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Migranti? Dritti al sodo, senza toni di bandiera

Giuliano Ferrara

La questione mediterranea non può tornare a essere un tema di battaglia ideologica e speculazione bieca. La svolta che serve ha due dimensioni: Europa e integrazione. Smontare la Orfini’s list

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Matteo Orfini è un parlamentare del Partito democratico, già suo presidente, polemico con il gruppo dirigente, come il sindaco di Bergamo e tanti altri. Non ci fosse, un’opposizione interna, il Pd dovrebbe inventarla, il che sarebbe imbarazzante. Invece c’è. Invoca maggiore fermezza con l’alleato di governo grillino, esige identità e visione, critica alcuni aspetti del lavoro di Conte e dei suoi ministri, anche con asprezza, soprattutto pretende che si azzeri senza indugiare la brutta esperienza del Conte1, il governo con il senatore Salvini all’epoca, mai tramontata peraltro se non “in name”, del trucismo.

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Matteo Orfini è un parlamentare del Partito democratico, già suo presidente, polemico con il gruppo dirigente, come il sindaco di Bergamo e tanti altri. Non ci fosse, un’opposizione interna, il Pd dovrebbe inventarla, il che sarebbe imbarazzante. Invece c’è. Invoca maggiore fermezza con l’alleato di governo grillino, esige identità e visione, critica alcuni aspetti del lavoro di Conte e dei suoi ministri, anche con asprezza, soprattutto pretende che si azzeri senza indugiare la brutta esperienza del Conte1, il governo con il senatore Salvini all’epoca, mai tramontata peraltro se non “in name”, del trucismo.

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Uno dei cavalli di battaglia di Orfini e di altri è la relazione dell’autorità di governo con l’immigrazione clandestina, e se vogliamo l’espressione è anche impropria. La mobilità transfrontaliera è stata per alcun tempo bloccata dalla pandemia, con ragioni evidenti, plateali, irrecusabili. La brutta faccenda ha coinvolto cinesi, est europei, americani, brasiliani. Per non soffocare il turismo e lo scambio, decisive leve di vita economica e di lavoro per persone e imprese, il blocco si è via via attenuato, ma non è finito, con provvedimenti in reciprocità di cui il gruppo di Shengen dell’Unione europea è stato all’avanguardia.

 

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L’epidemia aveva preso e non ha ancora perso la faccia dello straniero, non importa se ricco o povero, non importa se con gli occhi a mandorla o no, e una scia di timore, con episodi di imbarazzante imbecillità nativista, del tutto ingiustificati viste le procedure autoctone del contagio, ha sigillato il paese che ha discretamente combattuto il virus con un tempestivo confinamento e con misure di salvaguardia e di aiuto sociale encomiabili, premiate da una svolta di convergenza e solidarietà attiva a Bruxelles.

 

Ora si ripresenta la questione mediterranea, libica, tunisina, la fuga dalle crisi umanitarie e economiche, un arrembaggio peraltro ancora non di proporzioni eccezionali ai molti chilometri di costa marittima del nostro paese, e alle regioni e località del meridione più esposte. Quella questione è evidentemente un problema da risolvere, non deve tornare a essere, in un senso o nell’altro, un tema di battaglia ideologica o di speculazione bieca. L’Economist di Londra, giornale “invasionista” come direbbe il nostro nativista preferito, lo squisito scrittore e l’uomo libero di testa che risponde al nome maschio cattolico italiano di Camillo Langone, usa argomenti e toni civili per analizzare il fenomeno della nuova intrattabilità delle immigrazioni e degli scambi, che non è solo italiano e costiero bensì mondiale. Luciana Lamorgese, ministro dell’Interno al posto del guardiacostiero che sequestrava anche la guardia costiera con circolari da spiaggia, usa anche lei toni civili e argomenti razionali. Si parte dal salvataggio in mare, che non è più messo in discussione da alcuno, e dal porto sicuro, per estendere il dossier dai risvolti umani a tutta l’Europa, che deve sentirsene responsabile, e per organizzare dissuasioni e rimpatri capaci di non far crollare nell’equivoco e nel disastro, anche d’opinione, un governo ragionevole delle frontiere nazionali. L’abrogazione dei decreti sicurezza è nei fatti e nelle procedure, nelle parole e nei comportamenti, innanzitutto, e si prepara anche la discussione parlamentare di un testo legislativo di sostituzione e superamento.

 

Penso che sarebbe saggio, da parte dell’ala del Pd più sensibile alla radicale discontinuità con un’esperienza vergognosa di maltrattamento delle persone imbarcate e bisognose di una sponda di salvezza, dismettere i toni di bandiera e andare al sodo. Quanti soldi si stanziano, al di là della politica dei rimpatri e dell’isolamento cautelare dei nuovi arrivi, necessaria nell’emergenza, per l’integrazione, per il rispetto della dignità umana degli immigrati e dei rifugiati, per costruire strumenti europei, in sede Onu, leve internazionali capaci di abrogare lo scandalo dei centri di detenzione africani e libici? La cura non solo finanziaria della situazione succeduta, transitoriamente e precariamente, ai mesi di espansione spettacolare della pandemia, richiede una svolta, per la quale ci sono o devono comunque essere reperite e stanziate risorse, con strumenti e tecniche. Avendo sempre in mente la soluzione di problemi acuti, percepiti come tali da una quantità enorme di italiani, invece che scontri di posizione ciechi alla presa del reale sugli avvenimenti. C’è da augurarsi che, senza rinunciare ai principi e al confronto anche duro su timidezze e errori del governo e del parlamento, Orfini e gli altri se ne rendano conto.

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