PUBBLICITÁ

A urne aperte, sappiamo già come finirà!

Maurizio Milani

Maurizio Milani ha avuto una soffiata e ci dice i risultati del referendum e delle regionali. Un bel terremoto. I problemi del governo (varie ipotesi di crisi), le mosse di Mattarella, il fermento nelle cancellerie internazionali. Un saggio di cabaret elettorale

PUBBLICITÁ

Mi chiama il direttore Cerasa (è martedì 15 settembre). “Ciao! Tutto bene lì?”. Io: “Sì! Sono fallite 950 aziende su 1.200 del polo produttivo”. Direttore: “Quello a parte, dovremmo rischiare a urne ancora aperte”. Io: “Sì! Rischiamo tutto!”. Direttore: “Infatti prepariamo l’edizione di lunedì 21 come se avessimo già i risultati. Ti senti di farla?”. Io: “Sì! La preparo subito. Ciao, grazie”. Allora, iniziamo dal referendum ancora in corso. Il risultato è questo: No 62 per cento, Sì 26 per cento. Nullo il resto. Il problema è stato quello dell’affluenza: il 12 per cento. Con regioni che non dovevano eleggere il presidente al 2,6 per cento. In tali regioni che però avevano comuni che eleggevano il sindaco il risultato è ancora peggiore: 1 per cento secco. Mai nella storia c’è stata una nazione dove sono andati a votare in venti su mille. In pratica non hanno votato nemmeno gli scrutatori al seggio, e nemmeno i loro parenti (che di solito vanno a votare per dire al barista: “Sai dov’è mio figlio?”. Barista: “No!”. “Al seggio come scrutatore”. Barista: “Chissà che brogli”. “Sì, quello sempre, diciamo che falsano il risultato di un 15 per cento. Di più no perché il presidente di seggio non vuole grane”. Barista: “Si, è uno scrupolo da galantuomo”).

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Mi chiama il direttore Cerasa (è martedì 15 settembre). “Ciao! Tutto bene lì?”. Io: “Sì! Sono fallite 950 aziende su 1.200 del polo produttivo”. Direttore: “Quello a parte, dovremmo rischiare a urne ancora aperte”. Io: “Sì! Rischiamo tutto!”. Direttore: “Infatti prepariamo l’edizione di lunedì 21 come se avessimo già i risultati. Ti senti di farla?”. Io: “Sì! La preparo subito. Ciao, grazie”. Allora, iniziamo dal referendum ancora in corso. Il risultato è questo: No 62 per cento, Sì 26 per cento. Nullo il resto. Il problema è stato quello dell’affluenza: il 12 per cento. Con regioni che non dovevano eleggere il presidente al 2,6 per cento. In tali regioni che però avevano comuni che eleggevano il sindaco il risultato è ancora peggiore: 1 per cento secco. Mai nella storia c’è stata una nazione dove sono andati a votare in venti su mille. In pratica non hanno votato nemmeno gli scrutatori al seggio, e nemmeno i loro parenti (che di solito vanno a votare per dire al barista: “Sai dov’è mio figlio?”. Barista: “No!”. “Al seggio come scrutatore”. Barista: “Chissà che brogli”. “Sì, quello sempre, diciamo che falsano il risultato di un 15 per cento. Di più no perché il presidente di seggio non vuole grane”. Barista: “Si, è uno scrupolo da galantuomo”).

PUBBLICITÁ

 

