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Elogio dell’inciucio

Maurizio Crippa

È arte della mediazione, il contrario dei poteri forti da spiaggia e dell’aut-aut. Magnifica categoria politica che ben s’addice al Cav. Il “mai con quelli” per Meloni è tattica, e per Salvini la solita balla

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La buona memoria costringe a volte a sembrare micragnosi. Ad esempio nel ricordare che dopo le elezioni del 2018 Matteo Salvini proclamava: “L’alleanza Lega-Movimento 5 stelle è una fake news, un’invenzione surreale. Io e Di Maio abbiamo due idee di Italia diverse”. Prontamente nacque il governo Salvini-Di Maio, il governo nato da un lungo tiramolla (ma si diceva “trattative per il contratto”) cui partecipò attivamente anche Giorgia Meloni, prima di chiamarsi fuori. Sembra una piccineria stare a sottolineare che nessuno nasce vergine, in politica, tantomeno nel gioco “noi con quelli mai”. Ma è un atto dovuto, perché Meloni e Salvini (messo dopo perché oramai conta meno) e Silvio Berlusconi hanno firmato un patto programmatico agostano garantito da una “clausola anti inciucio, atta ad assicurare gli elettori “che in nessun caso Lega, FdI e FI intendono in futuro fare parte di maggioranze di governo insieme ad altre forze politiche non facenti parte della coalizione”. Si potrebbe rimandare alla memoria del 2018, e chiuderla lì.

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La buona memoria costringe a volte a sembrare micragnosi. Ad esempio nel ricordare che dopo le elezioni del 2018 Matteo Salvini proclamava: “L’alleanza Lega-Movimento 5 stelle è una fake news, un’invenzione surreale. Io e Di Maio abbiamo due idee di Italia diverse”. Prontamente nacque il governo Salvini-Di Maio, il governo nato da un lungo tiramolla (ma si diceva “trattative per il contratto”) cui partecipò attivamente anche Giorgia Meloni, prima di chiamarsi fuori. Sembra una piccineria stare a sottolineare che nessuno nasce vergine, in politica, tantomeno nel gioco “noi con quelli mai”. Ma è un atto dovuto, perché Meloni e Salvini (messo dopo perché oramai conta meno) e Silvio Berlusconi hanno firmato un patto programmatico agostano garantito da una “clausola anti inciucio, atta ad assicurare gli elettori “che in nessun caso Lega, FdI e FI intendono in futuro fare parte di maggioranze di governo insieme ad altre forze politiche non facenti parte della coalizione”. Si potrebbe rimandare alla memoria del 2018, e chiuderla lì.

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Senonché i tre leader del destra-centro hanno riportato in auge una gran bella parola, per quanto vernacolare, e rovinata a suo tempo da Massimo D’Alema. Inciucio è arte della mediazione, del riconoscimento delle forze in campo o dello stato di necessità, il contrario dei poteri forti da spiaggia e soprattutto il contrario dell’aut-aut, o con me o contro di me. Il totalitarismo del Novecento è stato una questione tragica, ma a suo modo seria. O di qua o di là costava la vita, non un’intervista riparatoria ex post. Ora il totalitarismo a parole usato come collante di coalizione somiglia a quello degli energumeni da curva tifoidale che si alzano in piedi minacciando “MUTO LO STADIOOO” e impongono di cantare “Chi non salta *** è”. Ma almeno il calcio è maggioritario secco: due squadre, una vince l’altra perde.

    

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La politica invece, anche per chi schifa che sia arte del possibile, è quantomeno opzione del probabile e della mutevole condizione. Così che il mai e poi mai dei tre moschettieri cozza con la realtà effettuale, e per contrasto fa luccicare le virtù dell’inciucio. Categoria gloriosa che innanzitutto illumina una miopia politica, tanto più in regime di proporzionale: e se la coalizione a un passo dalla vittoria avesse bisogno di quattro voti del centro, in cambio di uno strapuntino? Inoltre una mancanza di prudenza: potrebbe esserci una qualsiasi emergenza, una qualsiasi necessità di trovare un accordo, una condivisione, con chiunque. E’ avvenuto infinite volte.

 

La clausola anti inciucio appartiene alla logica di propaganda, non di (futuro) governo. Ed è manovrata più da Meloni che da Salvini, perché mette in bella vista la patente di verginità dei Fratelli d’Italia. Più difficile, ma non stiamo a fare i sofisti, capire che cosa ci faccia lì Silvio Berlusconi, nella foto virtuale dell’estate, nel proclama anti inciucio. Berlusconi è stato per l’Italia l’inventore dell’alternanza. Ha diviso, e tenuto divisi persino oltre il suo volere, il centrodestra e il centrosinistra. Ma con la sua morbidezza volatile e il suo senso delle cose (non si diventa Berlusconi senza senso della realtà). Ha consentito o garantito gli accordi più utili in certe fasi al paese e pagandoli spesso di tasca sua, politicamente parlando: il governo di Monti col suo passo indietro, gli accordi con l’Europa, il governo “ABC” addirittura, e persino i tentativi di bicamerali, luogo sommo del dialogo, del mettersi d’accordo.

 

Non c’è nessuno come Berlusconi che conosca il peso e il costo della mediazione e della mitezza in politica. L’unica volta che ha accettato una stupida logica da aut-aut fu con Gianfranco Fini, finì male per tutti e due. Per tacere poi che il nuovo patto programmatico – in cui figurano l’autonomia differenziata, la riforma della giustizia e il presidenzialismo – da seguire perinde ac cadaver e senza inciuci, evita di affrontare le cose più concrete: come voterà, Forza Italia, sul Mes o sul Recovery fund? Ma l’importante è non inciuciare, poi si vedrà.

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