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Verso il 20 e 21 settembre

Davide Serra ci spiega perché voterà No al referendum

Il finanziere vicino a Matteo Renzi si schiera: "Il sì è una regalo alla srl di Casaleggio"

David Allegranti

“Questo taglio dei parlamentari non riforma niente e toglie spazio alla società civile per mettere schiavi di partito", dice il finanziare vicino a Matteo Renzi

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Roma. Davide Serra, finanziere vicino a Matteo Renzi, voterà No al referendum costituzionale. “Sono cittadino italiano e anche residente in Italia da 2 anni. Voto No”, dice al Foglio Serra, che è rientrato a Milano dopo molti anni a Londra.

Quali sono le motivazioni? Anzitutto, dice Serra, “non riforma niente, perché non supera il bicameralismo come invece era il referendum sulla riforma costituzionale del 2016”. Poi “riduce la rappresentanza degli italiani all’estero, che sono spesso il meglio dell’Italia”.

Terzo punto, dice Serra, “toglie spazio alla società civile per mettere ‘schiavi di partito’ che così sono gestibili e di fatto li rende dei dipendenti più che dei parlamentari (di fatto violando la Costituzione)”.

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C’è quindi  una questione eminentemente politica, aggiunge Serra: “Lo propone un Movimento gestito da una srl con zero trasparenza e gestita da Casaleggio, che mai nessuno ha votato e ha ereditato un partito stile dittatura, e Di Maio che da zero reddito e zero esperienza ha avuto l’arroganza farsi chiamare ministro dello Sviluppo economico e del lavoro. È l’emblema della casta politica: il nulla”.

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