Questo risultato a sorpresa del referendum provoca un terremoto (ma neanche) tra le forze politiche. La prima conseguenza è che i sindaci eletti nei 957 comuni dove si votava vengono arrestati. Ecco la modalità. Domenica nella notte si prospettava già un’affluenza allo 0,4 per cento. Diverse squadre di uomini in nero (già visti nella serie di telefilm “X File”) si recano nelle abitazioni dei sindaci neoeletti. Bussano ed esibiscono un mandato di cattura spiccato dalla gendarmeria vaticana. A buon titolo. Nei Patti lateranensi c’è un comma che dice: “Qualora il neonato stato italiano (che comunque aveva già 50 anni ma il Vaticano non riconosceva) in una qualsiasi consultazione elettorale vede i suoi cittadini disertare le urne, subentriamo ancora noi (che sarebbe lo Stato Pontificio). I sindaci vengono confinati alle Baleari. Qui chiedono asilo politico che però non viene concesso. Per cui alcuni dallo sconforto si mettono a correre nudi nei campi di luppolo in quella zona. Facendo spaventare gli agricoltori. A livello nazionale causa il referendum si dimette Salvini da segretario. Si dimette Zingaretti. Si dimette la Meloni, insomma tutti i capi partito che avevano sostenuto il taglio dei parlamentari. Non si dimette nessuno dei Cinque stelle. Vito Crimi intervistato risponde: “Per coerenza non mi dimetto, anche perché da oggi passo al Gruppo misto”. Torneremo poi (forse) alle conseguenze del referendum.

PUBBLICITÁ

 

Vediamo ora il risultato delle regionali. In Valle d’Aosta vince il candidato del Partito democratico, anche in Toscana il presidente più votato è del Pd. Insomma la partita finisce 7-0. Anche il Veneto passa in mano al comunismo. In tutte le regioni vince il candidato del Pd, una cosa mai vista. Si è pensato al momento di arrestare anche loro, poi però giustamente dalla nunziatura apostolica di Bruxelles dove venivano spiccati i mandati di cattura hanno detto: “Ragazzi! Qui non possiamo arrestare tutti! I presidenti eletti possono esercitare il mandato a loro assegnato”. E prosegue la nota: “Facciamo sempre a tempo ad arrestarli dopo con calma”. Il Quirinale per il momento tace. Conte si sente sicuro. Purtroppo da Grillo viene l’ordine di mollare il Pd al governo. Per cui i grillini (che in questa tornata elettorale hanno preso il 4 per cento) tolgono la fiducia a Conte, che viene arrestato dalle guardie svizzere ma subito rilasciato per l’intervento dell’ambasciatore inglese a Roma, che a sua volta verrà arrestato per aver intralciato gli affari interni di uno stato che non è il suo. Il Foreign office protesta e l’ambasciatore viene espulso da Roma e provincia. Può stare nel resto del territorio italiano. E infatti prende il posto del console britannico a Genova, che nel frattempo era stato arrestato dai vigili urbani di Arenzano. Il già console inglese di Genova viene tradotto a Pianosa. Qui subito viene eletto dai detenuti loro capo. Viene fatta una sommossa completa di tutto. Per sedarla si promettono sconti di pena anche del 110 per cento. Il Quirinale si muove.

 

Caduto Conte, iniziano le consultazioni già domani (martedì). Molto rapide, alla sera dello stesso giorno il presidente Mattarella dà l’incarico a Matteo Renzi (che accetta con riserva). I commentatori politici si stupiscono della scelta del Colle. Anche Macron telefona a Mattarella (ma solo per salutarlo e invitarlo all’Eliseo). La scelta è invece fatta a ragion veduta dal presidente. Nella nota ufficiale si dice che “c’è stata una convergenza sul nome del dott. Matteo Renzi di tutto l’arco parlamentare; anche da forze politiche che non mi sarei mai aspettato. Pensa un po’ cosa mi tocca dire. Questa forza politica sono i Cinque stelle, che sono stati i più insistenti nel volere un secondo governo Renzi”. Renzi già mercoledì accetta, dopo essersi consultato con degli estranei (i segretari dei partiti sono tutti dimissionari) che dicono di rappresentare le forze in campo. Ecco la lista già data al capo dello stato che non ha messo veti. Per cui il giuramento c’è già oggi alle 19.30 (diretta Rai 1).

