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Editoriali

Macchina del fango in Azione

Redazione

La surreale accusa del Fatto sui finanziatori di Calenda (da lui penalizzati)

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Il Fatto quotidiano si occupa dei finanziatori di Azione, il partito di Carlo Calenda, “l’uomo su cui hanno puntato i grandi poteri economici italiani”. O, a leggerla al contrario, vuol dire che l’europarlamentare sarebbe al servizio dei potenti (“Calenda dai poteri forti”, è il titolo).

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Il Fatto quotidiano si occupa dei finanziatori di Azione, il partito di Carlo Calenda, “l’uomo su cui hanno puntato i grandi poteri economici italiani”. O, a leggerla al contrario, vuol dire che l’europarlamentare sarebbe al servizio dei potenti (“Calenda dai poteri forti”, è il titolo).

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Un esempio, indicativo, sarebbe la donazione da 100 mila euro dalla Fondazione Giovanni Arvedi, dell’omonima famiglia cremonese che controlla uno dei più grandi gruppi siderurgici italiani. Tra le accuse ad Arvedi ce n’è una surreale. Il Fatto cita un’inchiesta della procura di Cremona sui soldi raccolti dalla Fondazione per donazioni a favore degli ospedali impegnati a contrastare l’emergenza Covid ma usati, almeno parzialmente, per fini personali. Chi è accusato di questa distrazione di fondi però è un dirigente della fondazione, già sospeso, dacché si evince che se le accuse fossero confermate la Fondazione Arvedi non sarebbe di certo colpevole ma piuttosto sarebbe parte lesa.

 

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In ogni caso non si capisce cosa c’entri tutto questo con Calenda, che di certo non ha ricevuto soldi destinati agli ospedali. Non si comprende neppure perché il Fatto quotidiano ce l’abbia con Arvedi, che fino a poco tempo fa era considerato il salvatore mancato dell’Ilva penalizzato proprio da Calenda.

 

Il Fatto sosteneva la tesi secondo cui nella gara per l’assegnazione dell’Ilva, poi vinta da ArcelorMittal, Calenda avrebbe penalizzato la cordata uscita sconfitta composta da Jindal, Del Vecchio, Cassa depositi e prestiti e proprio Arvedi. In realtà l’allora ministro dello Sviluppo economico aveva semplicemente preso atto del risultato di una gara europea e non l’ha cambiata ex post per consentire un rilancio a chi l’aveva persa.

 

In pratica Calenda ha rispettato le norme italiane ed europee sulla concorrenza e non ha agevolato i cosiddetti “poteri forti” italiani, tra cui Arvedi, che ora sostiene il suo partito. In pratica Calenda si è guardato bene dal fare ciò che allora suggeriva il Fatto quotidiano. E ha fatto bene. Non solo perché era giusto, ma perché se l’avesse fatto ora quello stesso giornale l’accuserebbe di conflitto di interessi, se non addirittura di corruzione.

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