte presidente del Veneto, Luca Zaia, appunto.  Il Doge.  E fedele al motto secondo cui “meglio una parola in meno che una parola in più”, avanza muto – ma con il passo della legione tebana –  verso il completamento dell’opera, ovvero la decimazione, la soluzione finale applicata a ciò che resta di Matteo Salvini in Veneto. Per evitare che il segretario gli infili qualche suo uomo tra gli assessori o in Consiglio regionale, ieri Zaia nelle riunioni con il suo staff ha lasciato intendere di essere pronto a sacrificare il  fedelissimo Roberto Marcato, assessore uscente e campione di preferenze. Se infatti Marcato tornasse a fare l’assessore, dovrebbe dimettersi ed ecco che al suo posto in Consiglio  entrerebbe – mammamia – il primo dei non eletti, cioè un salviniano che si chiama Giuseppe Pan. Non sia mai. Pussa via.

Ma   la cosa più bella, e che forse più di tutte rende in un lampo la differenza che passa tra Zaia e Salvini, cioè tra un uomo politico e una star dei social, è che il presidente del Veneto da ieri fa raccontare  a tutti i cronisti d’Italia che “è Salvini a non volere Marcato”. Ah, lo spin! Lo vuole fare cornuto e anche mazziato, il povero Matteo. Dunque Zaia pensa di richiamare in giunta Gianluca Forcolin, che Salvini aveva preteso si dimettesse per la storia del bonus Covid (e che andandosene aveva terremotato il quartier generale di Via Bellerio: “Il governatore della Lombardia è ancora al suo posto e io vengo cacciato dalle liste per una pratica inevasa?”). E’ in atto un’opera insieme di annientamento (dell’altro) e di affermazione (di sé), che spinge Zaia a voler  nominare assessore alla Cultura Marzio Favero, detto “il filosofo”, un bel tipo vecchia maniera, vecchia Lega, tutto Gianfranco Miglio, del genere “el leòn che magna el teròn”,  non precisamente allineato con la Lega borbonica di Salvini. Come andrà a finire? “Sarà Luca a decidere cosa fare”, dice Giancarlo Giorgetti, lasciando intendere che mai Salvini reagirà. E d’altra parte come potrebbe? Zaia è troppo cauto per sfidare Salvini  in campo aperto, al di fuori dei confini veneti. Allora per adesso si ficcano i gomiti nei fianchi, l’uno parla dell’altro  masticandone e quasi mordendone il nome, dando  origine a una contesa che mima la guerra senza mai davvero scatenarla. L’uno attende l’errore fatale dell’altro. Con la differenza che Zaia è un meticoloso gestore del potere, mentre Salvini è uno stregone disordinato e compulsivo, più adatto alla guerra lampo che alla trincea.

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