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Il centrodestra ha un nuovo leader: Giorgia Meloni

Claudio Cerasa

Dopo l’estate del Papeete, Salvini non ne ha più azzeccata una. Risultato: il punto di riferimento della destra oggi è la leader di FdI. La sfida del partito del pil, il rischio delle regionali, l’altro trucismo e la strada da scegliere

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E’ passato esattamente un anno dalla splendida estate in cui Matteo Salvini chiese per sé, in mutande al Papeete, i pieni poteri per guidare l’Italia e un anno dopo il suicidio politico del leader più popolare del paese la domanda giusta da porsi per ragionare sulle conseguenze a lungo termine della disfatta salviniana riguarda un tema solo apparentemente paradossale che suona grosso modo così: a far tesoro della lenta e progressiva caduta del salvinismo saranno più i suoi avversari o i suoi alleati? Un anno dopo il passaggio dai pieni poteri ai pieni poderi da parte di Salvini rispondere a questa domanda non è semplice. Ma due ipotesi si possono azzardare. La prima ha a che fare con il profilo del governo, la cui esistenza oggi non è più legata solo alla necessità di tenere lontano da Palazzo Chigi un leader che, per sua stessa ammissione, avrebbe voluto utilizzare i suoi pieni poteri per portare l’Italia fuori dall’Europa. Ma è legata anche a una nuova dimensione possibile a cui potrebbe ambire il governo Conte, che coincide con l’opportunità di fare dell’Europa non solo uno scudo con cui difendersi ma anche un orizzonte da seguire per provare a efficientare il paese (viva le condizionalità!). 

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E’ passato esattamente un anno dalla splendida estate in cui Matteo Salvini chiese per sé, in mutande al Papeete, i pieni poteri per guidare l’Italia e un anno dopo il suicidio politico del leader più popolare del paese la domanda giusta da porsi per ragionare sulle conseguenze a lungo termine della disfatta salviniana riguarda un tema solo apparentemente paradossale che suona grosso modo così: a far tesoro della lenta e progressiva caduta del salvinismo saranno più i suoi avversari o i suoi alleati? Un anno dopo il passaggio dai pieni poteri ai pieni poderi da parte di Salvini rispondere a questa domanda non è semplice. Ma due ipotesi si possono azzardare. La prima ha a che fare con il profilo del governo, la cui esistenza oggi non è più legata solo alla necessità di tenere lontano da Palazzo Chigi un leader che, per sua stessa ammissione, avrebbe voluto utilizzare i suoi pieni poteri per portare l’Italia fuori dall’Europa. Ma è legata anche a una nuova dimensione possibile a cui potrebbe ambire il governo Conte, che coincide con l’opportunità di fare dell’Europa non solo uno scudo con cui difendersi ma anche un orizzonte da seguire per provare a efficientare il paese (viva le condizionalità!). 

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Fino a oggi, dunque, ad aver trasformato in oro la resistenza al salvinismo è stato indubbiamente il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che gode ancora di una popolarità molto alta. Ma a un anno di distanza dalla gloriosa stagione del Papeete occorre riconoscere che oltre a Conte c’è anche un altro soggetto politico che ha surfato bene sull’onda lunga della crisi salviniana e quel soggetto ha il volto di Giorgia Meloni. Il leader di Fratelli d’Italia può non piacere e chi legge questo giornale sa che il suo partito non è our cup of tea. Ma a voler dare ascolto ai sondaggi e a giudicare anche dagli equilibri raggiunti oggi dalla coalizione di centrodestra in vista delle prossime regionali, non si commette un errore nel notare che mentre un anno fa il federatore-mediatore del centrodestra si chiamava Matteo Salvini oggi il federatore-mediatore si chiama Giorgia Meloni. Al 30 luglio, secondo la media dei sondaggi realizzata da YouTrend, Fratelli d’Italia ha raggiunto il 15 per cento, guadagnando circa 9 punti rispetto all’estate del Papeete, quando il partito di Meloni aveva il 6,4 per cento. E a un mese e mezzo dalle regionali il centrodestra, grazie alla spinta di Meloni, è riuscito in un’operazione mica da poco: presentarsi alle regionali con una coalizione che ha nei fatti sbianchettato il salvinismo. Pensateci un attimo. In Veneto, chi è il governatore candidato del centrodestra? Luca Zaia, l’alternativa al salvinismo nella Lega. Nelle Marche chi è il governatore candidato del centrodestra? Non un salviniano ma un meloniano come Francesco Acquaroli, espressione di Fratelli d’Italia. Lo stesso vale in Puglia, dove il candidato del centrodestra è Raffaele Fitto, sempre di Fratelli d’Italia, e lo stesso vale per la Campania, dove il candidato del centrodestra è un politico che la Lega aveva tentato di non avere, ovvero l’ex governatore Stefano Caldoro, di Fratelli d’Italia.

