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editoriali

La favola del Ponte

Redazione

Il tunnel di Messina, un’altra narrazione cui il paese è stanco di credere

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Interrogato sulla possibilità di costruire il ponte sullo Stretto di Messina, Giuseppe Conte ha espresso una preferenza per una soluzione, quella del tunnel sottomarino, che appare quantomeno altrettanto illusoria di tanti altri “annunci del ponte” che costellano la storia italiana e che di volta in volta appaiono meno credibili agli occhi di un paese sempre più disincantato. Anche tralasciando i fattori oggettivi, il fatto che lo Stretto è più profondo della Manica, che invece di un ponte di tre chilometri e mezzo ci vorrebbe un tunnel di più di 30 chilometri: di questo, caso mai, si occuperà un comitato tecnico-scientifico. Quello che lascia sbalorditi è la facilità con cui si lanciano idee mirabolanti che ormai non convincono più nessuno. Peraltro un governo che si regge su un movimento, quello dei Cinque stelle, contrario quasi per principio alle grandi opere, appare assai poco titolato per avanzare ipotesi del genere. Il fatto stesso che non ci sia stata la solita levata di scudi contro l’idea di Conte è la dimostrazione che nessuno l’ha presa sul serio.

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Interrogato sulla possibilità di costruire il ponte sullo Stretto di Messina, Giuseppe Conte ha espresso una preferenza per una soluzione, quella del tunnel sottomarino, che appare quantomeno altrettanto illusoria di tanti altri “annunci del ponte” che costellano la storia italiana e che di volta in volta appaiono meno credibili agli occhi di un paese sempre più disincantato. Anche tralasciando i fattori oggettivi, il fatto che lo Stretto è più profondo della Manica, che invece di un ponte di tre chilometri e mezzo ci vorrebbe un tunnel di più di 30 chilometri: di questo, caso mai, si occuperà un comitato tecnico-scientifico. Quello che lascia sbalorditi è la facilità con cui si lanciano idee mirabolanti che ormai non convincono più nessuno. Peraltro un governo che si regge su un movimento, quello dei Cinque stelle, contrario quasi per principio alle grandi opere, appare assai poco titolato per avanzare ipotesi del genere. Il fatto stesso che non ci sia stata la solita levata di scudi contro l’idea di Conte è la dimostrazione che nessuno l’ha presa sul serio.

 

La fase che deve affrontare l’Italia è assai complessa e densa di incertezze. Se si riuscisse almeno a sbloccare le opere prioritarie e avviare qualche lavoro sarebbe molto. E’ su questo, sulla rimozione degli ostacoli legislativi e burocratici che rallentano o paralizzano l’Alta velocità, per fare un esempio elementare, che il premier, esperto di semplificazione, dovrebbe concentrarsi. Nessuno gli chiede i miracoli, ma è lecito aspettarsi una selezione seria degli obiettivi urgenti e fattibili. Il ponte di Messina, più di un decennio fa, fu uno dei cavalli di battaglia immaginifici di Berlusconi, prima affondato dal ministro Di Pietro (èra Prodi) poi di nuovo rilanciato e ancora affondato dal ministro Clini (èra Monti). In precedenza, una lunga via lastricata di società, revoche, penali, progetti accantonati degni di Verne più che di un paese europeo. Una narrazione, una favola italiana, una sirena in mezzo al mare che oggi non incanterebbe nemmeno Ulisse. Il primo vero progetto del ponte sarebbe uscire da questo equivoco.

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