 

PUBBLICITÁ

Presidente del Consiglio dott. Matteo Renzi vicepresidente Ferruccio De Bortoli ministro degli Esteri Di Maio ministro dell’Interno dott. Minniti ministro della Pubblica istruzione Azzolina ministro della Difesa dott. Lorenzo Guerini ministro Agricoltura Bellanova ministro Lavori pubblici Di Pietro ministro Giustizia Maria Elena Boschi ministro del Lavoro Anna Falchi ministro Economia Casaleggio Davide (vedere elenco completo sul sito del Foglio). Non accettando il verdetto delle urne si forma un governo in esilio con a capo Andrea Scanzi che insieme a Ferruccio Sansa si stabiliscono a Lisbona, a casa del sindaco che a questo punto rischia anche lui l’arresto per aver favorito dei latitanti. La prima cosa del Renzi II è un’amnistia totale. Vengono rilasciati sindaci e altri detenuti per giusta causa. Scanzi beneficia del provvedimento e torna a debuttare al teatro Ciak a Milano. Lo spettacolo si intitola “La Russia è il nostro naturale alleato. Fuori dalla Nato”. Dopo il debutto viene arrestato e condotto al supercarcere di Vercelli. Qui evade e torna a Lisbona. Travaglio che lo va a trovare, al ritorno in Italia viene arrestato. Condotto sull’isola d’Elba si candida a sindaco di Marciana Marina. Viene eletto. Ma non c’è mai.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

Il ritorno di Renzi alla guida del governo italiano stupisce anche le cancellerie estere. Nemmeno Tony Blair era riuscito a tornare a Downing Street. Subito riceve una telefonata di congratulazioni da Obama e da altri leader mondiali che non vedono l’ora di incontrarlo al G8 che si terrà domani a Graceland (Memphis) nella casa di Elvis Presley gentilmente concessa dai proprietari. E’ gradito che uno dei membri delle delegazioni delle otto nazioni del G8 sia vestito da sosia di Elvis. Per l’Italia sosterrà la parte un funzionario della Farnesina (che già nel tempo libero partecipa ai raduni in memoria del mito). Già in serata Melania Trump ha telefonato alla nostra first lady. Ecco la telefonata intercettata da uno che dice di collaborare con il Fatto, ma il quotidiano ha sempre smentito. “Agnese ciao, sono Melania!”. Agnese Renzi: “Melania che piacere, ci incontriamo domani a Memphis”. Melania: “Sì! Che bello! Sono felice di rivederti. Ti ricordi i tempi dell’università di Bologna?”. Agnese: “Certo! Sono tra i miei ricordi più belli, eravamo due matricole tra le più corteggiate dell’ateneo”. Melania: “Agnese, dovresti convincere Matteo a sbattere fuori la Cina dal Wto”. Agnese: “Sì! Stasera penso di convincerlo”. Melania: “Che bello decidere tutto noi a questi vertici!”. Agnese: “Sì! In effetti i nostri consorti fanno tutto quello che gli consigliamo”. Melania: “Ciao Agnese. Se puoi, convinci Matteo a fare lo stadio nuovo per la Fiorentina e per lo Spezia”. Agnese: “Sì certo, gli ho già accennato qualcosa”. Melania: “Ciao! Baci”. Agnese: “Ciao! A presto, Melania scusa, convinci Donald a mettere la mascherina della Fiorentina quando gioca contro la Juve”. Melania: “Sarà fatto amica mia”.

 