 

L’unica salviniana pura candidata, se si vuole escludere Giovanni Toti in Liguria che salviniano comunque non è, è Susanna Ceccardi in Toscana. E in pratica, a un anno dal Papeete, il salvinismo, dopo il disastro dell’Emilia-Romagna, verrà di fatto misurato in una delle regioni in cui il centrodestra ha meno possibilità di vincere le elezioni. Sotto questa luce, le regionali di settembre saranno dunque un test più per la nuova leadership del centrodestra che per quella passata. E a questo risultato Giorgia Meloni arriva grazie a un piccolo capolavoro politico composto da diversi fattori. Il primo fattore riguarda una tattica che finora ha funzionato bene: capire quando Salvini si spinge oltre, evitare di seguirlo su quella strada e mettere in evidenza le differenze tra chi sa quando ci si può fermare, su alcuni temi, e chi invece non lo sa. Il ragionamento vale per esempio quando si parla di Europa e Meloni, pur rincorrendo Salvini sul tema per esempio del Mes, non perde invece occasione per dire, a differenza di Salvini, che l’euro non è un problema e che semmai il problema è come cambiare l’Europa (e anche gli alleati contano: in Europa, il partito post fascio di Meloni non è alleato con i nuovi fasci d’Europa, tipo l’AfD, ma è alleato con i conservatori, critici con l’Europa ma non al punto da volerne uscire). A questo poi va aggiunto un altro elemento interessante che non può sfuggire all’occhio dell’osservatore più attento: in una stagione in cui buona parte del partito del pil è alla ricerca di un autore che non trova né in Salvini né nella compagine di governo, per ragioni di inerzia il partito di Meloni è diventato un interlocutore più affidabile di altri partiti sul tema della rappresentanza della classe imprenditoriale (chiedere per credere a Carlo Bonomi e al suo consigliere Oscar Giannino legato da una vecchia e sincera amicizia con la leader di Fratelli d’Italia). Può sembrare difficile da credere, poi, ma se ci si pensa bene, anche sotto questo aspetto sta facendo con il suo partito esattamente quello che vorrebbero fare con i loro partiti sia Renzi sia Calenda: conquistare leghisti disillusi, portare dalla propria parte i grillini incazzati, sedurre gli imprenditori disorientati, triangolare con il mondo confindustriale, rosicchiare voti al centrodestra berlusconiano e presentarsi come un’alternativa al populismo grillino (a differenza di Salvini, di Renzi e di Zingaretti non si è mai alleata con il M5s) e anche a quello salviniano (votate me se non volete ritrovarvi quel brutto ceffo lì a Palazzo Chigi).

 

Al di là delle singole posizioni della Meloni (sull’immigrazione, ma non solo, le sue posizioni riescono a essere più fuori dal mondo di quelle di Salvini) il vero problema politico del leader di Fratelli d’Italia è non aver ancora scelto del tutto che fare da grande. Se essere cioè una destra repubblicana che mangia in testa alla crisi di Salvini (per farlo servirebbe avere una classe dirigente, cosa che ancora non si vede) o se essere un clone al femminile della destra modello Papeete (a parte Bonino, Meloni è l’unico leader donna della politica italiana e contro il machismo nazionalista l’essere donna è un valore aggiunto) che fa della moderazione non un fine ma solo un mezzo per poter andare al governo. In attesa della scelta, e del risultato delle regionali, la notizia però c’è. Il centrodestra oggi ha un nuovo leader. Le elezioni di settembre ci aiuteranno a capire se la nuova leadership è meno precaria e meno pericolosa rispetto a quella precedente.

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