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Conte il mediceo. Da Severino a Magris. I dialoghi del premier

Carmelo Caruso

Colloqui con filosofi, incontri con scrittori. Offre i testi delle sue conversazioni ai giornali come fossero le lezioni di Francoforte. Tra vanità e sindrome da pizzeria

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La filosofia è il suo “mi illumino d’immenso” perché malgrado “non possa vantare una specifica preparazione, è stata la mia antica passione e ha contribuito alla mia più complessiva formazione culturale”. Giuseppe Conte non cerca l’intellettuale organico, ma è il premier che vorrebbe farsi organico al sapere.

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La filosofia è il suo “mi illumino d’immenso” perché malgrado “non possa vantare una specifica preparazione, è stata la mia antica passione e ha contribuito alla mia più complessiva formazione culturale”. Giuseppe Conte non cerca l’intellettuale organico, ma è il premier che vorrebbe farsi organico al sapere.

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E infatti, seduto a Brescia, di fronte a quel pensatore del divenire che è stato Emanuele Severino, si racconta che abbia davvero sorriso e fosse il sorriso del successo quando l’autore di Essenza del Nichilismo, il vecchio bastone che ha ragionato di eterno, lo ha laureato con la frase: “Vedo che lei è addentro a questi temi”.

 

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Ed era chiaro che fosse la carezza dell’uomo anziano all’uomo nuovo delle istituzioni, una piccola affettuosità e non il momento assoluto di Conte che si era congedato nientemeno che così: “Confido che i lettori potranno giovarsi di questa nostra conversazione”. Non è il Recovery fund il suo vero trionfo ma sono questi dialoghi che solleticano la sua vanità e che, confessa lui, lo arricchiscono.

 

Due giorni fa, a Trieste, si è concesso quella che ha definito “una gratificazione intellettuale”. Ha trascorso due ore con lo scrittore Claudio Magris che, ha precisato Conte, “è una figura di grandissima levatura”. E ha lasciato intendere di conoscere le opere dello scrittore triestino, più volte candidato al nobel per la letteratura, e che il suo classico Lontano da dove sia il tascabile del suo lungo viaggio da Ceglie Messapica a Roma.

 

C’è insomma qualcosa di sottile, e nello stesso tempo di buffo, in questi colloqui che Conte ottiene in qualità di presidente e che i grandi gli concedono perché sempre lo scrittore sogna il suo Lorenzo il Magnifico. Solo Charles de Gaulle invitava all’Eliseo Jean-Paul Sartre che però scriveva (male) di lui.

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L’incontro con Magris è stato registrato “perché se vi va si potrà ascoltare”. Si attende la prossima diffusione. E' accaduto con Severino che Repubblica decise di pubblicare sulle sue pagine culturali neppure fosse un testo inedito della scuola di Francoforte. A chi Conte-Magris? In un momento soltanto, agli Stati Generali, Conte ha ceduto alla cultura pop e ha chiesto alla cantante Elisa, “le andrebbe di cantare per noi?”. Non lo ha “arricchito culturalmente” come non lo ha arricchito l'attrice Monica Guerritore, che per lui ha recitato Dante, e neppure Alessandro Baricco, recuperato dal magazzino Leopolda, che – ed erano sempre Stati Generali – ha parlato dell’importanza dell’attimo.

 

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Tutti i leader hanno i loro scrittori di riferimento. Per Matteo Salvini è l’ispido Mauro Corona, per Matteo Renzi era Massimo Recalcati con le sue bolle di sapone sulla generazione Telemaco.

 

“E invece per Conte è Magris che è il più sofisticato dei nostri autori. Sarà pure un miracolato ma Conte è miracoloso” pensa il filosofo Stefano Bonaga, allievo di Gilles Deleuze, da sempre di sinistra ma adesso contiano perché la sua “buona educazione è rivoluzionaria”. Bonaga è uno degli intellettuali che hanno firmato una lettera a suo favore “contro tutte le fesserie sullo stato d’eccezione, quelle su Conte nuovo Cesare, contro tutte le bestialità di Vittorio Sgarbi e Giorgio Agamben”.

  

E assicura che Conte piace agli intellettuali di sinistra come lui, che in verità sono smarriti di sinistra, perché “non sarà Roosevelt ma non vedo altri Roosevelt” e che è l’unico premier ad avere rudimenti di tedesco e di latino.

 

E lui infatti si compiace e fa sbobinare i nastri dei suoi seminari con gli eccellenti italiani. Inserisce questi incontri nel suo curriculum credendo di imbucarsi fra i veri eruditi. Un po’ come quelle pizzerie che custodiscono le foto dei famosi, Conte conserva a palazzo Chigi i nastri e i volumi autografati. Insegue il “pensiero forte” e non si accorge che l’unico vero maître à penser è Rocco Casalino. L’uomo che molto probabilmente gli consiglia i libri (che non ha letto) del “grande” Magris…

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