Passiamo al dramma che stanno vivendo gli sconfitti a questo passaggio elettorale. Salvini decide di dare gli ultimi due esami che gli mancano per laurearsi in Storia. Diventa segretario della Lega Borghi, che decide che appoggerà Renzi se l’Italia non importa più caucciù dall’Indonesia. Richiesta accolta da Renzi che incassa la fiducia dei parlamentari leghisti, senza pagare un dazio che pensava più grande. In fondo noi importiamo caucciù dall’Indonesia per 250.000 euro l’anno. Inutile dire, niente per il nostro pil. Scusate ho sbagliato, la citata materia prima che compriamo dall’Indonesia vale 21 miliardi. Comunque un sacrificio che il governo Renzi può fare. E per ringraziare l’appoggio e la fiducia dei leghisti, Renzi fa arrestare il console dell’Indonesia di Palermo. Che riesce a fuggire alla cattura per una soffiata di Carlo Calenda. Che comunque ha ottenuto alle amministrative un buon 19 per cento e sta con Renzi. Per cui evita l’arresto (che era già stato firmato al bar Magenta di Milano da un comitato di salute pubblica che vuole il sindaco Sala vicepremier). Ferruccio de Bortoli per evitare tumulti sul treno cuccette Milano Porta Garibaldi-Enna (tumulti che ci sono sempre) offre il suo posto al sindaco Sala. Renzi non accetta. Scoppiano tumulti sul treno Milano Centrale-Crotone. Era il treno più tranquillo d’Italia, dalla sua istituzione non erano mai successi tumulti su questo convoglio. Renzi è costretto a congedare l’ex direttore del Corriere e a mettere Sala vicepremier. Sala chiede subito di commissariare la Federcalcio. Renzi dice “Aspetta un attimo, se fanno vincere il campionato alla Fiorentina è inutile lamentarsi dell’attuale vertice della Figc. Il presidente Toti pur avendo perso con Ferruccio Sansa si trova ad andare avanti “ad interim”. Sansa infatti si è spaventato di aver vinto in Liguria. Esprime a Casaleggio che non se la sente, dice testualmente: “Un conto è scherzare, un conto è amministrare la regione più bella d’Europa”. Casaleggio lo invita a mantenere i patti. Sansa non capisce più niente. Si fa scaldare la testa da Scanzi, e come detto vanno a Lisbona a casa del sindaco. Qui stanno a letto fino a mezzogiorno. La moglie del sindaco si lamenta e vengono sbattuti fuori. Si sistemano in modo provvisorio dentro l’istituto di cultura italiano a Lisbona, poi decidono di farsi preti ortodossi. Pare convinti da un impiegato legato ai servizi (ma non penso).

 

Zaia è il più deluso dei governatori. Era il più sicuro. Ha perso per pochissimi voti la regione. Anche – si dice – a causa di un broglio totale nella zona di Mestre: 70.000 schede che avevano scelto Zaia sono andate perdute intanto che un camion (dei servizi) le portava in prefettura. Sui verbali dei seggi non risultano. De Luca ed Emiliano esultano per la vittoria e invitano Renzi a fondere le rispettive regioni in una con sede a Salerno. Renzi risponde: “Nel mio programma c’è l’accorpamento delle regioni che da 20 diventeranno la metà. Telefona Zingaretti (che rimane alla guida del Lazio): “Matteo! Spiegati meglio!”. Renzi: “Sì Nicola, ecco la mappa: la Lombardia rimane. Il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e il Trentino diventano una regione sola con capoluogo Padova. L’Emilia-Romagna si fonde con Marche, Abruzzo e Molise. Capoluogo Pescara. Il Piemonte si mangia la Liguria, il Lazio l’Umbria. Sicilia e Sardegna diventano una, con capitale Catania. Campania e Puglia insieme. Basilicata con Calabria ecc. Anche se abbiamo detto tutto, chiaro Valle d’Aosta con Piemonte. Zingaretti: “A questo punto oltre all’Umbria dammi anche l’Abruzzo”. Renzi: “Sì! E’ tuo!”. Zingaretti: “E se invece di dare la Liguria al Piemonte la cediamo alla Francia in cambio della Corsica?”. Renzi: “Telefono adesso a Ajaccio, ma il sindaco è in gita a Ravenna, non penso risponda”.

 

Una legge che ha fatto traballare il governo Renzi II è quella di dare a tutti un forno elettrico. O meglio a tutti quelli che dimostrano di avere un allacciamento abusivo nelle cantine delle case popolari di via McMahon a Milano. Concessione che il buon Renzi ha dovuto fare alle frange più estreme che sostengono il suo governo. Mattarella l’ha rinviata alle Camere. Dice: “Così non la firmo”. Anche Giorgia Meloni che nei sondaggi era in testa rimane delusa. Rimette nelle mani del partito la carica di segretaria. Si convoca un’assemblea e viene nominato per acclamazione Guido Crosetto. Subito Renzi telefona per congratularsi e insiste per averlo nell’esecutivo. Per non spostare nessuno si inventa un nuovo dicastero: ministero per valorizzare l’Appennino tramite funivia (che evita le numerose frane che interrompono le comunicazioni). La funivia parte da Bobbio (Piacenza) e arriva a Platì in Calabria. Darà lavoro per costruirla a un milione di maestranze e poi dipendenti diretti dell’opera circa 30 persone. Una ogni 15 km di funivia.

