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Referendum, perché dire sì al taglio

Annalisa Chirico

Un riformismo vero non boccia una riforma giusta solo perché imperfetta. Parla il prof. Frosini

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Roma. Se si tira in ballo financo Nilde Iotti, la questione si fa seria. È stato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a rispolverare alcune dichiarazioni della prima presidente donna della Camera per sostenere le ragioni di chi non vede l’ora di appuntarsi sul petto la medaglia di un Parlamento in formato ‘slim’, composto di 400 deputati e 200 senatori.

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Roma. Se si tira in ballo financo Nilde Iotti, la questione si fa seria. È stato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a rispolverare alcune dichiarazioni della prima presidente donna della Camera per sostenere le ragioni di chi non vede l’ora di appuntarsi sul petto la medaglia di un Parlamento in formato ‘slim’, composto di 400 deputati e 200 senatori.

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Tra i giuristi schierati a favore, c’è il professore Tommaso Edoardo Frosini, ordinario di Diritto pubblico comparato all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli: “Si dimentica spesso che la Costituzione del ‘48 non prevedeva un numero fisso di parlamentari ma lo prevedeva in proporzione al numero degli abitanti. Fu con una riforma costituzionale del 1963 che venne codificato il numero dei parlamentari. Quindi, quando si dice ‘non alteriamo la Costituzione’ si dimentica che i Costituenti votarono e approvarono un testo che non indicava il numero dei parlamentari. E allora, quale alterazione?”.

      

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Siamo alle solite: la Costituzione come il Sacro Graal? “Tutti i progetti di riforma costituzionale finora presentati, da quello della Commissione D’Alema a quello Renzi-Boschi nonché quello dei cosiddetti Saggi di Letta (dove c’erano 40 costituzionalisti, me incluso), hanno previsto una riduzione del numero dei parlamentari. Nessuno si è mai scandalizzato oppure ha temuto derive anti parlamentari. C’è un altro motivo: è chiaro che, se non dovesse passare nemmeno questo referendum su una modifica puntuale, allora sarebbe davvero la pietra tombale su ogni tentativo di riforma costituzionale. Non ne parliamo più e teniamoci questa Costituzione, salvo manipolarla in via di prassi e attraverso interpretazioni politicamente orientate”.

      

Se passa il referendum, con l’attuale legge elettorale interi territori saranno sottorappresentati, con una oggettiva penalizzazione per il rapporto tra eletto ed elettori. “Non vedo un automatismo tra riduzione dei parlamentari e modifica della legge elettorale, salvo il ridisegno dei collegi. E comunque se questa riforma costituzionale servisse davvero a stimolare un cambiamento della legge elettorale, sarebbe un altro buon argomento per votare Sì. La legge elettorale è stata cambiata molte volte negli ultimi anni, sarebbe ora che se ne facesse una più duratura e meno pasticciata. Il nuovo numero complessivo dei parlamentari dovrebbe favorire una scelta uninominale, magari a doppio turno. E quindi valorizzare la rappresentanza dei territori e degli elettori, altro che penalizzazione”.

     

Converrà però che il mero taglio del numero dei parlamentari, in assenza di una riforma dei regolamenti parlamentari, non doterà il processo legislativo di maggiore efficienza. “È vero, e anche questo è un ulteriore buon motivo per votare Sì. I regolamenti parlamentari sono stati ancora di recente modificati ma occorre fare di più per renderli più aderenti a un’organizzazione parlamentare efficiente e decisionale. A questo servono”.

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Il giudice emerito della Consulta Sabino Cassese ha dichiarato che più che la quantità rileva la qualità dei parlamentari. “Ha perfettamente ragione. Oggi la qualità è tendenzialmente modesta, speriamo che riducendo il numero si tenga conto di innalzare la qualità. E qui torna, se vogliamo, il discorso sull’uninominale”.

 

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La riduzione dei parlamentari è forse l’unica bandiera non ammainata dai 5 stelle, che da sempre evidenziano anche un dato economico: gli italiani, dicono, risparmierebbero un caffè a testa ogni anno. “È un argomento che non mi piace, lo trovo inutilmente demagogico. Se fosse questo il problema, allora sarebbe bastato ridurre i compensi ai parlamentari del cinquanta percento”.

 

Intanto dubbi e ripensamenti si manifestano anche tra le forze politiche che in Parlamento hanno contribuito all’approvazione della riforma. “Ricordiamoci che la legge di revisione costituzionale è stata votata all’unanimità alla Camera mentre al Senato si è fatto faticosamente mancare la maggioranza qualificata per così chiedere il referendum. Che per la prima volta è stato richiesto dai parlamentari, alterando così la sua funzione che era quella di consentire agli oppositori della riforma di rivolgersi ai cittadini. Chi sono gli oppositori, visto che alla Camera hanno votato tutti a favore? Escludo che per il referendum si sarebbero raccolte cinquecentomila firme di elettori”.

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