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Una fotografia strumentalizzata

Il caso Genova dei bambini in ginocchio non esiste

I presidi dicono No alla gogna mediatica nelle classi

Marianna Rizzini

Racconto sulle scuole alla prova della ripartenza creativa. Tra spazi, turni e bambini che da soli misurano la distanza di sicurezza. La lettera dei genitori della scuola ligure incriminata da un'immagine sulla quale è stato costruito un caso che non era tale

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C’è il primo giorno di scuola, e c’è il suo specchio mediatico dove non sempre si riflette la realtà. E può capitare – come nel caso della foto scattata da una maestra nella scuola Mazzini dell’IC Castelletto di Genova, inviata alla chat dei genitori e pubblicata ieri, oltreché dalla Stampa e dal Giornale in prima pagina, dal governatore ligure Giovanni Toti con un post polemico contro la mancata consegna dei banchi – che un’immagine che ritrae una classe in cui i bambini sono inginocchiati a disegnare, con le sedie che fanno da banco, che il contesto non conti più. 

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C’è il primo giorno di scuola, e c’è il suo specchio mediatico dove non sempre si riflette la realtà. E può capitare – come nel caso della foto scattata da una maestra nella scuola Mazzini dell’IC Castelletto di Genova, inviata alla chat dei genitori e pubblicata ieri, oltreché dalla Stampa e dal Giornale in prima pagina, dal governatore ligure Giovanni Toti con un post polemico contro la mancata consegna dei banchi – che un’immagine che ritrae una classe in cui i bambini sono inginocchiati a disegnare, con le sedie che fanno da banco, che il contesto non conti più. 

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L’estrapolazione del particolare prevale sul tutto, l’amplificazione social produce una realtà distorta in cui salta agli occhi sempre e comunque il negativo, con conseguente carico di disfattismo. E così il caso Genova, nel giorno di una riapertura in generale felice per i protagonisti, ferma restando la difficoltà della “sfida decisiva” di cui parla il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, diventa simbolo di un’iper-realtà in cui c’è spazio soltanto per “quello che non funziona”. Anche se ieri i genitori della classe terza c della scuola genovese, come testimoniano le parole della lettera da loro firmata che abbiamo potuto leggere, ribaltavano la lettura dei fatti: “…Desideriamo esprimere il nostro più profondo dispiacere per la strumentalizzazione e le considerazioni denigratorie nei confronti di una scuola di cui siamo profondamente orgogliosi. E di un corpo docenti che ha saputo fare molto più di quanto noi stessi potessimo sperare”. E scrivono, il gesto “di leggerezza” della maestra a loro è parso “gesto affettuoso”. Trovano “increscioso” che sia stato mal interpretato. E parlano di “emozione” e “coraggio” nell’affrontare il primo giorno di scuola, in movimento in un mondo che “resta immobile per non rischiare”. Ma chiedono “prudenza” nell’uso della rete. Dice il direttore della Usr Liguria Ettore Acerra: “Al di là del singolo caso, resta l’impressione di un grande impegno di tutti. Per la scuola ora è importante recuperare il rapporto educativo docenti-studenti. Ne avevano bisogno gli uni e gli altri”. Scrive Giorgio Musso, un padre della classe in questione, su Twitter: “In questa foto c’è anche mio figlio. Ha fatto due ore di lezione, era felice e sereno. E’ stato solo un breve momento di gioco…”. 


Ma quanti altri casi nasceranno, se la prudenza invocata non prevarrà, nel calderone del “va tutto male”? Non va tutto male, anzi, dicono i presidi che, dal centro al sud al nord, cercano di fare appello alla creatività e allo spirito di adattamento. Questo racconta Annalisa Laudando, preside dell’Istituto comprensivo Via Poseidone a Torre Angela, periferia est della capitale, dove gli alunni, dai 3 ai 13 anni, si sono trovati davanti una scuola messa a nuovo in una “corsa contro il tempo”: “I lavori sono stati ultimati tardi, ma siamo rimasti aperti anche nel fine settimana, aiutati da docenti e collaboratori, e alla fine ha funzionato tutto. I bambini ieri allungavano il braccio per misurare il metro di distanza: mi sono commossa di fronte al loro senso civico. Ma non nascondo che l’ansia c’era, come la notte prima degli esami”. E Carmela Lilli Fronte, preside del liceo scientifico Corbino di Siracusa, parla di un’andatura “a passettini, per test successivi” sulla disposizione dei banchi e sullo sfruttamento degli spazi, pensando anche alla “ricreazione a rotazione”: tre classi al giorno. “Facciamo di necessità virtù. E invece che creare assembramenti nel piccolo bar, abbiamo organizzato un catering, con tanto di app”. Cesare Molinari, preside dell’Istituto di Istruzione Superiore Gae Aulenti di Biella, parla di scelte a cui si è arrivati “consapevoli delle difficoltà”, ma aiutati “dal senso di responsabilità degli studenti”. Nella sua scuola si andrà in presenza quattro giorni su cinque, ma il giorno in cui, a rotazione, si farà lezione a distanza, lo si farà secondo un piano studiatissimo, con didattica integrata, supportati da nuovi computer: “A marzo siamo stati colti alla sprovvista, ora siamo pronti a qualsiasi ipotesi. Le risorse sono arrivate, umane ed economiche”. Poco? Tanto? Dipende anche dall’occhio di chi guarda. E le scuole, dice Molinari, “ora vogliono stare lontane dal meccanismo della gogna mediatica”.

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