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Forza Italia, geografia del marasma. La legge elettorale è un liberi tutti

Valerio Valentini

Brunetta propone il proporzionale purissimo, ma quanti deputati lo seguono? Imbarazzi e defezioni verso la Lega e Calenda

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Roma. Bastassero le cene, definire una geografia del marasma sarebbe facile. Renato Brunetta, per la sua festa di compleanno nella sua villa a Malagrotta, due settimane fa ne ha radunati ottanta, tra deputati e senatori. “La sua apertura sul proporzionale convince tanti di noi”, dice Osvaldo Napoli. Il quale, però, a metà settembre scorso partecipò anche a un’altra cena, quella che ai Parioli aveva organizzato Mara Carfagna: una sessantina i coperti prenotati. Poi, quando si parlò di costituire un gruppo, venti giorni più tardi, fece fatica a indrappellarne quindici, dei “suoi”. Dal che insomma si capisce che no, le uscite serali, le frequentazioni mondane, non bastano a fare una corrente, in Forza Italia. E allora si capisce perché, di fronte al subbuglio azzurro, Enrico Borghi, deputato del Pd che pure è tra gli animi dialoganti della truppa, predichi calma: “Intanto, apprezzerei le aperture che Renzi ha fatto di nuovo sul proporzionale, sapendo che vanno poi verificate alla prova dei fatti. Ma comunque suggerirei cautela a chi già immagina di levare un pezzo della maggioranza per sostituirlo con un altro”.

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Roma. Bastassero le cene, definire una geografia del marasma sarebbe facile. Renato Brunetta, per la sua festa di compleanno nella sua villa a Malagrotta, due settimane fa ne ha radunati ottanta, tra deputati e senatori. “La sua apertura sul proporzionale convince tanti di noi”, dice Osvaldo Napoli. Il quale, però, a metà settembre scorso partecipò anche a un’altra cena, quella che ai Parioli aveva organizzato Mara Carfagna: una sessantina i coperti prenotati. Poi, quando si parlò di costituire un gruppo, venti giorni più tardi, fece fatica a indrappellarne quindici, dei “suoi”. Dal che insomma si capisce che no, le uscite serali, le frequentazioni mondane, non bastano a fare una corrente, in Forza Italia. E allora si capisce perché, di fronte al subbuglio azzurro, Enrico Borghi, deputato del Pd che pure è tra gli animi dialoganti della truppa, predichi calma: “Intanto, apprezzerei le aperture che Renzi ha fatto di nuovo sul proporzionale, sapendo che vanno poi verificate alla prova dei fatti. Ma comunque suggerirei cautela a chi già immagina di levare un pezzo della maggioranza per sostituirlo con un altro”.

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Segnale dunque che la tentazione c’è, ai piani alti del Nazareno: utilizzare il veto renziano sul “Germanicum” per aprire una crisi e rimpiazzare i recalcitranti alleati di Iv coi nuovi potenziali amici di FI. Se non fosse, però, che nella nebulosa impazzita dei parlamentari azzurri è difficile fare la conta. E così, mentre Brunetta (e, dietro le quinte, Gianni Letta), promette la non belligeranza sul proporzionale, Francesco Paolo Sisto dirige i suoi deputati in commissione Affari costituzionali come una falange armata: “Noi il proporzionale – ha fatto sapere al Pd – ve lo votiamo solo se prevede un premio alla coalizione”. Una riedizione del Porcellum: sai che affare. Graziano Delrio l’ennesima conferma dello sconquasso azzurro ce l’ha avuta la scorsa settimana: quando, in conferenza di capigruppo, il presidente Fico ha proposto l’istituzione di una commissione speciale per il Recovery. Quella, appunto, rivendicata da Brunetta: quella che dovrebbe suggellare un accordo politico con ricadute anche sulla legge elettorale. E però, al dunque, l’azzurra Mariastella Gelmini non ha detto una parola, per sostenere l’iniziativa. Anzi. “Quella commissione sarebbe l’apoteosi di Brunetta, non di FI”, si sono poi sfogati i deputati del Cav. I quali, interrogando il loro “caro Renato” sul perché di quella fuga in avanti sul proporzionale, si sono sentiti parlare, nientedimeno, della Risiera di San Sabba: il lager triestino dove, per dirla con Brunetta, “ne eliminavano una per volta, ma alla fine non rimase nessuno”. Paragone macabro, ma non privo di efficacia: se è vero che un po’ tutti, in Forza Italia, cercano un approdo per il futuro prossimo, quello ciò che si spalancherà all’indomani delle regionali del 21 settembre.

 

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Al Senato siamo ormai al liberi tutti, per la gioia e la speranza di Renzi. E alla Camera lo scenario è analogo. Ieri, per dire, è stata la volta di Benedetta Fiorini, che la Gelmini era convinta di aver trattenuto concedendole il ruolo di segretaria nella commissione Attività produttive: lei, per tutta risposta, è passata con la Lega. Il giorno prima, invece, era stato Enrico Costa a salutare la comitiva, in direzione di Carlo Calenda. Che, d’altronde, attrae non poco perfino la Gelmini. La quale, stando alle maldicenze che si raccontano nel cerchio ristretto dei confidenti del Cav., avrebbe addirittura proposto a Berlusconi di ribattezzare la pattuglia a Montecitorio: “Nei sondaggi Calenda va fortissimo: perché non lo coinvolgiamo e cambiamo il nome del gruppo in ‘Forza Italia-Azione’?”. La Reazione del Cav., a quanto pare, è stata furibonda. O forse amareggiata. Altro che convergenze sulla legge elettorale.

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