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Il racconto

Nella stanza di Zingaretti: "Sono ancora qua, eh già" .

Il segretario Pd tra riscossa e telefonate con Conte. Fotografie dal Nazareno: Franceschini sempre al telefono, Amendola euforico, Orlando teso

Simone Canettieri

Intrufolati nella sede del Pd. “Meno male che ci davano tutti per morti”, dice il segretario. Scene di un successo quasi inaspettato

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 “Ci davano tutti per morti, eh”. Invece, segretario Nicola Zingaretti? “Per la prima volta la maggioranza parlamentare è maggioranza anche nel paese. E poi il Pd oggi è il primo partito italiano. Le pare poco?”.

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 “Ci davano tutti per morti, eh”. Invece, segretario Nicola Zingaretti? “Per la prima volta la maggioranza parlamentare è maggioranza anche nel paese. E poi il Pd oggi è il primo partito italiano. Le pare poco?”.

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Risata bonaria, sotto alla mascherina. Al secondo piano del Nazareno, i volti, o meglio gli occhi, sono distesi. Nella stanza del segretario si chiacchiera e si telefona con dolce frenesia. Dario Franceschini è in piedi e fa avanti e indietro; Andrea Orlando compulsa il cellulare per avere (brutte) notizie dalla sua Liguria; Enzo Amendola ha il ciuffo euforico; il lungo Piero Fassino è compassato, come sempre, ma disteso su una poltroncina.   

Marina Sereni, viceministro degli Esteri, è in piedi davanti alla finestra; Roberta Pinotti guarda le ultime proiezioni. Di sopra, in terrazza, Giuseppe Provenzano saltella da una telecamera all’altra per dichiarare su tutto: sud, referendum, regionali. Che caos. Meglio ritornare di sotto, e scendere di un piano. Zingaretti ha da poco ricevuto la telefonata di “complimenti” del premier. Giuseppe Conte commenterà i risultati del referendum e soprattutto quelli delle regionali, solo oggi. Ieri ha preferito far posare la polvere e far decantare la situazione. Di sicuro ha tirato un grosso sospiro di sollievo e se ne vanno in un soffio le tentazioni di spallata (di Salvini & Meloni), ma anche i governi di salute pubblica con tutti dentro. Solo brutti ricordi, suggestioni da cancellare. Sta andando in onda un altro film. “Complimenti, Nicola. Non era facile. E soprattutto non era scontato”, è la sintesi del messaggio che il capo del governo rivolge al segretario. Già, non era scontato. O meglio, come dicono i democrat romani (qui c’è molta Capitale in queste stanze, ma non si vede Goffredo Bettini): “Non ce la portavamo da casa (la vittoria)”.

 

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Basti pensare al successo di Michele Emiliano. Che adesso il Pd, con il ministro Francesco Boccia, rivendica in chiave interna anti Renzi: “Che vi avevo detto su Scalfarotto? Già, era tanto se arrivava all’1 per cento…”, scherza, ma non troppo, il titolare degli Affari regionali con i suoi amici. Intanto, al quartier generale democratico capita di captare anche battute velenose su Calenda e su Azione: “Calenda chi? Non esiste. Ah, esiste su Twitter”. E’ tutta una festa al Partito democratico. L’ex parlamentare Marco Miccoli, altro quirito e storico sodale del segretario, commenta: “Adesso ci manca solo di trovare un buon candidato per Roma e siamo a posto”. Su questo argomento, invece, Zingaretti preferisce glissare e pensare ai ballottaggi delle comunali: “Vedrete, ci sarà un effetto traino importante fra due settimane”. Il segretario dice che al momento non si parla di rimpasti.

Al momento o oggi? La pratica divide il partito. Franceschini è per non toccare nulla, i gruppi parlamentari scalpitano. E Zingaretti? “Oggi non si parla di queste cose, oggi è il giorno del nostro orgoglio, l’orgoglio di una comunità che non si è mai data per vinta”. E soprattutto è il giorno del suo orgoglio. Non a caso nelle chat dei parlamentari dem, subito veicolate dall’ufficio stampa, gira la clip di Zingaretti che parla in un comizio con sottofondo di Vasco Rossi: “Io sono ancora qua, eh già”. Ed è quindi una canzone del Blasco, solido antisovranista e con tanti vaffa per no vax, la colonna sonora di questo pomeriggio. Da far ascoltare, magari a Stefano Bonaccini e a quel pezzo di Pd che voleva subito un nuovo congresso e un nuovo leader. La settimana scorsa il segretario pensava che alla fine, rimpasto o no, un chiarimento intorno alla maggioranza sarebbe stato cosa buona e giusta. E così sarà. Magari non per chiedere più ministeri (“L’ipotesi che Nicola entri nel governo è lunare”, dice chi lo conosce bene), ma per dettare la linea sul Recovery fund. Sulle priorità e sulla velocità con cui bisognerà presentare i progetti senza interessi particolari. Non solo: dopo questo successo Zingaretti è sempre più convinto che il Mes non sarà una pratica rinviabile, con buona pace dei grillini. Eccolo, il segretario: pronto a condizionare l’agenda del governo da dentro (entrismo). “Meno male, che davano tutti il Pd per morto, eh”. E invece? “Sono ancora qua”.

 

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