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Golpetti di tosse

I tamponi di fedeltà di Berlusconi. In Forza Italia si agitano per preparare il futuro

Carmelo Caruso

I ricoveri di Berlusconi sono le vere direzioni di partito. Parlamentari smarriti, preoccupati. I suoi pensano al domani e cercano successori. Circolano i nomi di Nicola Porro e Massimiliano Salini

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Sono i suoi ricoveri i soli congressi di partito. Non è il corpo di Silvio Berlusconi che andrebbe ancora studiato, ma le sue cartelle cliniche che andrebbero davvero collegate. Lo sbalzo delle sue transaminasi è lo sbalzo della leadership, le risonanze magnetiche fotografano la capacità nervosa del centrodestra mentre gli esami emocromo sono quei passaggi di democrazia che nei partiti si chiamano direzioni. C’è insomma lo stato materiale di Forza Italia nel materiale biologico del Cavaliere.

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Sono i suoi ricoveri i soli congressi di partito. Non è il corpo di Silvio Berlusconi che andrebbe ancora studiato, ma le sue cartelle cliniche che andrebbero davvero collegate. Lo sbalzo delle sue transaminasi è lo sbalzo della leadership, le risonanze magnetiche fotografano la capacità nervosa del centrodestra mentre gli esami emocromo sono quei passaggi di democrazia che nei partiti si chiamano direzioni. C’è insomma lo stato materiale di Forza Italia nel materiale biologico del Cavaliere.

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Dicono  che anche adesso che si sta misurando con il Covid – quella malattia che ha definito  “ l’esperienza più terribile della mia vita” – ora che pensa dal suo letto al San Raffaele, dove riceve le cure di Zangrillo, Berlusconi starebbe accumulando giornali che non può  leggere. Cosa se ne fa? “Li conserva. Sono prove che raccoglie per le prossime sentenze”. E rivelano che sia il suo metodo antico per effettuare tamponi di fedeltà a chi gli sta accanto, la mossa del capo, del leader che non ha bisogno di spifferi, di frasi origliate, di delazioni per comprendere in anticipo i “golpetti di tosse”.

 

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Utilizza la sua carne affaticata come un monumento, un orecchio di Dioniso, che serve all’ascolto, un po’ come lo erano i suoi sonni repentini che permettevano di sbirciare gli infedeli che c’erano e che sono rimasti. Era ad esempio una piccola menzogna e non una cara visita quella del sei agosto a Villa Certosa, quella villa che gli è costata il contagio, il giorno della foto assembleare con Tajani, Gelmini, Bernini, Letta, Ghedini, Ronzulli, Galliani.

 

I sorrisi nascondevano i coltelli. Fu un gran consiglio e venne convocato di fretta  per fermare i tentativi scombiccherati di Maria Stella Gelmini e dell’accondiscendente Anna Maria Bernini, le rispettive capogruppo di camera e senato che si muovevano e si muovono per preparare la successione e garantire la continuità politica. In sofferenza, per le continue fughe dal gruppo, provarono (senza avvisare) a stringere un patto con Carlo Calenda e la sua Azione.

 

E prima ancora avevano offerto un patto a Matteo Renzi: “Che ne dici di metterci insieme”. Berlusconi aveva intuito che volevano esautorare Antonio Tajani e che la disperazione di Fi era tanta se, sempre quel giorno, balenò perfino questa proposta: “Ci serve un volto brillante. E se provassimo con Nicola Porro?”.

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E chi l’ha formulata deve conoscere poco la libertà sfrenata di Porro che nelle sue dirette social malmena Fi e ne parla come un simulacro di liberali, un sepolcro. Non è altro che la riproposizione della fantasia Del Debbio, altro viso televisivo a cui si voleva consegnare il partito, un’altra provetta del laboratorio di Arcore. E’ rimasto Tajani perché così ha voluto Berlusconi. In Fi dicono che stia accadendo qualcosa altro che somiglia molto a quanto accadde nel giugno del 2016 quando il cuore del leader venne fermato per quarantotto ore e la sua valvola aortica sostituita. Collegato alle macchine, la sua circolazione era extracorporea, e la sua coscienza si assentò per un intervallo. Sembrò quella l’eternità. Nel partito ci furono prove di otto settembre, ammutinamenti. Qualcuno convinse Giovanni Toti che era lui l’uomo del destino: “Adesso tocca a te”. Quando venne dimesso dall’ospedale, Berlusconi riprese tutti i quotidiani.

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Ritagliò perfino le dichiarazioni come fa un magistrato che raccoglie le sue fonti e le conserva per arricchire di prove il suo faldone. Berlusconi si fece allora giudice e storico. Toti venne allontanato. Nel 2018,  Salvini, che aveva bisogno dei suoi voti per cambiare i vertici Rai, andò a trovarlo di mattina al San Raffaele dove era ricoverato per “registrare” i battiti del suo cuore. Il Cav. volle premiarlo e dimostrargli che quello era un gesto da uomo di stato: “Questa visita fa bene a me ma fa bene anche a te”. Se non fosse doloroso avrebbe dunque ragione Berlusconi quando ripete che le malattie rimangono sempre quell’eccezionale esperimento per pesare i caratteri.

 

In Fi, in queste ore, si sta muovendo un piccolo reparto “agitati” che vorrebbe incoronare Massimiliano Salini, europarlamentare, cremonese, vicino alla Gelmini, coordinatore del partito. Equivale a commissariare Tajani che è in piena campagna elettorale per le regionali e significa sfidare chi lo ha voluto. E significa sfidare Berlusconi che mai come ora ricorda quel sovrano in ascolto di Italo Calvino. La sua fortuna era in realtà la sua condanna. Non poteva allontanarsi ma nessuno riusciva a spodestarlo. Tutto il suo regno non era altro che lui.  

 

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