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Salvini il terrone. "Dove è finita la nostra secessione?". Parla lo "sceriffo" Gentilini

Carmelo Caruso

“La Lega o è nord o non è Lega. Il campione è Luca Zaia. Salvini è un ingenuotto, brava Meloni”. Parla l'ex sindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini

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“L’unico vero martire della Lega sono io! Matteo Salvini è un fessacchiotto che si è lasciato turlupinare dai bolscevichi. Luca Zaia è il nostro ultimo campione. Al nord è rimasto solo lui”. E però, a difendere le ragioni del vecchio sogno padano è rimasto solo lei… “E’ vero, c’è solo Gentilini che difende la razza del Piave e poi c’è Luca che naturalmente è un allievo di Gentilini”. Non le piace il “capitano”? “Preferisco gli sceriffi”.

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“L’unico vero martire della Lega sono io! Matteo Salvini è un fessacchiotto che si è lasciato turlupinare dai bolscevichi. Luca Zaia è il nostro ultimo campione. Al nord è rimasto solo lui”. E però, a difendere le ragioni del vecchio sogno padano è rimasto solo lei… “E’ vero, c’è solo Gentilini che difende la razza del Piave e poi c’è Luca che naturalmente è un allievo di Gentilini”. Non le piace il “capitano”? “Preferisco gli sceriffi”.

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Dice che Donald Trump ha vinto per merito suo (“ha seguito le mie ricette”), che “la bestia comunista” ha messo nel sacco il segretario della Lega che adesso “abbaia alla luna”, dopo l’errore storico, anzi “boreale”, di cedere il potere perché “il potere non si cede mai, diamine”. Intervistiamo un monumento della Lega: “Nessuno mi può abbattere. Io non temo di attaccare le divinità. Posso permettermelo. Nella Lega di divinità ce n’è una e nessuno può criticarla. C’è l’obbligo del silenzio”. Giancarlo Gentilini è stato sindaco di Treviso dal 1994 al 2003, vicesindaco dal 2003 al 2013, “sono sempre molto amato. A Venezia riempivo piazza San Marco. Se avessero ascoltato me, oggi la Lega sarebbe ancora al governo e il Veneto avrebbe l’autonomia. La verità è che abbiamo fallito. Dovevamo incidere quando eravamo al massimo del nostro consenso. Dove è finita la secessione?”.

 

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Il nord, il loro nord, è infastidito. Non lo dicono i giornali che Salvini non legge perché hanno “l’attendibilità di Topolino”, ma Gentilini che respira i suoi sbuffi, le noie e i disagi degli imprenditori veneti che non apprezzano le trasvolate di Salvini in Calabria, in Sicilia, tutta quella tavola calda meridionale che ingurgita per dimostrare che anche lui è “ich bin ein terroner”. 

Se nasci come Lega nord non puoi riscoprirti nazionalista. E’ un tradimento. Un partito territoriale come il nostro non può trattare tutti allo stesso modo. Non ce l’ho con i meridionali, ma dico che il nostro partito era nato per altre ragioni. E’ per questo che la Lega, la nostra vecchia Lega, è finita. Ma io non cambio. Io resto ancorato al nord” assicura lo “sceriffo”.

 

Zaia, che è abile, pratica il distanziamento sociale da Roma, ma anche da Salvini che omaggia alla festa di Cervia con la segreta speranza di non farsi importunare in campagna elettorale, campagna che vuole iniziare e finire in solitudine. “Come me, rifiuta tutte le cariche che gli offrono. Non cede a Roma. E’ una città dove la cappa degli interessi finisce per cambiarti e snaturarti”.

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Dicono che la Lega stia calando nei sondaggi. Lei ci crede? “Siamo in caduta libera e senza paracadute”. E insomma, Gentilini smentisce le smentite della Lega. Il malessere c’è e la prudenza di Zaia è solo la trincea levantina, una furbizia per proteggersi dagli adulatori che vogliono utilizzarlo e dagli amici che sono però i suoi secondini. Nella Lega c’è il tentativo di ingabbiarlo?

 

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“E’ chiaro che ci sia questo tentativo. Zaia sta suscitando gelosie sempre più forti. Io dico che gli tolgono la terra da sotto i piedi. Va detto una volta per tutte. Se c’è un leghista che ha le carte in regola per fare il premier, quello è Luca” pensa Gentilini che non avrebbe mai aperto la crisi di governo.

 

E’ trascorso un anno dall’ubriacatura (di gradimento) di Salvini. Nel suo tour 2020 da detronizzato promette che tornerà a Palazzo Chigi. Ma per Gentilini più difficile di prendere il potere è riprendere il potere che non si è saputo conservare. “Salvini ha peccato d’ingenuità. Si è fidato come uno sciocco. Mi sembra un Don Chisciotte e i leghisti i suoi scudieri che combattono contro i mulini a vento”.

 

Secondo lo sceriffo gli mancano “i fondamentali della politica che Bossi, Maroni e Luca possiedono”. Non bastano i voti? “La popolarità gli ha dato alla testa e gli ha impedito di ragionare. S’è creduto onnipotente. Ricorda quei signori del Medioevo senza freni che i sudditi gettano poi nell’acqua bollente. Insomma, si sa come va a finire”. Non è che pure lei si sta innamorando di Giorgia Meloni? “E’ brava, mi piace. Fa quel che può e applica il metodo Gentilini: ordine, patria e famiglia. E’ protagonista nel vuoto. Promette bene. E non si fida dei bolscevichi”.

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