 

Di più non servono. Se c’è qualche problema si chiamano i pompieri. Giovedì a pochi giorni dal Renzi II arriva giù una tegola. La Corte costituzionale ha annullato il referendum e anche le amministrative, tranne per i comuni di Clusone (Bergamo), Lonato del Garda (Brescia), Rovato (Brescia), Campione d’Italia (Como), Turate (Como), Lecco, Mantova, Curtatone (Mantova), Corsico e Legnano (Milano), Gemonio e Gorla Maggiore (Varese), Talamone (Sondrio), Saronno (Varese): questi sindaci sono eletti in forma regolare. Ma vediamo le motivazioni che hanno indotto la Suprema Corte a un provvedimento clamoroso. Si dice: “… per il bassissimo numero di partecipanti al voto e per l’altissimo numero di brogli (mai vista una cosa del genere) questa Corte dichiara il voto (elenco delle regioni e comuni) nullo totale”. Mai la Corte costituzionale si era espressa con la frase “nullo totale” per un’elezione. Neanche ai famosi brogli monarchia-repubblica, che a questo punto sono andati in prescrizione. A dirla tutta la Corte si è mossa per una delazione fatta da un collaboratore del Foglio alla Procura di Trani. La delazione non l’ho fatta io, ma subito ho detto di essere stato il delatore. Per questo sono stato indagato per autocalunnia. Che mi mancava per essere completo come pregiudicato con obbligo di firma.

 

La sentenza della Corte ha avuto come conseguenza di rimettere le “bocce” come erano prima delle elezioni. Renzi e i suoi ministri vengono arrestati durante il Consiglio dei ministri, che aveva appena deliberato la costruzione del Ponte delle Bocche di Bonifacio, per collegare Corsica e Sardegna. Su otto corsie e sotto il treno Tgv che passa vuoto. Perché la gente è abituata al traghetto. Viene rimesso Conte a Palazzo Chigi però affiancato dal magistrato Cantone. I vertici della Rai appena nominati da Renzi vengono catturati e arrestati. Non ci è dato sapere dove siano stati rinchiusi. Il garante dei detenuti protesta in piazza del Popolo e (dispiace dirlo) viene arrestato. E costretto a iscriversi al partito delle Sardine. Emiliano e De Luca scappano prima dell’arresto. Attualmente si trovano a Durazzo in attesa di andare ad Ankara che gli ha concesso asilo. Toti ritorna alla guida dell’amata Liguria. Anche Zaia. In mezzo a questo trambusto irrompono le Sardine che parlano praticamente nelle piazze: “Amici, il suffragio universale aveva senso fino ai primi del ‘900. Adesso non più. Troppi condizionamenti, la gente è bombardata di informazioni. Risultato: non va più a votare nessuno. Nella Prima Repubblica l’affluenza era al 91 per cento. Oggi siamo all’1”. La gente nelle piazze grida “No al suffragio universale! Basta votare”. Altri fuoriusciti prima dai grillini e poi dalle Sardine urlano: “L’unica è il sorteggio”. Anche il capo dello stato. I contrari: “Ma non risolvi niente, anche nel sorteggio ci saranno brogli”.

