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"Sì al contratto di governo (da aggiornare), no all'alleanza organica col M5s". Parla Alfieri

Valerio Valentini

"Se l'alleanza con il M5s diventa strategica serve un congresso. L'antisalvinismo non può essere un valore fondante". La linea riformista del senatore Pd

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Alessandro Alfieri la mette giù facile. “La posizione di noi riformisti del Pd non è cambiata. Detta in sintesi: sì al contratto di governo, magari con qualche aggiornamento; no all’alleanza strutturale col M5s”. E allora, pensando alla fregola da embrassons nous filogrillino che ha colto certi dirigenti del Nazareno nella canicola ferragostana, il senatore del Pd dice che semmai converrebbe concentrarsi sul programma dell’esecutivo. “Prima di lanciarsi nella definizione di futuribili alleanze, mi pare che il partito dovrebbe essere più risoluto sul rispetto di certi punti dell’agenda di governo. Sui decreti sicurezza si è agito con timidezza, con troppi ritardi: certo, c’è stato di mezzo il Covid che ha complicato tutto, ma ora è indispensabile approvare subito le modifiche concordate. Sulla giustizia è indispensabile un approccio più equilibrato, a partire dalla prescrizione. E poi, soprattutto, c’è l’esigenza di favorire lo sviluppo del paese. Dobbiamo andare oltre la logica di bonus e sussidi e stimolare nuovi investimenti, pubblici e privati. L’ossessione del Pd dovrà essere questa: passare dall’essere percepito solo come il partito della responsabilità all’essere il partito della crescita, dello sviluppo”.

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Alessandro Alfieri la mette giù facile. “La posizione di noi riformisti del Pd non è cambiata. Detta in sintesi: sì al contratto di governo, magari con qualche aggiornamento; no all’alleanza strutturale col M5s”. E allora, pensando alla fregola da embrassons nous filogrillino che ha colto certi dirigenti del Nazareno nella canicola ferragostana, il senatore del Pd dice che semmai converrebbe concentrarsi sul programma dell’esecutivo. “Prima di lanciarsi nella definizione di futuribili alleanze, mi pare che il partito dovrebbe essere più risoluto sul rispetto di certi punti dell’agenda di governo. Sui decreti sicurezza si è agito con timidezza, con troppi ritardi: certo, c’è stato di mezzo il Covid che ha complicato tutto, ma ora è indispensabile approvare subito le modifiche concordate. Sulla giustizia è indispensabile un approccio più equilibrato, a partire dalla prescrizione. E poi, soprattutto, c’è l’esigenza di favorire lo sviluppo del paese. Dobbiamo andare oltre la logica di bonus e sussidi e stimolare nuovi investimenti, pubblici e privati. L’ossessione del Pd dovrà essere questa: passare dall’essere percepito solo come il partito della responsabilità all’essere il partito della crescita, dello sviluppo”.

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Quanto al rapporto col M5s, invece, non può certo essere un voto su Rousseau, a dettare i tempi e i modi di un’eventuale alleanza, quasi che il Pd non stia attendendo altro che di ricevere il fatidico sì da Grillo o Casaleggio. “E’ un’apertura che comprendo da un punto di vista meramente tattico, pensando alla necessità di arginare le destre alle regionali. Se invece si trattasse di una decisione strategica, allora diventerebbe inevitabilmente un tema da congresso, che peraltro il segretario Zingaretti, nel febbraio scorso, ha rimandato in attesa della fine della pandemia”.

Insomma, rinnovare il contratto di governo senza rinnegarlo, incalzare il M5s senza blandirlo. “La scelta di dare vita a un esecutivo giallorosso la rivendico”, dice Alfieri. “E anzi, ad alcuni miei amici del Pd che ora forse se lo sono dimenticato, ricordo qual era la condizione del paese, nel luglio scorso. Un vicepremier che chiedeva pieni poteri dal Papeete, l’Italia completamente isolata nello scacchiere diplomatico internazionale, un’alleanza di governo, quella gialloverde, che esaltava l’anima sovranista e anti eruopeista della Lega e quella populista del M5s. Se penso alla politica estera, credo che il Pd abbia fatto un grande lavoro, in questo anno: il M5s, che predicava l’equidistanza tra Usa, Cina e Russia, e che di tanto in tanto vagheggiava l’uscita dalla Nato, ora ribadisce, per bocca del ministro Di Maio, l’ancoraggio dell’Italia all’accordo euroatlantico. A Bruxelles non siamo più i pària dell’Unione, ma un paese che sa concorrere nelle definizione di soluzioni coraggiose”.

 

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Sull’economia, invece, il percorso è stato meno felice. “E dev’essere quello il nuovo fronte del nostro impegno”, conviene il senatore lombardo. “A partire dall’autunno, il Pd dovrà farsi motore di un’azione di governo più decisa: l’immobilismo non potrà mai essere il prezzo che si paga per la stabilità. Il Covid non è una parentesi della storia: è un evento destinato a segnare un’intera generazione, e allora bisognerà interrogarci su come ripensare il mercato del lavoro, la politica industriale, la sanità, la scuola e l’università. Non possiamo limitarci a gestire l’emergenza”. E dunque? “E dunque ora restiamo tutti uniti intorno ai nostri candidati alle regionali, sapendo che si tratta di una sfida importante. E poi, appunto, aggiorniamo il contratto di governo per dargli un respiro di legislatura”.

 

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Che scenario immagina, all’indomani del voto del 22 settembre? “Difficile dirlo. Vedo un quadro politico in rapida evoluzione non solo nel nostro campo, ma anche in quello del centrodestra, dove la leadership di Salvini incomincia ad essere messa in discussione e dove Forza Italia è ormai una somma di gruppi diversi”.

Non basterà , insomma, invocare l’alleanza organica col M5s. “No. Non vorrei che alcuni nel Pd coltivassero la tentazione della scorciatoia, che sacrificherebbe la soluzione di problemi complessi sull’altare del cartello elettorale. Evitare di dare a Salvini i pieni poteri è stata una scelta meritoria. Fare dell’anti salvinismo il valore fondante del programma della maggioranza sarebbe un errore imperdonabile ”.

 

Ma non sarà che qualcuno, nel Pd, spera di legittimare certe sue convinzioni ideologiche (lo statalismo, l’assistenzialismo, un meridionalismo un po’ stereotipato) proprio in virtù dell’urgenza di allearsi col M5s, che quelle convinzioni condivide? “Spero di no. E del resto, questi sono temi che non si risolvono con qualche intervista estiva. Quanto al rapporto col M5s, l’accordo di governo prevede una legge elettorale proporzionale che inevitabilmente ci spinge a recuperare la nostra vocazione maggioritaria. Insomma, competition is competition”.

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