PUBBLICITÁ

“Il Pd non esiste più”. Parla Calenda

Carmelo Caruso

“Partito subalterno a Di Maio e Crimi. Senza dignità e fierezza. Gori venga con noi. Zingaretti, Franceschini e Bettini hanno fallito”. Intervista al leader di Azione

PUBBLICITÁ

Ha detto che il Pd sta perdendo la dignità per colpa del suo gruppo dirigente. Si è pentito? “Non mi sono pentito affatto. Il Pd come partito riformista a vocazione maggioritaria non esiste più. Nicola Zingaretti, Dario Franceschini e Goffredo Bettini sono i principali responsabili di questo fallimento. Hanno rinunciato a difendere i valori e la storia del Pd per un patto di potere con il M5s”. Non è stato eletto anche lei con Il Pd? “Sono stato eletto, con le preferenze, in una lista Pd-SiamoEuropei che prometteva ‘mai con il M5s’. Io sono ancora lì. Loro si sono persi”. E quando parla di loro, Carlo Calenda si riferisce al gruppo dirigente del Pd, che “starebbe abusando dell’assegno in bianco che la comunità degli attivisti, una comunità per molti versi unica e speciale, gli ha consegnato”.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Ha detto che il Pd sta perdendo la dignità per colpa del suo gruppo dirigente. Si è pentito? “Non mi sono pentito affatto. Il Pd come partito riformista a vocazione maggioritaria non esiste più. Nicola Zingaretti, Dario Franceschini e Goffredo Bettini sono i principali responsabili di questo fallimento. Hanno rinunciato a difendere i valori e la storia del Pd per un patto di potere con il M5s”. Non è stato eletto anche lei con Il Pd? “Sono stato eletto, con le preferenze, in una lista Pd-SiamoEuropei che prometteva ‘mai con il M5s’. Io sono ancora lì. Loro si sono persi”. E quando parla di loro, Carlo Calenda si riferisce al gruppo dirigente del Pd, che “starebbe abusando dell’assegno in bianco che la comunità degli attivisti, una comunità per molti versi unica e speciale, gli ha consegnato”.

PUBBLICITÁ

 

Il leader di Azione dice che quella leadership è la stessa che sta portando il Pd a essere “subalterno a Vito Crimi e Luigi Di Maio”, due che maltrattano gli alleati di governo per mezzo di interviste e che si rifiutano di correre uniti nelle Marche e in Puglia. Calenda cosa farà? Nelle Marche, la sua “Azione”, ci sarà? “No. Daremo un’indicazione di voto verso il candidato di centrosinistra, nulla di più”. In Puglia, ha scelto Ivan Scalfarotto, mentre fra M5s e Pd si consuma il derby della demagogia fra Antonella Laricchia, che non si ritira, e Michele Emiliano. Chi tra i due? Risponde: “Nessuno” ma vuole spiegare la ragione. “Anche qui la scelta del Pd è stata folle. Sapevano dall’inizio che non avremmo potuto appoggiare uno dei peggiori esempi di populismo”.

 

PUBBLICITÁ

Un partito che è succube di Crimi ed Emiliano – prosegue Calenda – perde le elezioni, ma soprattutto l’onore, la dignità. Il paradosso è però un altro. Si è votato in agosto, su Rousseau, per ratificare un’alleanza che si è definita addirittura storica. Ma poi arriva Crimi e disfa tutto. E i dirigenti del Pd cosa fanno? Nulla. Abbozzano e sperano in Grillo”.

 

E non è tanto l’ingresso al governo ma la sottomissione culturale che per Calenda risulta essere inaccettabile: “Entrare al governo è stato un passo che non condivido ma che posso anche comprendere. Quello che proprio non riesco a capire, ripeto, è la subalternità. C’è un segretario che ogni giorno viene trattato dai grillini come un alleato indesiderato e che festeggia il voto di una piattaforma che definiva come un abominio della politica controllata da una srl. Una classe dirigente con così scarsa memoria, e coerenza, è una classe dirigente che si sente legittimata a fare tutto e il contrario di tutto pur di rimanere in sella”.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

L’obiezione è che è possibile fare opposizione interna. Nel Pd ci stanno provando Giorgio Gori, Dario Nardella. “Mi hanno sempre rimproverato – replica Calenda – di essermene andato via e di non aver scelto la strada del dibattito interno. Invito a guardare come vengono trattati questi sindaci”. Andrea Orlando, che è il vicesegretario del Pd, è sembrato voler etichettare anche loro come “sciusciasciorbisti”. Lei ha capito cosa significa? “Significa trattare come dissidente, frazionista chi ha un’opinione diversa da quella della segreteria”, aggiunge il leader di Azione.

 

PUBBLICITÁ

Quella di sinistra è sicuramente una storia a cui non appartiene Calenda e che però, pensa, bisognerebbe rispettare come si fa con le belle eredità, un’eredità di valori. E tra quei valori mette la fierezza che nel Pd, avvisa, si sta perdendo. “La verità è che il Pd è tornato a essere un partito massimalista senza la forza di un’ideologia. Nazionalizzazioni, assistenzialismo, giustizialismo. Questo paese non è in sicurezza e avrebbe bisogno di un programma lungo, serio e articolato, portato avanti da persone competenti. Altro che Azzolina, Catalfo, Di Maio e Boccia. Capitale umano, investimenti, cultura, funzionamento dello Stato: il Covid ha accelerato un processo di disfacimento in atto da decenni. La risposta non può essere semplicemente: siamo contro le destre. Sono trent’anni che andiamo avanti così”.

 

Pensa a un polo di riformisti? “Serve una casa per riformisti, liberali e popolari. Solo così potremmo pensare di strappare il Pd e Forza Italia alla subalternità di populisti e sovranisti”. E Calenda dice qualcosa che non piacerà, ancora un’altra, al Pd e in particolar modo a Zingaretti: “Se il Pd non troverà la forza di cambiare la sua classe dirigente è destinato al declino. Il partito dei sindaci mi sembra fragile rispetto al blocco di potere del Nazareno”. Chi sono i sindaci pd da “Azione”? “Ritengo che Giorgio Gori o Valeria Mancinelli sarebbero mille volte più utili all’Italia se si unissero al lavoro che stiamo facendo come Azione. Oggi occorre andare a riprendere il consenso, con le idee, la serietà e lavorando città per città. La destra sovranista l’ha fatto. E’ tempo di darsi una mossa. Al momento, il Pd e FI sono avversari. Non alleati”.

PUBBLICITÁ