 

Alla fine per evitare scontri di piazza da Bruxelles telefonano a Mattarella preoccupati. Mattarella risponde: “Tutto bene”. Subito però scioglie le Camere ma non indice nuove elezioni politiche. Conte si dimette e diventa segretario Pd. Arrivano dei mediatori internazionali anche dal Ghana che convocano a un tavolo tutte le parti, o meglio i partiti del nostro paese. Si decide per un governo Landini (Cgil) che viene subito insediato. Ecco la compagine governativa: primo ministro Landini Maurizio vice primo ministro Camusso Susanna agli Esteri Cofferati Sergio agli Interni Franceschini Dario (vedere elenco completo sul sito del Foglio). La prima riforma del governo Landini I è quella della Costituzione. Il capo dello stato sarà sempre eletto dai grandi elettori, ma starà in carica quattro anni, invece che sette. Viene abolita la Camera, rimane il Senato. Le regioni vengono svuotate di competenze. La sanità passa al governo di Roma. Tornano le province con competenze maggiori delle regioni, che in pratica vengono abolite. Nelle loro sedi si insediano i rom di etnia italiana. I sinti. Tutti gli alberghi della Riviera adriatica vengono nazionalizzati da Landini. La sede del governo è sistemata presso il Grand Hotel di Rimini. Venezia passa alla Slovenia. Scusate, alla Croazia. In cambio Landini pretende che il petrolchimico di Gela sia comprato dal Crédit Agricole che accetta.

 

Al primo voto segreto il governo Landini va sotto. Dimissioni dell’esecutivo accettate da Mattarella che nomina Mario Draghi. Draghi non accetta. Si passa a Cottarelli che accetta a una condizione: il Tesoro non deve rimborsare i titoli di stato alla scadenza, che vengono prorogati per anni 50. Gli investitori esteri perdono fiducia nel nostro paese e Cottarelli deve dimettersi per pressioni anche esterne (Marocco in primis). Mattarella si dimette, è stufo. Si elegge il nuovo capo dello stato. Viene rieletto Mattarella che accetta. Stavolta dopo le consultazioni dà l’incarico di formare un governo a James Pallotta. Già presidente della Roma. Grande imprenditore italo-americano. Pallotta si mette subito al lavoro. Ha una maggioranza molto solida in Parlamento. Chiama al governo italiano molti italo-americani o italiani all’estero di successo. Es. il governatore Andrew Cuomo e il sindaco di New York De Blasio. Uno va agli Esteri, De Blasio all’Economia. Mattarella a quel punto accetta la lista dei ministri però dà le dimissioni. Viene eletto presidente della Repubblica italiana Romano Prodi, che avalla il governo Pallotta.

 

Il governo Pallotta sarà uno dei migliori governi dall’Unità d’Italia. Tanto che Venezia tornerà italiana e anche la Liguria insieme a Nizza (e Savoia). Si riuscirà ad avere Pola e Fiume in cambio di Milano che passa alla Croazia. Per cui il sindaco decade, lo devono scegliere loro. Avendo un’enclave sul territorio italiano, Milano, le Nazioni Unite sottraggono Milano ai croati e ne fanno la Singapore anzi la Shanghai dell’Europa. La lingua ufficiale sarà nelle scuole il mandarino (che in pratica lo è già). L’Atm di Milano passa in mano agli Arabi. Le società di calcio lo si sa già di chi sono. Manca la stazione di Rogoredo, che passa in mano al governo del Bhutan. Nelle intenzioni del sultanato del Bhutan si vorrebbe trasformare la stazione di Rogoredo in mobilificio. Il più grande mobilificio del mondo. Con credenze fatte sul posto, ma anche prese da fuori. Mentre la Perla di Milano, l’Idroscalo, diventerà di proprietà della Svizzera che lo userà come depuratore. Inutile la protesta degli ambientalisti. La Svizzera non è nell’Ue e dei suoi laghi può fare quello che vuole. La Raggi sarà rieletta sindaco di Roma, nonostante il parere negativo del premier Pallotta, che potrebbe essere l’erede del presidente Mattarella al Colle. Cgil, Cisl e Uil permettendo (ma non penso). Anche perché abbiamo appena detto che sul Colle c’è Romano Prodi. Per cui inutile insinuare altri nomi.

