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Martina dice Sì

Maurizio Martina

Ridurre i parlamentari è da sempre un’idea della sinistra. Va attuata, poi serviranno riforme più ambiziose

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Sostengo le ragioni del Sì al referendum di settembre per la riduzione del numero dei parlamentari. Lo faccio, come altri, cercando di muovere da ragioni riformiste, alternative sia a una certa propaganda populista “anticasta” per il Sì, sia alla logica dello “scempio” democratico che si ascolta spesso dalle parti di chi vorrebbe che prevalessero i No. Nessuna di queste due visioni mi convince e mi appartiene, e per questa ragione trovo che sia necessario far emergere un sostegno ragionato alla riduzione dei parlamentari.

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Sostengo le ragioni del Sì al referendum di settembre per la riduzione del numero dei parlamentari. Lo faccio, come altri, cercando di muovere da ragioni riformiste, alternative sia a una certa propaganda populista “anticasta” per il Sì, sia alla logica dello “scempio” democratico che si ascolta spesso dalle parti di chi vorrebbe che prevalessero i No. Nessuna di queste due visioni mi convince e mi appartiene, e per questa ragione trovo che sia necessario far emergere un sostegno ragionato alla riduzione dei parlamentari.

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Con tutti i suoi limiti, sono convinto che questa scelta sia un punto di partenza per migliorare le nostre istituzioni parlamentari e smuoverle dal torpore, dopo vari tentativi di cambiamento andati a vuoto. Sono stato tra i sostenitori della riforma costituzionale del 2016 e non me ne pento affatto. In coerenza anche con quel disegno, certamente molto più ambizioso e utile di questo passo, non vedo nessun rischio democratico nel ridurre il numero dei seggi parlamentari in rapporto alla popolazione, portandoli a un parlamentare ogni 100 mila abitanti, esattamente come accade da tempo in altri paesi dalle consolidate tradizioni democratiche. E non ripropongo qui le giuste osservazioni già riportate da alcuni, circa le proposte di riduzione dei numeri parlamentari che in lunghi anni hanno sempre interessato i programmi del centrosinistra.

  

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Sono tra quelli che ritengono, tanto più oggi, che un Parlamento meno pletorico e più razionale, seppur ancora bicamerale, possa aprire alla possibilità di un organo legislativo più autorevole, più responsabilizzato e più efficiente. Al contrario di chi pensa che una scelta simile porti allo svilimento delle Aule, ritengo che una novità di questo tipo possa invece aiutarci a migliorarne il profilo in un tempo difficile per gli istituti della democrazia parlamentare. Per essere ancora più chiari, faccio l’esempio di Bergamo, la mia provincia.

  

Ad oggi tra deputati e senatori gli eletti in Parlamento sono venti. Con la riforma passerebbero a dodici. Posso dire, senza essere tacciato di connivenza coi demagoghi, che sono abbastanza? Posso dire che la loro autorevolezza e capacità di radicamento può persino migliorare se maggiormente responsabilizzati? Certo che prima di tutto dipenderà dalle loro capacità e non da una legge.

 

Ed è altrettanto evidente che la riforma non impatta così in tutti i territori e da qui nasce la necessità di armonizzare questo passaggio specialmente per offrire maggiori garanzia ai luoghi meno abitati. E certamente una novità di questo tipo va accompagnata da alcune modifiche costituzionali, da portare avanti in parallelo con il confronto sul sistema elettorale. Penso al riequilibrio dei rappresentati regionali per l’elezione del presidente della Repubblica, all’adeguamento dell’elettorato attivo e passivo per entrambe le Camere e al superamento della regionalizzazione delle circoscrizioni del Senato. Il fatto che non si siano ancora incardinate in aula queste novità non mi pare una ragione sufficiente per rinunciare ad accompagnare positivamente la scelta di razionalizzazione dei numeri parlamentari per come viene proposta dalla riforma.

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Penso anche che non regga nemmeno la polemica verso il Pd per suoi voti contrari alla riduzione dei seggi prima del voto finale: chi avanza questa critica dovrebbe rileggere le nostre posizioni in aula in quei passaggi. Non siamo mai stati contro nel merito. Al tempo cercavamo di aprire spazi per collegare la riduzione dei seggi al superamento del bicameralismo conducendo una battaglia contro l’inammissibilità dei nostri emendamenti in tal senso e su questo si basava la nostra contrarietà. Si vota contro perché non ci siamo riusciti? Io non lo credo, anche se sono ben conscio della portata limitata di questa proposta. Si vota a favore provando a perseguire i nostri obiettivi di una democrazia decidente anche sul terreno dato da questa riforma.

  

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Un’ultima considerazione: sono colpito dall’accusa che muovono alcuni, secondo cui nel Pp e nel centrosinistra chi sostiene le ragioni del Sì è ormai al carro dell’egemonia Cinque stelle. Mi spiace per questi amici ma è esattamente vero il contrario. E’ chi ha l’ossessione di doversi sempre distinguere dal Movimento, spesso a scapito di qualsiasi valutazione di merito, che rischia di consegnarsi alla loro egemonia. E con tutto il rispetto, una grande forza progressista e riformista quale deve essere sempre il Pd, non può seguire questa via. Anche per questo, penso sia doveroso che ci si organizzi presto per discuterne in modo aperto e partecipato.

 

Maurizio Martina, Deputato del Pd

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