PUBBLICITÁ

L’Italia è pronta a sostenere la rinascita del Libano

Marina Sereni

Il viceministro per gli Affari esteri ci spiega perché va evitato in ogni modo il collasso del paese e quali sono le tre sfide che Beirut ha davanti a sé 

PUBBLICITÁ

Con le dimissioni del governo Diab in Libano si è reso evidentissimo l’intreccio drammatico di tre emergenze: umanitaria, economico-sociale, politica.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Con le dimissioni del governo Diab in Libano si è reso evidentissimo l’intreccio drammatico di tre emergenze: umanitaria, economico-sociale, politica.

PUBBLICITÁ

   

Sul piano umanitario la terribile esplosione del 4 agosto nel porto di Beirut ha fatto precipitare, con le centinaia di morti, le migliaia di feriti e l’enorme distruzione della città, una situazione già difficilissima a causa del Covid-19 e della presenza massiccia di profughi siriani. La risposta della comunità internazionale con la conferenza dei donatori promossa dal presidente francese Macron, cui l’Italia ha partecipato con il presidente Conte, è stata pronta e ha – giustamente – ribadito la necessità di un’indagine imparziale e indipendente per conoscere le cause della tragedia. Ha anche rilanciato l’urgenza di riforme in grado di ricostruire un rapporto di fiducia tra le istituzioni e il popolo libanesi.

   

PUBBLICITÁ

Sul piano economico e sociale il Libano si dibatte da tempo in una crisi profonda, culminata lo scorso 7 marzo con il primo default del paese e una pesantissima svalutazione della moneta nazionale. Particolarmente negativi sono tutti i principali indicatori macroeconomici con una contrazione attesa del pil del meno 8 per cento nel 2020 e un forte rialzo degli indicatori relativi alla povertà (che aumenterebbe nel 2019-2020 dal 22 al 45 per cento della popolazione) e alla povertà estrema (dal 16 al 22 per cento). Pur in presenza di un Piano di salvataggio presentato nei mesi scorsi alle istituzioni finanziarie internazionali, le diversità di opinione e di impostazione tra le stesse autorità libanesi hanno sin qui reso impossibile aprire un vero e concreto negoziato con il Fondo monetario internazionale (Fmi).

   

Il governo Diab, sostenuto dalla Cpl del presidente Aoun (maronita), da Amal e Hezbollah (sciiti), nonché da formazioni minori sunnite e alcuni indipendenti, e avversato dai principali partiti sunniti a cominciare dalla corrente Futuro dell’ex Premier Saad Hariri, si è rivelato troppo fragile per potere reggere questa “tempesta perfetta”.

   

   

PUBBLICITÁ

     

PUBBLICITÁ

La protesta popolare ripresa all’indomani dell’esplosione del 4 agosto è figlia di un profondo e legittimo malessere sociale e della richiesta anche delle nuove generazioni di un cambiamento radicale, con la quale tutti gli attori politici e istituzionali del Libano dovranno fare i conti nei prossimi giorni, sia che si tenti la strada di un nuovo esecutivo sia che ci si avvii lungo la via di elezioni anticipate. In sintesi, di fronte a sé il Libano ha una triplice sfida da vincere. Sul piano politico, raggiungere – attraverso un dialogo di unità nazionale – un nuovo punto di equilibrio interno rispetto a un sistema confessionale che se ha garantito la pace al paese, ha tuttavia ormai mostrato anche i suoi limiti. Sul piano economico, realizzare le riforme necessarie per favorire un nuovo sistema produttivo, non più basato solo sulla finanza e sul ruolo delle banche, ma in grado di generare uno sviluppo sostenibile a beneficio dell’intero paese. Sul piano geopolitico, evitare di farsi trascinare nelle tensioni e nelle crisi regionali che lo circondano, con i relativi effetti destabilizzanti. Ma il sentiero è stretto e il tempo per intervenire estremamente ridotto.

   

PUBBLICITÁ

    

   

In questo contesto davvero drammatico non c’è bisogno di ricordare l’interesse della comunità internazionale – e in primis dell’Europa e dell’Italia – di evitare in ogni modo il collasso del paese. Basti ricordare le dinamiche tra Libano e Israele che rimangono particolarmente complesse e conflittuali, come hanno evidenziato negli ultimi mesi i numerosi episodi di tensione lungo la Blue Line. La missione Unifil -– il cui mandato verrà rinnovato alla fine di questo mese alle Nazioni Unite – vede la partecipazione di un nostro importante contingente militare ed è guidata dal generale italiano Stefano Del Col. Questo ruolo di primo piano, il cui valore ed equilibrio ci viene riconosciuto da tutti, ci carica anche della responsabilità di mettere in campo ogni iniziativa utile a sostenere il Libano in questo momento così difficile. L’Italia ha fatto da tempo un investimento di lungo periodo nella sicurezza e nello sviluppo del Libano. Un investimento che dobbiamo continuare a coltivare. Del resto, i rapporti bilaterali con il paese dei cedri sono signficativi: nel campo della Difesa, con la missione di addestramento Mibil, sul piano economico con la presenza di importanti aziende nazionali, in materia di cooperazione internazionale, con il Libano inserito tra i paesi prioritari. Sono tutti argomenti che militano per un forte impegno e protagonismo dell’Italia, al fianco della Francia e nella cornice europea, per mettere in campo nuove risorse e progetti, andando oltre la pur importante solidarietà nell’emergenza di queste ore, per aiutare i libanesi nella ricostruzione di Beirut e nelle riforme necessarie a uscire dalla crisi.

    

Marina Sereni, viceministro per gli Affari esteri e la Cooperazione internazionale

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