 

Piuttosto voi vedreste bene come ministro lo scrittore Mauro Corona? Io sì. Agli Esteri. Se si presenta vestito da boscaiolo a Strasburgo i fondi europei saranno di più e di qualità. Se non accetta il prestigioso incarico, si può sempre arrestarlo. Anche se dispiace dirlo. Mandato sull’isola di Lipari come galeotto politico, subito gli viene assegnato “d’ufficio” il premio Bancarella, che non è compito dell’isola di Lipari assegnarlo. Però in casi eccezionali si può. I titolari del premio Bancarella si lamentano. Ma niente da fare. Quest’anno e per 20 anni di fila il Bancarella è di Mauro Corona, che viene eletto sindaco per acclamazione al primo turno. Votanti due: il segretario comunale e quello dell’ufficio tecnico, che è mio zio. Almeno così mi hanno sempre fatto credere anche da bambino. Anche se io ci credevo, ma fino a un certo punto. Finché ho scoperto che era vero. Però non dovevo dirlo al Foglio, che poteva mandarmi via per conflitto d’interessi. P.S. Mi comunicano adesso che ci sono diversi tumulti ai seggi elettorali. Hanno deciso tutti di andare a votare all’ultimo minuto utile di lunedì. I seggi sono stati chiusi all’ora prevista e il 98 per cento dei votanti non ha potuto esercitare il diritto di voto. Un presidente di seggio coraggioso va sul balcone e dice agli agitatori: “Perché non siete venuti a votare prima?”. Risposta della piazza: “Dovevamo vedere l’amichevole Benfica-Atletico Tunisi”. Presidente seggio: Come è finita?”. “Ha vinto il Tunisi 5-2, ma ci sono state contestazioni”. Presidente: “La partita è stata annullata?”. Dalla piazza: “Certo! Come al solito”.

 

Dopo questi bei ragionamenti da deficiente la Commissione europea interviene. Manda la Troika in Italia. E’ formata da Luca Cordero di Montezemolo, Galli della Loggia e Paris Hilton (come osservatrice Bce). Alla fine anche loro dichiarano nell’audizione a Strasburgo: “In Italia è tutto in regola, è un paese tra i più virtuosi; problemi particolari non ce ne sono; certo la partita con il Siviglia l’Inter poteva vincerla”. Visti anche questi ragionamenti l’agenzia Standard & Poor’s eleva il rating dell’Italia a AAA++ (il + bel voto). Così fa Moody’s che poi però chiude lo sportello di Benevento per via che il sindaco Mastella dice che hanno esagerato. Ma per me no. L’Italia come economia è solidissima. E solo con il tessile a Prato teniamo in piedi il baraccone. Anche il presidente dell’Inps in questo vortice di cambi al governo viene mandato via. Si susseguono nell’ordine: Corrado Passera Marco Travaglio Chiara Ferragni (che farà il bilancio migliore dell’ente da decenni a questa parte) Fedez, poi sostituito da Piero Vietti del Foglio, inquisito e poi prosciolto. Perché il fatto non sussiste. L’Alitalia invece viene venduta alla Nestlé. Non cambia niente per i dipendenti, solo che sulla fusoliera della flotta invece che Alitalia ci sarà scritto Nestlé, che per me è la miglior ditta al mondo. E non solo per me. Anche per Monica, la mia fidanzata di anni fa. Monica ti amo: per te mi ero iscritto a Rifondazione comunista pur essendo di Forza Italia. Adesso cosa faccio? Voterò come al solito il presidente Pier Ferdinando Casini (Dc). Inutile cambiare per vedere questo cinema che abbiamo davanti. Però sì; proviamo. Con Grillo! Visto che successo!

