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“Usiamo il Mes per portare medici nelle scuole”. Parla Valeria Fedeli

Carmelo Caruso

L'ex ministra dell'Istruzione lancia la sua proposta. “Il Mes ci può servire per tutelare la salute degli studenti. La didattica a distanza non basta”

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“Sulla scuola ci giochiamo tutto. Il primo errore da non commettere è dunque parlarne come settore”. Non le piace la parola “settore-scuola”? “Non ci aiuta ad affrontare quella che è la vera urgenza di questo tempo. La scuola, e dico purtroppo, è entrata tardi nel dibattito pubblico. C’è invece un intreccio stretto fra istruzione ed economia che andrebbe meglio raccontato. Solo quando cominceremo a non separarla dall’economia, solo quando non la intenderemo come “qualcosa da riaprire” ma come l’indispensabile per ricominciare, solo allora si potrà davvero ragionare senza faziosità e ideologie”.

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“Sulla scuola ci giochiamo tutto. Il primo errore da non commettere è dunque parlarne come settore”. Non le piace la parola “settore-scuola”? “Non ci aiuta ad affrontare quella che è la vera urgenza di questo tempo. La scuola, e dico purtroppo, è entrata tardi nel dibattito pubblico. C’è invece un intreccio stretto fra istruzione ed economia che andrebbe meglio raccontato. Solo quando cominceremo a non separarla dall’economia, solo quando non la intenderemo come “qualcosa da riaprire” ma come l’indispensabile per ricominciare, solo allora si potrà davvero ragionare senza faziosità e ideologie”.

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Con Valeria Fedeli, senatrice del Pd, ex ministro dell’Istruzione durante il governo Gentiloni, riusciamo a parlare di scuola senza parlare della ministra, Lucia Azzolina, che la destra processa ma solo perché vuole riaprire i conti con il governo e usare la sua debolezza come forza d’opposizione. C’è invece la necessità di riaprire le scuole in sicurezza, ma per la Fedeli c’è un’occasione unica che non andrebbe sprecata: “Possiamo finalmente spiegare che le risorse promesse dal Recovery fund sono vincolate alla capacità di investire sull’educazione scolastica che deve essere permanente. Possiamo metterci alle spalle il ritardo che abbiamo accumulato per una certa pigrizia, un retaggio storico e culturale. E’ quel riflesso condizionato che non ci consente di parlare di scuola come grande infrastruttura, la molla dello sviluppo”.

 

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Registra che di scuola se ne sta discutendo tantissimo adesso e, a volte, in maniera caricaturale, e che troppo poco se n’è parlato nei primissimi giorni di chiusura quando “abbiamo discusso solo di come riaprire le fabbriche senza capire che il vero differenziale della produttività, oggi più che mai, passa dagli investimenti sulla ricerca”. Le scuole vanno aperte senza dubbio e per la Fedeli siamo in ritardo, ma è un ritardo, che ripete, non è solo il prodotto di un rimbalzo fra scienziati, tecnici, sindacati.

 

E’ sufficiente dire che il protocollo “difficile”, per favorire l’inizio dell’anno scolastico, protocollo sottoscritto fra governo e sindacati della scuola (un accordo che smonta alcuni alibi) è stato firmato “solo” il 6 agosto ed è stato l’ultimo delle intese del settore pubblico. Non doveva essere il primo? E c’è un’ulteriore cattiva abitudine. Risponde la Fedeli: “Tendiamo erroneamente a ridurre la controversia. Sento dire che la scuola serve alle famiglie ed è verissimo ma non è solo quello. Dobbiamo dire che la scuola serve “anche” alle famiglie come serve “anche” alla società. Ci serve per avere futuro qualificato. Servono i congedi parentali per i genitori, ma come ci servono studenti in aula perché solo un docente, un docente ben retribuito, può garantire un percorso formativo”.

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Per semplificare, e “incitare”, il governo a fare di più, il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ha avvertito che sulla “scuola si rischia la rivolta di massa”. La ministra Azzolina ha invece denunciato “il sabotaggio da parte dei sindacati”. Come si capisce il pericolo è sempre quello di “parlare della scuola senza parlare di chi a scuola deve andarci”, indicarla come uno “spazio” fisico che permette ai genitori di ritornare alle loro attività. Per l’ex ministra questo è il peggiore dei modi. E’ tra coloro che hanno apprezzato lo sforzo che è stato compiuto grazie alla didattica online, ma, avvisa, che con le scuole chiuse, il rischio è enorme.

 

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“Le ricerche, gli studi, i pedagogisti, ci dicono che i primi mille giorni di formazione servono per avere quegli stimoli educativi che permettono successivamente di superare le diseguaglianze sociali”. Non ci sono ancora dati ufficiali, ma “la scuola a distanza significa fare lezione ma non vuole dire che da quelle lezioni si è appreso”, spiega l’ex ministra, che è costretta a dover ricordare che l’Italia è una nazione drammaticamente indietro e che la tecnologia muta con la geografia. Un numero importante di studenti non ha avuto a disposizione quella tecnologia insostituibile per seguire lezioni a distanza, ma per la Fedeli, il problema va oltre.

 

“Un genitore, a casa, non può accompagnare l’alunno nel suo percorso formativo. Servono strumenti tecnologici, ma anche culturali. Significa che servono docenti e non solo sul monitor”. E servirebbero - e qui, la Fedeli lancia una sfida al M5s – le risorse del Mes. Se è vero come è vero che avere personale medico nelle scuole sarebbe il vero successo, se la pandemia ha dimostrato che la medicina di prossimità è quella che bisogna implementare, come si fa a non cogliere l’opportunità? Anche la Fedeli, così come il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, propone il suo patto per la crescita dove la scuola sta al centro. “Cosa c’è di meglio che aprire in sicurezza utilizzando le risorse del Mes che ci mette a disposizione l’Ue? Avremmo personale competente che potrà rilevare le temperatura a scuola, ma immagino termoscanner da mettere a disposizione negli ingressi scolastici. E’ la rotta che ci ha indicato Mario Draghi. La scuola riguarda tutti i partiti. C’è qualcuno che avrà il coraggio di tirarsi indietro?”.

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