PUBBLICITÁ

Campidoglio amaro

Zingaretti prende tempo su Roma ma con Franceschini circonda Sassoli: càndidati

Simone Canettieri e Salvatore Merlo

L'assedio del segretario, il fastidio per la riluttanza di Enrico Letta. Si cerca lo sfidante di Virginia Raggi. E intanto Italia Viva organizza una Leopolda romana con Veltroni e Rutelli

PUBBLICITÁ

Calma e gesso, predica Nicola Zingaretti. Lo sprint di Virginia Raggi per le comunali di Roma non cambia il calendario del segretario del Pd. Il Nazareno metterà la testa sulle amministrative del 2021 solo a settembre, dopo le regionali e il referendum.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Calma e gesso, predica Nicola Zingaretti. Lo sprint di Virginia Raggi per le comunali di Roma non cambia il calendario del segretario del Pd. Il Nazareno metterà la testa sulle amministrative del 2021 solo a settembre, dopo le regionali e il referendum.

PUBBLICITÁ

 

In queste ore, però, Zingaretti continua a sondare e a consultarsi con tutti i dirigenti e i capi-corrente del partito. I nomi in ballo per il Campidoglio al momento sono due, ma con sfumature diverse: Enrico Letta e David Sassoli. Sul primo inizia a circolare un certo fastidio. Dice un autorevole deputato: “A fare le interviste sui giornali sono capaci tutti, ma poi Enrico toglie sempre il piede. Adesso dice che non è romano e che dunque non può candidarsi: e allora Vetere e Petroselli? E Alemanno e Marino?”.

 

PUBBLICITÁ

Considerazioni piene di malizia, che tradiscono forse un po’ di malanimo che si trascina da mesi. Discorso diverso, invece, per Sassoli. L’attuale presidente del Parlamento europeo, già candidato alle primarie per il Campidoglio del 2013, fa filtrare il suo “no, grazie”. Ma è tattica, auspicano dal Pd. 

 

La mossa repentina di Virginia Raggi, il suo annuncio di ricandidatura, ha scompaginato la trama che faticosamente il Pd stava intessendo a Roma da settimane con i Cinque stelle, in quei dedali che da Palazzo Chigi in giù ormai collegano i due partiti e i rispettivi gruppi dirigenti, al governo, nelle regioni e persino in alcuni comuni.

 

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

Al Nazareno erano da tempo abbastanza sicuri che la sindaca intendesse ricandidarsi, e per questo stavano lavorando ad anticiparla, a metterla di fronte a un fatto compiuto, a una candidatura ben confezionata e unitaria che mettesse insieme il Pd e i Cinque stelle. “Non appena abbiamo avuto sentore”, spiegano da giorni nell’entourage del sindaco, “abbiamo anticipato noi”.

 

PUBBLICITÁ

Così la vaghezza di un asse rosso-giallo per il Campidoglio, l’opzione coltivata accarezzando per il verso giusto la filosofia da “partito unico” (o alleanza strategica) elaborata da Goffredo Bettini, è definitivamente evaporata, mettendo la segreteria di fronte a una strada ormai obbligata: l’individuazione di un candidato conosciuto, di rilievo nazionale, che è sempre stata un’ipotesi in campo. Ed ecco allora i nomi, quelli che corrispondono al profilo che da mesi viene disegnato nell’aria: Enrico Letta, addirittura un ex presidente del Consiglio, e David Sassoli, il presidente del Parlamento europeo.

 

 

Ma entrambi si ritraggono in guscio. “No grazie”, risponde Sassoli. “Non sono romano”, dice Enrico Letta. Eppure nel Pd romano, negli ambienti vicini a Giovanni Caudo, l’ex assessore all’Urbanistica della giunta Marino, sostengono che “Enrico in realtà ci pensa. Ci sta riflettendo”. Chissà. Intorno al Nazareno, dalle parti della segreteria del Pd, il diniego, il mezzo no di Letta, viene invece incassato quasi con fastidio, a riprova forse che qualcosa non vada nei rapporti tra Letta e Zingaretti.

 

Non pochi, per esempio, ricordano che l’ex premier avrebbe voluto il sostegno del suo partito nei giorni in cui a Bruxelles si componeva la Commissione europea. Un sostegno che non è mai arrivato, e che anzi, in quei giorni, come oggi, si accompagnava a considerazioni di freddezza che suonavano all’incirca così: “Letta è uno che non vuole sporcarsi le mani mai, è uno che non aiuta”. Si vedrà.

 

Diversa probabilmente è la storia di Sassoli. Malgrado chi ha parlato con lui ieri assicuri che il presidente del Parlamento europeo “non ci pensa minimamente perché correre per la Capitale significherebbe doversi dimettere già a gennaio da Strasburgo”. Intanto però il forcing di tutta l’area che fa riferimento a Dario Franceschini, a partire dal ministro in persona, è fortissimo. Racconta infatti Bruno Astorre, braccio destro di Franceschini: “Abbiamo una rosa di candidati autorevolissimi e dal profilo internazionale”.

 

 

E infatti, a microfoni spenti, un po’ tutti ammettono che Sassoli sarebbe il candidato migliore. Ma se non vuole? “L’esperienza rosso-gialla al governo ha dimostrato che ciò che sembra impossibile oggi può realizzarsi domani”. Manca tuttavia una serie di tasselli che dovranno andare al loro posto dopo le regionali di settembre e dopo il referendum, ragione per la quale Italia viva ha deciso di organizzare una “Leopolda romana” in vista delle comunali: “Inviteremo Walter Veltroni e Francesco Rutelli”, dice Luciano Nobili, renziano di Roma.

 

 

Tutti prendono tempo. E’ caduta nel vuoto, invece, l’intervista di Carlo Calenda a Repubblica. Il leader di Azione lanciava Carlo Fuortes, sovrintende del Teatro dell’Opera. Ma questa operazione – raccontano al Nazareno – avrebbe avuto un senso solo se Raggi si fosse messa da parte, in ottica di un accordo Pd-M5s. Fuortes, d’altronde, vanta ottimi rapporti con il Campidoglio (che lo ha confermato dopo Marino) e anche con il Pd. Tutto questo mentre sul Corriere, con un’intervista, ieri si è in pratica candidata da sola pure Miche Di Biase, moglie di Franceschini. Chissà che, dopo tanti no, la candidatura lui non la trovi a casa.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