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"La destra in Toscana non è una bestemmia", ci dice l'editore fiorentino Mario Curia

David Allegranti

Parla l'autorevole esponente di Confindustria Firenze: "La sinistra ha pensato solo ai diritti civili. Il problema è il lavoro che non c’è. La Toscana felix non esiste più". 

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Roma. “Il Pd non può pensare di prendere i voti in Toscana con l’allarme fascismo e lo spirito resistenziale”, dice al Foglio Mario Curia, editore, fondatore e presidente della casa editrice, autorevole esponente di Confindustria Firenze. “Il problema è il lavoro che non c’è. La Toscana felix non esiste più. Quel modello è finito e non da ora, da anni. La Toscana, piaccia o no, si è inceppata da dieci anni a questa parte. A parte la moda e le filiere legate a health care e farmaceutica, che spesso hanno il loro quartier generale altrove, il resto non va. C’è rimasto un po’ di metalmeccanica, ma a parte il Nuovo Pignone il resto della meccanica è legata sempre al sistema moda. Le università e la ricerca sono in profonda crisi. L’unica cosa sulla quale la Toscana può essere un modello è il sistema sanitario. D’altronde l’85 per cento del bilancio regionale è in spesa sanitaria, ma tutto il resto è trascurato. Pensiamo ai trasporti o alle infrastrutture che non ci sono. Ci sono zone della Toscana che i corrieri considerano come isole. La Maremma, il Grossetano, la Garfagnana: uno paga la tariffa come se fossero la Sardegna o la Sicilia”. 

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Roma. “Il Pd non può pensare di prendere i voti in Toscana con l’allarme fascismo e lo spirito resistenziale”, dice al Foglio Mario Curia, editore, fondatore e presidente della casa editrice, autorevole esponente di Confindustria Firenze. “Il problema è il lavoro che non c’è. La Toscana felix non esiste più. Quel modello è finito e non da ora, da anni. La Toscana, piaccia o no, si è inceppata da dieci anni a questa parte. A parte la moda e le filiere legate a health care e farmaceutica, che spesso hanno il loro quartier generale altrove, il resto non va. C’è rimasto un po’ di metalmeccanica, ma a parte il Nuovo Pignone il resto della meccanica è legata sempre al sistema moda. Le università e la ricerca sono in profonda crisi. L’unica cosa sulla quale la Toscana può essere un modello è il sistema sanitario. D’altronde l’85 per cento del bilancio regionale è in spesa sanitaria, ma tutto il resto è trascurato. Pensiamo ai trasporti o alle infrastrutture che non ci sono. Ci sono zone della Toscana che i corrieri considerano come isole. La Maremma, il Grossetano, la Garfagnana: uno paga la tariffa come se fossero la Sardegna o la Sicilia”. 

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Anche spostarsi è complicato, dice Curia: “Alcuni posti in treno sono irraggiungibili. Invece bisognerebbe collegare bene zone come Lucca e come Grosseto. La costa è l’area che soffre di più la mancanza di infrastrutture. Perché Amazon funziona? Perché ha curato molto la logistica, che è cruciale per qualunque attività economica. Invece ci sono aree della Toscana in cui non si riesce ad arrivare se non con tempi incompatibili con l’epoca in cui viviamo. Se uno vuole vivere slow, lo slow è in tutti i sensi”. C’è poi una questione economica e sociale: “Il più grande datore di lavoro della Toscana è fortemente in crisi, mi riferisco al sistema cooperativo, Unicoop Firenze a parte. Il che influisce sul sistema di sottogoverno, che ha anche funzioni tutto sommato nobili se accompagnato a intelligenza e visione. Senza sottogoverno il potere non lo reggi”. Un altro degli elementi della crisi secondo Curia è la selezione della classe dirigente: “Anche in Toscana raramente si selezionano i migliori. Non vale solo per la politica ma anche per la classe imprenditoriale e intellettuale”. È diplomatico Curia e quindi nomi non ne fa, ma il messaggio è chiaro e lo rivolge anche agli amici imprenditori toscani. 

 

 

Comunque, aggiunge l’editore Curia, “da qui al 20 settembre non si sa che cosa succede ma se vincesse il centrodestra io non mi stupirei. Anche la Dc a un certo punto è sparita improvvisamente”. E in giro osserva ci sono anche pochi soldi “con cui comprare consenso. Anche in senso nobile e visionario, intendiamoci. Ma la gente vota di pancia e un’offerta politica alternativa non c’è se non, appunto, quella di pancia. La classe politica si accontenta di rappresentare lo scontento, ma non ha né una visione né un progetto. I Cinque stelle hanno fatto peggio dei politici della Prima Repubblica, la sinistra ha pensato solo ai diritti civili e a temi usurati. Il problema non sono i diritti civili ma portare la pagnotta a casa. Il problema è il lavoro che manca. Tutti si riempiono la bocca dei giovani ma poi nessuno fa niente”. Quindi, “ok, la destra è brutta sporca e cattiva, ma i problemi come li risolvi? Io sono un imprenditore colpito profondamente a causa del Covid. A me e ai miei dipendenti chi dà le risposte? Non c’è uno straccio di proposta. E quelli gridano al lupo al lupo sul fascismo… Io però vorrei un’idea, un motivo per votarli. Altrimenti quelli di centrosinistra non ci vanno o votano scheda bianca. Non basta dire ‘altrimenti vince la destra’ per mandare la gente alle urne. E dirò di più: la destra non è una bestemmia, anzi, magari ce ne fosse una seria”.

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