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Il governo non è più solo un’accozzaglia

Claudio Cerasa

La maggioranza è fragile e a volte impresentabile. Ma ha un senso diverso rispetto a un anno fa. Grazie all’Europa ha svuotato il sovranismo e ora si ritrova persino con un progetto. La differenza tra scambio e mediazione. Indagine sine ira et studio

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In un serissimo editoriale pubblicato ieri su Repubblica, il sempre attento Claudio Tito ha commentato l’operazione realizzata dal governo su Autostrade definendola come l’ennesima prova di una maggioranza sfilacciata, slabbrata, scombiccherata, che non fa altro che dimostrare ogni giorno il suo vero tratto identitario: navigare a vista. Tito ha ragione quando sottolinea che il governo tende a spacciare per rivoluzionario “anche un semplice tagliando al motore”. Ma a quasi un anno dalla nascita del governo giallorosso ciò che forse meriterebbe di essere messo a fuoco con attenzione, sine ira et studio, riguarda un fatto politico ben più interessante delle tradizionali polemiche sull’instabilità dei governi. E quel fatto politico, anche alla luce del caso Autostrade, è abbastanza rilevante e ha a che fare con una trasformazione significativa della maggioranza, passata dall’essere una sterile accozzaglia tenuta in piedi solo per evitare che Salvini potesse andare al governo (che resta comunque un programma niente male) a essere un’armata brancaleone capace di governare con una tecnica, un metodo, un senso e persino un progetto politico.

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In un serissimo editoriale pubblicato ieri su Repubblica, il sempre attento Claudio Tito ha commentato l’operazione realizzata dal governo su Autostrade definendola come l’ennesima prova di una maggioranza sfilacciata, slabbrata, scombiccherata, che non fa altro che dimostrare ogni giorno il suo vero tratto identitario: navigare a vista. Tito ha ragione quando sottolinea che il governo tende a spacciare per rivoluzionario “anche un semplice tagliando al motore”. Ma a quasi un anno dalla nascita del governo giallorosso ciò che forse meriterebbe di essere messo a fuoco con attenzione, sine ira et studio, riguarda un fatto politico ben più interessante delle tradizionali polemiche sull’instabilità dei governi. E quel fatto politico, anche alla luce del caso Autostrade, è abbastanza rilevante e ha a che fare con una trasformazione significativa della maggioranza, passata dall’essere una sterile accozzaglia tenuta in piedi solo per evitare che Salvini potesse andare al governo (che resta comunque un programma niente male) a essere un’armata brancaleone capace di governare con una tecnica, un metodo, un senso e persino un progetto politico.

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La direzione del governo può piacere o no, ma non si può negare che la fase della maggioranza che vive solo alla giornata è più o meno venuta a mancare nel momento stesso in cui la maggioranza si è ritrovata a fare un bagno di realtà affrontando, e facendo anche molti meno danni del previsto, la stagione della pandemia. E se si ha la forza di osservare, sempre sine ira et studio, quello che sta succedendo all’Italia non si potranno non mettere in fila alcuni fatti eclatanti. Il primo fatto riguarda l’Europa e sarebbe interessante sapere chi due anni fa avrebbe scommesso che il Parlamento più pazzo e meno europeista della storia della Repubblica si sarebbe ritrovato oggi a farsi guidare mano nella mano nella progettazione del futuro, dall’Europa di Ursula von der Leyen e di Christine Lagarde, dalla Germania di Angela Merkel e dalla Francia di Emmanuel Macron. Fino a un anno fa, l’Europa poteva essere considerata come un semplice e opportunistico fiocco da utilizzare per rendere più presentabile la pazza maggioranza nata per non regalare i pieni poteri a Salvini. Un anno dopo, però, quel fiocco è diventato qualcosa di diverso. E oggi l’Europa non è solo un cosmetico utile a rendere presentabile il non presentabile ma è diventata un progetto utile per costruire il futuro. E lo è non per ragioni retoriche ma perché la battaglia del Recovery fund è una battaglia che legherà l’Italia all’Europa anche in senso pratico, dato che spendere quei soldi sarà possibile solo a condizione (condizione: ops!) di presentare progetti che siano in sintonia con le splendide raccomandazioni della Commissione europea.

 

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Il secondo fatto eclatante è che, al contrario di ciò che sostenevano un anno fa i nemici del governo rossogiallo, la traiettoria imboccata da questa pazza maggioranza non ha avuto l’effetto di rafforzare il nazionalismo ma al contrario ha contribuito a svuotare alcuni serbatoi del sovranismo (c’è qualcuno che ha ancora voglia di sentire fregnacce xenofobe, sciocchezze isolazionistiche e stupidaggini protezionistiche?) mettendo il salvinismo nelle condizioni di passare dalla gloriosa stagione dei pieni poteri alla possibile stagione dei pieni poderi (e anche gli alleati di Salvini sembrano avere parecchia voglia di ridimensionare la leadership salviniana). E il fatto stesso che oggi la principale occupazione degli antieuropeisti sia quella di sgridare le istituzioni europee per non aver fatto abbastanza in questi mesi offre la dimensione stessa di una rivoluzione niente male: un tempo i sovranisti chiedevano all’Europa di togliersi dalle balle, oggi i sovranisti chiedono di fare di più.

 

Il terzo fatto eclatante che riguarda il percorso seguìto dalla maggioranza rossogialla – che di danni ne ha fatti, naturalmente, pensiamo alla giustizia, pensiamo all’abolizione della prescrizione, pensiamo al disastro dell’Ilva, pensiamo al poco coraggio su Alitalia, pensiamo alla miopia sulle politiche del lavoro, pensiamo all’immobilismo sulla pubblica amministrazione – è l’aver in qualche modo dimostrato che il populismo becero può funzionare bene su Twitter ma non può funzionare quando si arriva al governo. La concessione ad Autostrade doveva essere revocata e la revoca non c’è stata. Il Mose doveva essere bloccato e invece oggi il Mose viene inaugurato. I vaccini dovevano essere combattuti e invece oggi non si aspetta altro che l’arrivo di un vaccino. La Tav doveva essere bloccata e la Tav invece si farà. La Gronda doveva essere bloccata e la Gronda invece si farà. Il Parlamento doveva essere aperto come una scatoletta di tonno e gli apritori di scatolette sono invece diventati il tonno che difende la scatoletta. Il populismo al governo si è rivelato come una grande tigre di carta – e lo spettacolo del populismo impegnato a rinnegare se stesso per provare a essere presentabile è uno spettacolo per cui vale la pena pagare il biglietto – e c’è da scommettere che alla fine i grandi nemici del Mes accetteranno anche di prendere i soldi del Mes attingendo da una pratica politica un tempo considerata tabù: la ricerca di un punto di incontro. E in fondo, Europa a parte, la discontinuità tra il governo attuale e quello precedente sta proprio qui: la fine della politica dello scambio, l’inizio della politica della mediazione. La maggioranza è fragile, scombiccherata, instabile, migliorabile e a volte persino impresentabile. Ma una maggioranza che si affida alla mediazione facendosi tenere la mano dall’Europa è sì una maggioranza che può non piacere, ma che un progetto ce l’ha. E forse, guardandosi in giro, continua a essere ciò che di meno peggio oggi può offrire l’Italia.

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