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Movimento 5 parenti

Salvatore Merlo

Se cercate l’antico meridione eccessivo di “mammeta, pateto, frateto e sorete” è nel M5s romano che dovete guardare

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Roma. “Vede architetto, è tutta una catena di affetti che né io e né lei possiamo spezzare”, diceva nel film “Amici miei” il Sassaroli al Melandri. “Lei ama mia moglie, mia moglie è affezionatissima al cane Birillo. Birillo adora le bambine. Le bambine sono attaccatissime alla governante…”. E allora sembra un film comico di Germi o un paradossale Carlo Verdone, ma è invece la realtà: a Roma, dove com’è noto governa il più endogamico dei partiti dell’Europa occidentale – nel senso che i grillini sono praticamente tutti fidanzati o sposati tra loro – ecco che la sindaca Virginia Raggi se la deve vedere ancora una volta con quella “catena di affetti”, appunto, che nella Capitale, e non solo nella Capitale, è il M5s (in Parlamento, per dire, Paola Taverna è fidanzata col senatore Stefano Vignaroli e Vito Crimi è sposato con la deputata Paola Carinelli). Un Movimento per parenti, o come direbbe il presidente Conte: un Movimento per congiunti. Martedì a Roma si è dimesso infatti il presidente della commissione Rifiuti Marco Cacciatore, sbattendo la porta, stracciando forse (in mancanza di tessere) anche la password di accesso a Rousseau, dopo aver anche litigato e mandato a quel paese – ecco che torna la famiglia – pure il marito della sindaca Raggi, il militante (grillino) Andrea Severini.

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Roma. “Vede architetto, è tutta una catena di affetti che né io e né lei possiamo spezzare”, diceva nel film “Amici miei” il Sassaroli al Melandri. “Lei ama mia moglie, mia moglie è affezionatissima al cane Birillo. Birillo adora le bambine. Le bambine sono attaccatissime alla governante…”. E allora sembra un film comico di Germi o un paradossale Carlo Verdone, ma è invece la realtà: a Roma, dove com’è noto governa il più endogamico dei partiti dell’Europa occidentale – nel senso che i grillini sono praticamente tutti fidanzati o sposati tra loro – ecco che la sindaca Virginia Raggi se la deve vedere ancora una volta con quella “catena di affetti”, appunto, che nella Capitale, e non solo nella Capitale, è il M5s (in Parlamento, per dire, Paola Taverna è fidanzata col senatore Stefano Vignaroli e Vito Crimi è sposato con la deputata Paola Carinelli). Un Movimento per parenti, o come direbbe il presidente Conte: un Movimento per congiunti. Martedì a Roma si è dimesso infatti il presidente della commissione Rifiuti Marco Cacciatore, sbattendo la porta, stracciando forse (in mancanza di tessere) anche la password di accesso a Rousseau, dopo aver anche litigato e mandato a quel paese – ecco che torna la famiglia – pure il marito della sindaca Raggi, il militante (grillino) Andrea Severini.

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Così improvvisamente, da ieri, con curiosità, tutti gli occhi sono puntati sulla compagna del dimissionario Cacciatore, sulla madre dei suoi figli, che si chiama Simona Ficcardi, che è ovviamente grillina pure lei, ed è chiaramente anche lei consigliera capitolina del Movimento cinque stelle. Che farà la Ficcardi? E quanti altri amici, parenti e affini, tutti militanti, seguiranno in caso la fuoriuscita? La domanda è lecita, considerati i precedenti. D’altra parte ogni vaffa tra colleghi, ogni litigio interno al M5s, ogni pretesa individuale, a Roma s’è fino a oggi trasformata in una faida famigliare o in una valanga di dimissioni e di promozioni, di minacce e di blandizie, tra mogli, fidanzate, mariti, conviventi e affini. Quando per esempio Enrico Stefàno, uno dei leader grillini della Capitale, non riuscì a farsi nominare presidente del Consiglio comunale al posto del suo compagno di partito Marcello De Vito (finito in carcere), ecco che il Movimento aveva subito promosso sua moglie, cioè la signora Veronica Mammì, rapidamente proiettata al rango di assessore alle Politiche sociali e sottratta al ruolo ben più marginale che aveva al VII municipio, lì dove ricopriva lo stesso incarico (guarda caso) che aveva, ma al III municipio, la signora Giovanna Tadonio che (guarda caso) era a sua volta la moglie di quel De Vito di cui Stefàno non era riuscito a prendere il posto.

 

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Non si capisce quasi niente, il lettore non si preoccupi, ma s’intuisce il tetris, il gioco d’incastri e di parentele, o se volete il kamasutra, in definitiva proprio “la catena d’affetti che nessuno può spezzare”, neanche Virginia Raggi. Un’opera dell’ingegno espressionista della commedia all’italiana, quasi la rinascita perfetta delle maschere della pizza e della pasta al sugo, tutte cose dovrebbero tuttavia essere prese drammaticamente sul serio, studiate, chissà, nei corsi di laurea in scienze politiche: la scissione per parenti, la mozione dei congiunti, il sollevamento di famiglia, il congresso dei conviventi… Ecco. Nel M5s è cominciato anche questo. Perché il sindaco Raggi ha una sfidante interna che si chiama Monica Lozzi, che ha ovviamente un marito, che si chiama Adriano Monti e che – manco a dirlo – è grillino ed è pure il suo principale sostenitore. Su Facebook, con cadenza quasi quotidiana, affibbia nomignoli satirici a tutti gli altri grillini, dalla sindaca nemica della moglie in giù.

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