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"Bettini sbaglia tutto, no al partito bonsai. Equivale a cancellare il Pd". Parla Andrea Marcucci

David Allegranti

Il capogruppo del Pd al Senato boccia la tesi di Bettini che invita Renzi a farsi federatore dei moderati. "Così si torna al centrosinistra con il trattino"

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Bettini sbaglia tutto, con un tratto di penna cancella 13 anni di storia del Pd, per tornare a uno schema con Ds e Margherita in formato bonsai”. Andrea Marcucci, capo dei senatori del Pd, ha letto l’intervento di Goffredo Bettini sul Foglio di ieri in cui ha chiesto a Matteo Renzi di fare “il federatore di un polo liberale e riformista che può valere il 10 per cento e che possa costituire la terza gamba dell’alleanza di governo, insieme al Pd e al M5s”.

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Bettini sbaglia tutto, con un tratto di penna cancella 13 anni di storia del Pd, per tornare a uno schema con Ds e Margherita in formato bonsai”. Andrea Marcucci, capo dei senatori del Pd, ha letto l’intervento di Goffredo Bettini sul Foglio di ieri in cui ha chiesto a Matteo Renzi di fare “il federatore di un polo liberale e riformista che può valere il 10 per cento e che possa costituire la terza gamba dell’alleanza di governo, insieme al Pd e al M5s”.

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Tutt’altro che convinto dalle parole di Bettini, Marcucci spiega al Foglio perché “la sua idea di fatto porterebbe alla cancellazione del Pd. Io, invece, sono ancora più che convinto che il progetto di Rutelli, Fassino e Veltroni, sia ancora valido e contemporaneo. Dal punto di vista elettorale, il Pd è rimasto molto competitivo, grazie a questa vocazione”.

 

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Insomma, a Marcucci pare la rievocazione del centro-sinistra con il trattino: “Un modello vecchio, superato dalla storia e dai fatti. Un modello bonsai, che peraltro, ridurrebbe enormemente il nostro potenziale elettorale”. Bettini dice che l’alleanza con i Cinque stelle è in sostanza ineludibile e chi non la persegue si comporta da “anima bella”. Anche Marcucci è favorevole all’alleanza Pd-5 stelle per la costruzione di un “nuovo centrosinistra”, come va di moda dire in casa Zingaretti? Pure qui, il capo dei senatori del Pd, un tempo vicino a Renzi, è molto cauto. “Andiamoci piano”, dice ancora al Foglio.

 

“Le alleanze”, spiega Marcucci, “si costruiscono a partire da una condivisione concreta di valori e proposte per la società. Chi vuole questa alleanza a tutti i costi con il M5S, ignora che ci battiamo per il ritorno al proporzionale. Con il proporzionale il Pd deve valorizzare al massimo la sua vocazione maggioritaria. Le alleanze sarebbero un problema successivo. E glielo dice uno che non stravede per il proporzionale”.

 

A proposito di case comuni con i Cinque stelle e di scambi e accordi fra forze un tempo avversarie e oggi in procinto di sposarsi, la posizione del Pd sul referendum non è contraddittoria rispetto alla linea precedente l’accordo siglato per far nascere il secondo governo Conte? “Nel mezzo c’è la nascita del nuovo governo ed un accordo di cui tutti erano consapevoli”, sottolinea appunto Marcucci. Un dato senz’altro da tenere conto, perché il Sì del Pd al referendum non nasce per caso. Tuttavia questo non lo rende meno balzano agli occhi di chi scrive, per un partito che in precedenza aveva votato contro il taglio del numero dei parlamentari.

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Dice Marcucci: “Non considero un’eresia né una priorità ridurre il numero dei parlamentari. Ritengo però fondamentale intervenire sulle correzioni, che peraltro sono in dirittura di arrivo”. Ma non ha ragione chi dice che non essendoci più le condizioni – correttivi e legge elettorale – l’accordo con i Cinque stelle sul taglio del numero dei parlamentari è venuto meno? Orfini per esempio l’ha sostenuto su queste colonne nei giorni scorsi, argomentando perché un “partito serio” dovrebbe tornare alle condizioni iniziali, non essendoci più presupposti dell’intesa con il M5s: “Io sono uno che rispetta gli accordi”, dice Marcucci, “lo farò anche in questo caso, magari senza enfasi o senza ricorrere alla gran cassa. Un anno fa, alla nascita del nuovo governo, lo ripeto, eravamo tutti consapevoli che la legge di riforma, sarebbe stata il primo punto dell’intesa con il M5S. Poi è naturalmente legittimo anche votare no al referendum confermativo”. Quello di Marcucci è un sì poco convinto, diciamo.

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