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La nemesi del frenetico Papeete. Ecco l’estate di Giuseppe Conte

Salvatore Merlo

L'anno scorso di questi tempi era tutto un botto e un petardo, un mojito di traverso. Ora è tutto un pensiamoci dopo, un serafico rinvio tra crisi e Covid 

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L’anno scorso di questi tempi era tutto un botto e un petardo, un darsele di santa ragione, un Papeete e un mojito di traverso, “Salvini fa il furbo”, diceva Di Maio. “La pazienza ha un limite”, rispondeva quell’altro. E allora si rincorrevano, poi si ficcavano i gomiti nel fianco, piroette, esagerazioni, la lira come orizzonte, lo spread e le fetecchie. Era agosto, proprio come oggi, e mentre al Quirinale già si cucinava il Bisconte, ecco che il segretario della Lega, non più ministro dell’Interno ma pur sempre Truce d’Italia, sfidava il precetto della canicola, quello secondo il quale, scriveva Ceronetti, “con il caldo è insensato pretendere qualcosa di ragionevole, di giusto e di possibile”. Insomma, quell’uomo dal metabolismo accelerato che aveva superato il 30 per cento dei consensi, senza nessuna comprensione per i diritti del calendario imponeva a se stesso e a tutti gli altri un ultimo salto nei cerchi di fuoco. Una corsa sotto il sole.

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L’anno scorso di questi tempi era tutto un botto e un petardo, un darsele di santa ragione, un Papeete e un mojito di traverso, “Salvini fa il furbo”, diceva Di Maio. “La pazienza ha un limite”, rispondeva quell’altro. E allora si rincorrevano, poi si ficcavano i gomiti nel fianco, piroette, esagerazioni, la lira come orizzonte, lo spread e le fetecchie. Era agosto, proprio come oggi, e mentre al Quirinale già si cucinava il Bisconte, ecco che il segretario della Lega, non più ministro dell’Interno ma pur sempre Truce d’Italia, sfidava il precetto della canicola, quello secondo il quale, scriveva Ceronetti, “con il caldo è insensato pretendere qualcosa di ragionevole, di giusto e di possibile”. Insomma, quell’uomo dal metabolismo accelerato che aveva superato il 30 per cento dei consensi, senza nessuna comprensione per i diritti del calendario imponeva a se stesso e a tutti gli altri un ultimo salto nei cerchi di fuoco. Una corsa sotto il sole.

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Assecondando ancora una volta l’istantaneità e il desiderio compulsivo di aderire senza posa agli umori del momento, credeva sul serio potesse uscire qualcosa di buono (per lui) da una crisi di governo aperta ad agosto, in Italia, con 40 gradi all’ombra. Un precipizio di eventi che a ripensarli oggi sembrano un lontano miraggio, quasi provocano uno stordimento che somiglia al torpore febbricitante in cui don Chisciotte vedeva dissolversi le illusioni, ora che a Palazzo Chigi c’è, sì, lo stesso capo del governo di prima, ma tutto è cambiato, perché ciò che prima era veloce ora è lento, ciò che prima era compulsivo ora è rasserenante, ciò che prima era istantaneo ora ha un passo quasi biblico. Un fenomeno che si spiega con il successo di Giuseppe Conte, con il suo prevalere negli equilibri di potere, ora che non è più il presidente di due vicepresidenti ma è davvero il presidente del Consiglio, ora che davvero sembra aver imposto il suo proprio ritmo al paese intero, in un’inspiegabile coincidenza che nel corso di questa estate trova nel rinvio, nel pensiamoci dopo, in pratica nel languore, insomma in tutto ciò che è il contrario della frenesia di Salvini, la sua più corretta incarnazione. E infatti gli italiani aspettano la ripresa del Covid, temono il ritorno della pandemia, ma intanto che attendono se ne vanno in vacanza anche senza mascherina, in ventisette milioni, e allora intasano le autostrade e fanno festeggiare Airbnb che segna un record di prenotazioni. In pratica rinviano la paura, proprio come Conte rinvia la riforma dei decreti sicurezza e anche la nuova legge elettorale. Que sera sera. Tutto a settembre, forse. E come il premier si mostra a torso nudo con la fidanza Olivia, al mare (e con un pizzico di Photoshop), così anche loro, gli italiani, si aspettano l’autunno nero della crisi economica e sociale, ma nel frattempo, trattenendo la pancia, contano sotto l’ombrellone i miliardi che arriveranno dall’Europa. Chi vivrà vedrà.

  

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I ministri ormai lo chiamano “frattanto”, il loro premier, perché di fronte a qualsiasi problema a Palazzo Chigi apre una parentesi, parla d’altro, e così trova nel rinvio, nel tempo inesorabile, la liberazione più difficile, come una pace. Al punto che la sua potrebbe essere definita – non a caso – una gestione “parentetica” della crisi, che sembra precisamente l’atteggiamento degli italiani nel corso di questo caldo e placido agosto che è solo il preludio di un autunno complicato, insomma una parentesi. Capita di spalancare la bocca per l’ammirazione per poi chiuderla sbadigliando, com’è successo con l’irrequieto Salvini, e capita di sbadigliare e trovarsi con la bocca aperta per l’ammirazione, come succede con il serafico Conte.

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