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Di Maio va in Libia e rilancia l’autostrada di Berlusconi e Gheddafi

Simone Canettieri

Eni, telecomunicazioni e il sogno di fare come il Cavaliere. Più business che geopolitica nella missione a Tripoli e Tobruk del ministro degli Esteri

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Roma. Tripoli, bell’autostrada d’amore. Luigi Di Maio oggi vola in Libia. E lo fa nel solco di Silvio Berlusconi. Già, l’obiettivo del ministro degli Esteri non è semplice: riallacciare i fili dei progetti economici avviati dal Cavaliere ai tempi di Gheddafi. Scambi e relazioni, business e soldoni interrotti bruscamente dalle primavere arabe. Un accordo siglato nel 2008 e poi finito nel congelatore. Ma adesso Di Maio ci riprova, forte magari dei consigli di chi – come Gianni Letta che ha incontrato nelle settimane scorse – quei dossier li ha maneggiati, eccome. E allora ecco il titolare della Farnesina, alla prima missione internazionale dopo dopo le vacanze senza protezione 50.

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Roma. Tripoli, bell’autostrada d’amore. Luigi Di Maio oggi vola in Libia. E lo fa nel solco di Silvio Berlusconi. Già, l’obiettivo del ministro degli Esteri non è semplice: riallacciare i fili dei progetti economici avviati dal Cavaliere ai tempi di Gheddafi. Scambi e relazioni, business e soldoni interrotti bruscamente dalle primavere arabe. Un accordo siglato nel 2008 e poi finito nel congelatore. Ma adesso Di Maio ci riprova, forte magari dei consigli di chi – come Gianni Letta che ha incontrato nelle settimane scorse – quei dossier li ha maneggiati, eccome. E allora ecco il titolare della Farnesina, alla prima missione internazionale dopo dopo le vacanze senza protezione 50.

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Il leader grillino non sogna più fiori, ma cemento. Sarà prima a Tripoli, poi a Tobruk. Vedrà prima Fayez al Serraj e poi Aguila Saleh Issa. Parlerà con loro della situazione politica interna, ma poi alla fine lì vorrà andare a battere: nuove occasioni economiche per le imprese italiane. A partire dal sogno dei sogni: “l’Autostrada della Pace”, come da efficace sintesi berlusconiana. Un’arteria litoranea disegnata per collegare e quindi ricucire la Tripolitania e la Cirenaica. Un’infrastruttura di base pensata allora per sanare le ferite del periodo coloniale: 5 miliardi di euro di investimenti. Tutto bello, bellissimo. Con una cieligina sull’asfalto: Di Maio porterà con sé il sottosegretario Manlio Di Stefano proprio per presentarlo alle autorità di Tripoli (spiegandogli che non si trovano in Libano) come nuovo punto di riferimento di questa Commissione mista italo-libica sulle questioni economiche che si intende costituire. “Sarà Manlio – raccontano dalla Farnesina quasi a voler fischiettare sopra all’incidente geografico di qualche tempo fa – il link dell’Italia in questa operazione”. Auguri.

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Insomma, si apre un altro fronte. Dopo gli innumerevoli tentativi – rimasti ancora lettera morta – di portare la pace, il focus si sposta sulle opportunità economiche. Nella speranza, questo sì, che possano anche rasserenare gli animi e non incendiare lo scontro interno.

La Commissione dovrebbe trattare due temi: i crediti vantati dalle aziende italiane e, appunto, le prospettive e i progetti di comune interesse per il rilancio delle relazioni imprenditoriali. Tra i progetti più importanti in sospeso ci sono, come si è detto, l’Autostrada della Pace e l’aeroporto internazionale di Tripoli. Ma non solo.

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Ieri pomeriggio alla Farnesina mettevano insieme fatti e numeri da snocciolare oggi per dare forza a questa storia interrotta. Temi e schedine da mettere sul piatto dell’incontro odierno. Tipo: la Libia è risultata nel 2019 il nostro secondo partner commerciale nel continente africano (dopo l’Algeria) e il nostro primo fornitore, sempre nel 2019, l’interscambio bilaterale ha sfiorato i 6 miliardi di euro, le nostre esportazioni (1,2 miliardi) sono aumentate del +3 per cento rispetto al 2018 e le importazioni (4,7 miliardi) del +12,5 per cento. E ancora: nei primi due mesi del 2020, le nostre esportazioni sono aumentate del +32 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. A livello globale, spiegano con entusiasmo, l’Italia è il quinto fornitore e il secondo cliente della Libia. L’export italiano ha una quota pari al 4,4 per cento, superiore a quella dei principali competitor europei. E poi certo le telecomunicazioni e il settore energetico: l’Eni, anche nelle fasi più critiche, è rimasta l’unica società internazionale in grado di produrre e distribuire petrolio e gas nel paese. In partnership con la libica Noc, garantisce le forniture di energia al mercato locale.

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Prima di tutto però c’è il contesto. Le milizie, il cessate il fuoco permanente. “Attenti a dare scossoni, ora bisogna agire compatti e spingere sull’intesa raggiunta con Saleh per un cessate il fuoco permanente. L’Italia, con l’Europa, farà la sua parte per far convergere anche Haftar”, ragiona Di Maio. Il ministro degli Interni del governo libico di Tripoli, Fathi Bashagha, è stato ufficialmente “sospeso” dall’incarico. E verrà aperta un’inchiesta “sulle sue dichiarazioni riguardo le proteste e gli incidenti a Tripoli e in altre città”, sui dispositivi di sicurezza e sulle “violazioni commesse”. Bashagha è una figura molto politica e capace. Questa spaccatura con Serraj, preoccupa molto l’Italia, l’Ue e anche gli americani che con Bashagha hanno uno stretto rapporto. Sospirano al ministero degli Esteri: “Il timore dunque è che in una fase positiva per l’Italia, questo tramestio interno a Tripoli tra Serraj e Bashagha possa rilegittimare Haftar ad alzare la voce e chiamare alla rivolta i libici, con la scusa che il governo di Tripoli appaia frammentato”.

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E qui allora ritorna il pensiero fisso di rimettere in moto la macchina degli affari, ripartendo dalla politica economica di Berlusconi. La fine di un altro tabù per Di Maio nella lunga strada a una corsia che sta portando il ministro degli Esteri alla normalizzazione per crogiolarsi al sole dei Palazzi. Tripoli, bell’autostrada d’amore.

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