 

L’articolo di oggi sembrava finito ma va avanti ancora molto (e richiede altri 31 minuti di lettura). Allora parliamoci chiaro, la linea editoriale del Foglio è: “Maroni a Palazzo Chigi e Mario Draghi al Quirinale”. Sono d’accordo su un esecutivo a guida Maroni ma vedrei bene al Colle Massimo Cacciari. Anche perché dai due ci aspettiamo tantissimo: legge che puoi sparare di notte in casa, o sul balcone se vedi un’ombra in giardino; legge sulla caccia non più a livello regionale ma nazionale (in pratica aperta tutto l’anno anche nei parchi nazionali); legge che mette in custodia cautelare i navigator. Reato contestato: truffa ai danni dello stato; legge per sposarsi: vietato a chi ha più di 55 anni (per lui) (per lei 65); ridiscutere la legge sul divorzio (della serie dovevi pensarci prima, salvo eccezioni, vedi allegato sul sito del Foglio); legge per fare il bagno a Saturnia anche in presenza di uomini con intenzioni poco serie; legge che avverte il sindaco che S.E. il Prefetto è innamorato di Anna Tatangelo. Per cui inviterà il sindaco a organizzare un concerto in piazza per avere l’occasione di conoscerla; legge che impedisce ai prefetti di andare ai concerti di Anna Tatangelo che poi si innamorano. Con conseguenza che la prefettura avrà negli uffici foto della cantante invece che delle autorità repubblicane. Se queste ultime mie considerazioni non ci sono, significa che sono state giustamente tagliate. Lo spero tantissimo. Infatti ho scritto quello che mi saltava in mente senza riflettere.

 

Giustamente oggi sono stato allontanato dal Foglio come collaboratore. Motivo: scarso rendimento e ragionamenti da povero scemo, che però sono sempre belli da sentire. Finalmente le urne sono chiuse. Ecco i risultati ufficiali: Pd: 36 per cento Lega: 15 per cento Azione + Italia viva: 26 per cento Fratelli d’Italia: 10 per cento Forza Italia: 11 per cento M5s: 2 per cento Articolo 1: 5 per cento Liga veneta: 9 per cento La somma fa più di cento? Non penso, riconta bene le schede. Ma neanche. Fidati! Se ti dico che la somma è cento è cento. Che interesse avrei a dire il falso? Al limite è 110 la somma. In ogni elezione c’è sempre chi vota due volte. Di solito sono personaggi che non hanno hobby. Vagano da un seggio all’altro, fanno domande pretestuose, finché riescono a trovare un seggio sciatto con controlli molli e “zac” votano per la seconda volta. Nelle Politiche dell’87 uno sguattero in pensione riuscì a votare per ben cinque volte. Scoperto nell’ultima votazione, viene arrestato al seggio e passato per le armi nel cortile della scuola. Non avendo parenti, nessuno ha reclamato. I responsabili che hanno ordinato l’esecuzione sono stati indagati, ma il fascicolo riguardante il caso è andato perso.

 

Ecco un altro motivo della scarsa affluenza al voto. Si dice: “Non vorrei essere passato per le armi perché non ho votato giusto”. Ai tempi della Dc era diverso. Certo, ci offendevamo se votavi comunista, ma non mettevamo in atto fucilazioni dietro la scuola. Che comunque, volendo, ne avevamo facoltà, essendo pubblici ufficiali nell’esercizio delle proprie funzioni. Ma non scherziamo. Non ci siamo mai avvalsi di tale privilegio. Anche perché mio suocero era comunista, e cosa facevo? Lo arrestavo? No, dai. Al limite gli facevo arrivare l’Imu sulla seconda casa di 4.900 euro. Cartella esattoriale “pazza” mandata apposta. Avrebbe dovuto pagare 210 euro soltanto. Ma essendo miliardario e comunista, è giusto paghi il doppio per dieci. Non paghi? La casa viene confiscata e assegnata a gente del nostro partito, che può venderla e tenere i soldi. Certo, come segretario di sezione mi offendo se il tesserato non dà al partito una mancia. Ma neanche sono soldi suoi. Finalmente dopo due settimane dalle elezioni che hanno cambiato la storia della Repubblica, c’è un grande evento: il Fondo monetario internazionale impone all’Italia Elisabetta Gardini come primo ministro. Pallotta purtroppo è appena caduto al Senato a causa di franchi tiratori Cinque stelle. La Gardini e il suo governo porteranno l’Italia al quarto posto al mondo come pil, dopo Cina, Usa e Germania. La Gardini governerà per quindici anni di seguito.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