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La farsa sui banchi e la riapertura della scuola. Cosa non torna nel metodo Arcuri

Luciano Capone

Gli affidamenti gestiti dal commissario per l'emergenza che gli italiani hanno il diritto di conoscere. Perché trasparenza significa efficienza

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Roma. “Siamo inchiodati a discutere sui banchi a rotelle, non riusciamo neanche a sapere quali sono le 11 imprese che li starebbero fabbricando, siamo al paradosso che c’è una sorta di segreto di stato su una gara pubblica”, ha detto alla Stampa il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Da due settimane abbiamo posto alla struttura del commissario Domenico Arcuri diverse domande sulla gara (se è chiusa o meno, se i contratti sono stati firmati, i nomi delle aziende vincitrici). Non si può sapere, bisogna aspettare 30 giorni. 

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Roma. “Siamo inchiodati a discutere sui banchi a rotelle, non riusciamo neanche a sapere quali sono le 11 imprese che li starebbero fabbricando, siamo al paradosso che c’è una sorta di segreto di stato su una gara pubblica”, ha detto alla Stampa il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Da due settimane abbiamo posto alla struttura del commissario Domenico Arcuri diverse domande sulla gara (se è chiusa o meno, se i contratti sono stati firmati, i nomi delle aziende vincitrici). Non si può sapere, bisogna aspettare 30 giorni. 

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Questa forma di riservatezza, con l’appello alla norma del codice degli appalti che dà un mese di tempo per pubblicare le informazioni sulla gara, non è solo un segnale di insofferenza su un tema, quello della riapertura delle scuole e dell’acquisto dei banchi, ancora irrisolto e contraddistinto da modifiche e rinvii che alimentano l’incertezza sull’avvio dell’anno scolastico. Ma rientra in un più generale atteggiamento da marchese del Grillo (“io so’ io…”), che sta caratterizzando l’azione del commissario straordinario. Il Corriere della Sera, in un articolo di Federico Fubini che riportava un’analisi della Fondazione Openpolis e del Gran Sasso Science Institute, ha mostrato come la gestione dei fondi spesi per l’emergenza Covid (quasi 10 miliardi di euro) sia stata caratterizzata da una mancanza di trasparenza. “Dopo aver messo online a disposizione di tutti i dati sulle forniture sanitarie alle regioni, presto metteremo anche tutti i dati sui nostri acquisti, con fornitori, quantità, sconti e modalità di ingaggio dei fornitori. Prepariamo un software, presto accadrà”, aveva dichiarato il 7 aprile il commissario Arcuri. Ma nulla di tutto ciò è accaduto. Dopo quasi cinque mesi da quella promessa non è possibile conoscere l’esito di gran parte dei bandi, che per quanto riguarda la struttura commissariale ammontano a circa 2,2 miliardi. 

 

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Più sorprendente della mancanza di trasparenza è la giustificazione data da Arcuri: “E’ vero che non abbiamo pubblicato i dati – ha dichiarato al Corriere della Sera –. Lo faremo quando saremo certi di evitare che vengano strumentalizzati per polemiche politiche”. Quindi né ora e forse neppure mai, sicuramente fino a quando il commissario vorrà. E per il momento il commissario può decidere autonomamente, un po’ come il marchese del Grillo, di non rendere conto del suo operato perché ciò potrebbe comportare “polemiche politiche”. E ha anche stabilito che a suo giudizio queste possibili polemiche politiche non ci debbono essere, o meglio che i cittadini non hanno diritto a criticare il commissario (come d’altronde i giornali sgraditi a cui non vuole rispondere). Paradossalmente, con le sue parole Arcuri conferma che quello di Bonomi non era affatto un paradosso: c’è davvero una sorta di segreto di stato sugli altri affidamenti e sulle negoziazioni della struttura commissariale.

 

C’è però un problema. La facoltà di apporre il “segreto di stato”, al fine di salvaguardare l’interesse nazionale, è riservata al potere esecutivo. E durante questa emergenza c’è stato un caso in cui il governo si era opposto alla pubblicazione di alcuni documenti delicati: i verbali del Comitato tecnico-scientifico (Cts) che sono stati alla base dei dpcm emessi durante il lockdown. Eppure, dopo una richiesta della Fondazione Einaudi e dopo un ricorso vinto al Tar, il governo ha deciso – prima del giudizio del Consiglio di stato – di desecretare e pubblicare i verbali del Cts. Si tratta sicuramente di documenti più sensibili rispetto agli appalti e ai contratti per l’acquisto di beni come le mascherine o i banchi scolastici. Ma a parte il contenuto delle informazioni, a livello costituzionale non spetta a un burocrate, a un funzionario pubblico come Arcuri, stabilire quali informazioni sia giusto che i cittadini conoscano o meno sulla base di astratte e ipotetiche considerazioni politiche.

 

In questo modo si viene meno a un principio fondamentale del nostro ordinamento, e della cultura democratica, codificato non a caso nel decreto “Trasparenza”: “La trasparenza è intesa come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”. Un funzionario pubblico non può avere la facoltà di non divulgare informazioni rilevanti per “evitare che vengano strumentalizzate per polemiche politiche”, proprio perché quello di poter fare “polemica politica” è un diritto dei cittadini singoli o riuniti (in giornali, partiti e associazioni). Altrimenti non sarebbero cittadini ma sudditi.

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Il ruolo che Arcuri ha sinora svolto – nell’approvvigionamento di ventilatori, dpi e banchi – è stato sicuramente complicato e anche delicato. Ma l’emergenza non è in contrasto con la trasparenza. Sicuramente durante una crisi drammatica le necessità obbligano a derogare dalle procedure ordinarie per accelerare i tempi, e per questo il governo ha conferito al commissario poteri straordinari. Ma, come dice Openpolis, “la trasparenza non è un intralcio burocratico”. Anzi, proprio perché ci sono dei poteri straordinari e non funzionano le procedure ordinarie, a maggior ragione è necessaria più trasparenza affinché ci sia una maggiore forma di controllo. Non tanto sull’onestà dei funzionari pubblici – che è fuor di dubbio fino a prova contraria – ma perché una maggiore circolazione delle informazioni è utile anche a chi opera durante l’emergenza per individuare eventuali errori e correggerli. “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”, diceva lo zio Ben Parker all’Uomo Ragno. Una delle responsabilità più importanti per le istituzioni è la trasparenza.

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