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Editoriali

Unire i Sì e i No è possibile

Redazione

La battaglia per un Parlamento più efficiente può unire i fronti referendari

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Il Sì ha vinto nettamente il referendum confermativo della riforma che riduce il numero dei parlamentari, ma anche chi si è opposto ha ottenuto un risultato non insignificante. Ora si tratta di trarre le conseguenze politiche e istituzionali e su questo terreno, paradossalmente, le distinzioni tra chi ha votato Sì e chi ha votato No possono sparire. Anzi, chi ha votato No perché dubitava che la riduzione fosse un passo e una condizione per un più profondo rinnovamento delle istituzioni parlamentari ora sarà impegnato a chiedere che si metta mano seriamente e rapidamente ai passi successivi.

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Il Sì ha vinto nettamente il referendum confermativo della riforma che riduce il numero dei parlamentari, ma anche chi si è opposto ha ottenuto un risultato non insignificante. Ora si tratta di trarre le conseguenze politiche e istituzionali e su questo terreno, paradossalmente, le distinzioni tra chi ha votato Sì e chi ha votato No possono sparire. Anzi, chi ha votato No perché dubitava che la riduzione fosse un passo e una condizione per un più profondo rinnovamento delle istituzioni parlamentari ora sarà impegnato a chiedere che si metta mano seriamente e rapidamente ai passi successivi.

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La questione che si pone immediatamente non è solo quella della legge elettorale ma è anche comprendere che Camere meno affollate possono lavorare meglio se si dotano di regolamenti che semplifichino le procedure. Forse si potrebbe convenire di attenuare le lungaggini spesso paralizzanti che derivano dal bicameralismo ripetitivo e lo si può fare se si specializzano le funzioni delle due assemblee riservando solo alla prima che esamina una legge la possibilità di emendarla, mentre l’altra potrebbe esprimersi con un voto di approvazione o di disapprovazione. Naturalmente dipende dai sostenitori della riforma confermare l’impegno che si sono assunti di fronte agli elettori di fare della riforma un primo passo e non l’unico approdo del processo di innovazione. Ma dovrebbe essere nell’interesse di tutti oggi più che mai avere un sistema politico capace di produrre una legislazione tempestiva. Il lavoro da fare non è semplice, ma l’occasione che si presenta è straordinaria e sarebbe un errore non sfruttarla a pieno. Le istituzioni sono di tutti e chi ora le governa si troverà prima o poi a frequentarle in una condizione di minoranza: questo dovrebbe insegnare anche alle opposizioni che collaborare nell’ammodernamento delle istituzioni non è un cedimento, ma un esercizio della propria funzione e un investimento lungimirante sul futuro.

 

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