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La necessità di prorogare lo stato d'emergenza è (anche) una questione di numeri (3500)

Carmelo Caruso

Aumentare i tamponi a 250 mila e monitorare i contagi. La proroga dello stato d'emergenza è legata a una soglia critica da non superare. I pensieri di Conte, le proteste delle opposizioni. Cosa fare il 15 ottobre

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Potrebbe essere necessario prorogarlo, ma nessuno al governo vorrebbe davvero prorogarlo. E infatti a Palazzo Chigi dicono “solo se si deve, ma speriamo non si debba”. Giuseppe Conte, che già conosce l’accusa di “deriva autoritaria”, il tic dell’opposizione che griderebbe ancora al putsch, ai “pieni poteri”, all’incontinenza del sovrano, se solo potesse rinuncerebbe a questo stato d’emergenza che non è democraticidio ma la sveltezza dell’amministratore che decide nel cataclisma.

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Potrebbe essere necessario prorogarlo, ma nessuno al governo vorrebbe davvero prorogarlo. E infatti a Palazzo Chigi dicono “solo se si deve, ma speriamo non si debba”. Giuseppe Conte, che già conosce l’accusa di “deriva autoritaria”, il tic dell’opposizione che griderebbe ancora al putsch, ai “pieni poteri”, all’incontinenza del sovrano, se solo potesse rinuncerebbe a questo stato d’emergenza che non è democraticidio ma la sveltezza dell’amministratore che decide nel cataclisma.

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Il 15 ottobre, il giorno in cui scade, quando il governo dovrà stabilire se continuare con l’eccezionalità, una cifra si rivelerà decisiva per sciogliere una contesa da professori di diritto. Se i contagi quotidiani supereranno la cifra dei 3.500, il numero rosso individuato dal ministero della Salute, è chiaro che Conte non potrà che chiedere al parlamento quello che preferirebbe non domandare. Si sposterebbe al 31 dicembre lo stato d’urgenza che consente di aggirare le procedure ordinarie.

 

Lo stato di emergenza permette acquisti centralizzati di ventilatori e mascherine, reclutamento di medici generici, pediatri, assunzioni di specializzandi. Nella fase più acuta dell’epidemia a nessuno, neppure all’opposizione, era passato per la mente che questo decreto fosse il sigillo della vanità di un presidente. A luglio, ed era già cambiato tutto ma non il virus che non è clinicamente morto, quando il governo ha chiesto la prima proroga, Giorgia Meloni parlò “di pazzi irresponsabili. Non vi daremo tregua. E’ un liberticidio”. Perfino Matteo Salvini, per una volta, sembrò quasi più mite di lei e non serve dire che Salvini mite è una degenerazione così come il suo tirare in causa Sabino Cassese (“la proroga è illegittima. Lo scrive anche il professore Cassese”).

 

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E’ noto che a pronunciarsi contro la proroga non sono solo le opposizioni, ma una parte dell’accademia. Conte è sensibilissimo a queste perplessità giuridiche e non solo perché lo toccano dove si ritiene imbattibile, il diritto. Conte è stanco. Martedì si dovrà presentare di fronte al Copasir che lo ha convocato. Si sa già che una batteria di domande riguarderà proprio la natura dello stato d’emergenza. Dovrà ripetere il già detto, “che il virus non è una guerra vinta”, e che mai si è consumato arbitrio. Fonti del Cts spiegano che la situazione è sempre la stessa e che nel paese c’è solo meno impazzimento: “Il virus circola ma abbiamo la fortuna di non avere un numero di contagi alto quanto quello di Francia, Spagna e Croazia”.

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Ed è vero che non bisogna allarmare, che la situazione è sotto controllo ma questo non significa sia normale. Le stesse fonti dicono ancora: “Stiamo mettendo pezze, scopriamo ogni giorno nuovi focolai. La differenza è che sono passati mesi e adesso la rete sanitaria sa come reagire”. Non sono che passate poche ore dalla riapertura parziale delle scuole e neppure gli scienziati sanno cosa attendersi e non riescono ancora a calcolare l’incidenza degli aumenti, quanti studenti potrebbero infettarsi.

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Al momento i contagi sono circa 1.500 al giorno ed è un numero che fa dell’Italia uno dei paesi meno esposti. Nel resto d’Europa è quasi dappertutto il doppio. E’ un caso, ma la scadenza dello stato d’emergenza coincide con i primi trenta giorni di scuola. Al ministero della Salute pensano che sarà un buon “tampone”. Di sicuro, Roberto Speranza, non forzerà, non suggerirà a Conte di impuntarsi. L’emergenza è sanitaria e Speranza dispone di ampi poteri. Può emanare ordinanze e questo garantisce tempestività. Se 3.500 sarà quindi il tetto, l’allarme, c’è da tenere conto dell’aumento dei test. Si viaggia sui 150 mila al giorno ma si vuole arrivare a 250 mila al giorno che sarebbe il numero perfetto. Oltre sarebbe impossibile processare i tamponi. C’è un mese che è un tempo sufficiente per monitorare i contagi e che serve a guarire le opposizioni. Oggi, in piena campagna elettorale per le regionali, lo stato d’emergenza è un formidabile pretesto di lotta ideologica.

 

Passate le elezioni, con l’avvicinarsi dell’autunno, anche le opposizioni non griderebbero al golpe. Ci sarà dialettica, ma come sempre accade. Più interessante è invece quanto pensa Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Pd, che sullo stato d’emergenza si è applicato e che rovescia il foglio. “Se sarà necessario votare lo stato d’emergenza significa che siamo ancora dentro un’emergenza sanitaria e se siamo dentro l’emergenza sanitaria come si fa a rinunciare ai soldi del Mes?”. Il Pd potrebbe curvare la proroga e collegarla al Mes. Sarebbe un’astuzia perché metterebbe in difficoltà il M5s (che fare?) e toglierebbe alle opposizioni l’alibi di carta. Pericoloso per tutti, per Conte come per Salvini, Berlusconi, Meloni. Non è solo un tormento per professori ma un’insidia per maggioranza e opposizione. La vera emergenza potrebbe essere “l’emergenza”.

 

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