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Va evitato il plebiscito per il Sì, si rafforzerebbero gli istinti illiberali

Sergio Soave

C’è il rischio serio di portare al trionfo chi punta alla destabilizzazione del parlamentarismo fiaccando ogni resistenza

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Si chiede all’elettore di confermare o abrogare la riforma costituzionale che riduce di circa un terzo il numero dei parlamentari. Non è ovviamente una questione di principio, non mette in discussione l’operatività del Parlamento e, in fondo, non riduce in modo significativo la rappresentatività, anche se i partiti di dimensioni minori esprimono preoccupazione su questo aspetto. Si direbbe quindi che, nonostante l’origine populista e anti casta della riforma, questa, in sé e per sé non crea particolari danni. Questa è la ragione che spinge anche persone che detestano l’agitazione antipolitica, a cominciare dal direttore e dal fondatore di questo Foglio, a approvare la riforma.

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Si chiede all’elettore di confermare o abrogare la riforma costituzionale che riduce di circa un terzo il numero dei parlamentari. Non è ovviamente una questione di principio, non mette in discussione l’operatività del Parlamento e, in fondo, non riduce in modo significativo la rappresentatività, anche se i partiti di dimensioni minori esprimono preoccupazione su questo aspetto. Si direbbe quindi che, nonostante l’origine populista e anti casta della riforma, questa, in sé e per sé non crea particolari danni. Questa è la ragione che spinge anche persone che detestano l’agitazione antipolitica, a cominciare dal direttore e dal fondatore di questo Foglio, a approvare la riforma.

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Se fosse davvero in discussione questo, cioè l’approvazione, la penserei probabilmente come loro. Invece è proprio la convinzione che la riforma non sarà abrogata che mi spinge a votare per la sua abrogazione. Può sembrare, e probabilmente è, un ragionamento un po’ contorto, ma cercherà comunque di spiegarmi. Sul piano costituzionale conterà solo l’esito del referendum, che a me pare scontato. Sul piano politico, invece, conteranno anche i numeri, la misura percentuale dell’approvazione. Se fosse plebiscitaria, come temo, darebbe spazio a chi punta a una destabilizzazione della democrazia parlamentare. I sostenitori di questa visone moralistica e di fatto autoritaria si convincerebbero che la spinta alla destrutturazione del sistema gode di un tale sostegno popolare che finirà con lo spezzare la resistenza di chi, peraltro in modo piuttosto ondivago, difende un’interpretazione liberale dei principi costituzionali e una visione razionale delle interdipendenze internazionali contro i “sovranismi” di destra e di sinistra. Dare prova che esiste una diffidenza diffusa, elettoralmente significativa seppure ora minoritaria, verso questa deriva mi pare importante.

  

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Se si esaminano i comportamenti delle formazioni politiche che da destra e da sinistra alludono a questa resistenza, in sostanza il Pd e Forza Italia più alcune formazioni minori, si può constatare come rischino perennemente di diventare ancillari alle forze populiste del loro campo. La sensazione che non ci si possa opporre frontalmente ai populismi, ma che la massimo si può cercare di assorbirli e interpretarli, come cerca di fare il Pd con i 5 stelle o di condizionarli diventando elemento indispensabile della maggioranza alternativa, come fa Forza Italia con le altre formazioni del centrodestra sta diventando una specie di senso comune. Una vittoria dilagante del Sì al referendum confermerebbe questa sensazione, che purtroppo non è infondata, ma si può ribaltare solo se l’elettorato farà capire che c’è una specie di riserva della Repubblica che può sostenere una resistenza più decisa e convinta.

 

So benissimo che questo ragionamento si presta a molte critiche, che a un referendum si dovrebbe rispondere nel merito, indipendentemente dalle considerazioni di contorno, ma mi domando se sia proprio così. Ho votato No al referendum sull’aborto, perché ero d’accordo con la depenalizzazione, ma la dimensione del successo ha innestato una spirale in cui i limiti stessi della legge sono stato spazzati via e l’aborto è diventato un diritto delle donne. Anche la dimensione dell’esito elettorale conta e per questo ho scelto di non allargarla troppo segnando il mio piccolo si individuale all’abrogazione, consapevole che non ci sarà, anzi proprio perché consapevole che non ci sarà. Sarà uno spirito minoritario, ma in democrazia anche la minoranza serve, eccome.

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