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Movimento 5 schizzi

Redazione

Lotta nel fango tra puri: dopo Di Matteo contro Bonafede, Casaleggio contro Report

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Si direbbe che è una nemesi, o un’applicazione della legge del contrappasso per i viventi. Al momento è solo uno spettacolo, non di grande qualità, ma comunque interessante per far emergere tutte le contraddizioni di un partito che doveva aprire la scatoletta di tonno e invece ci si è infilato dentro. Parliamo del M5s, che ora lotta contro il proprio spirito delle origini, che è entrato in conflitto con i propri simboli e idoli di gioventù. L’ultimo capitolo è lo scontro tra Davide Casaleggio e “Report”. La trasmissione giornalistica della Rai ha fatto una delle sue inchieste in cui accusa il capo di Rousseau di essere poco trasparente con i conti della sua associazione. Casaleggio, dal canto suo, contrattacca. Dice di aver denunciato “Report” per diffamazione (proprio ciò che faceva la “kasta” contro la libera informazione) e accusa la trasmissione della Rai di diffondere “fake news”, attraverso notizie parziali e non verificate e di fare giornalismo con “morbosità” e il conduttore Sigfrido Ranucci di guadagnare troppi soldi pubblici: “Ranucci tagliati lo stipendio”. Vedere Davide Casaleggio, che con l’azienda di famiglia ha fatto per anni business con i siti di bufale “Tzetze” e “la Fucina”, accusare “Report” di diffondere fake news è di per sé un po’ come quella storia del bue che dà del cornuto all’asino.

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Si direbbe che è una nemesi, o un’applicazione della legge del contrappasso per i viventi. Al momento è solo uno spettacolo, non di grande qualità, ma comunque interessante per far emergere tutte le contraddizioni di un partito che doveva aprire la scatoletta di tonno e invece ci si è infilato dentro. Parliamo del M5s, che ora lotta contro il proprio spirito delle origini, che è entrato in conflitto con i propri simboli e idoli di gioventù. L’ultimo capitolo è lo scontro tra Davide Casaleggio e “Report”. La trasmissione giornalistica della Rai ha fatto una delle sue inchieste in cui accusa il capo di Rousseau di essere poco trasparente con i conti della sua associazione. Casaleggio, dal canto suo, contrattacca. Dice di aver denunciato “Report” per diffamazione (proprio ciò che faceva la “kasta” contro la libera informazione) e accusa la trasmissione della Rai di diffondere “fake news”, attraverso notizie parziali e non verificate e di fare giornalismo con “morbosità” e il conduttore Sigfrido Ranucci di guadagnare troppi soldi pubblici: “Ranucci tagliati lo stipendio”. Vedere Davide Casaleggio, che con l’azienda di famiglia ha fatto per anni business con i siti di bufale “Tzetze” e “la Fucina”, accusare “Report” di diffondere fake news è di per sé un po’ come quella storia del bue che dà del cornuto all’asino.

 

Ma c’è di più. Perché le accuse nei confronti del giornalismo a tesi di “Report” non sono nuove, sono le stesse di tutti quelli che ci sono passati sotto. Ma era proprio quello che piaceva al M5s, tanto che pochi anni fa propose Milena Gabanelli – la fondatrice di “Report” e dei suoi metodi – come candidata al Quirinale. Ora nel M5s quel metodo, tanto apprezzato sugli altri, non piace quando applicato a se stessi. E’ il sequel giornalistico del litigio giudiziario tra il ministro Alfonso Bonafede e il magistrato Nino Di Matteo, una volta simbolo dell’antimafia in purezza e della cultura del sospetto grillina. Ora che il sospettato è Bonafede, i grillini scoprono il valore del garantismo e l’inciviltà delle insinuazioni. Così Casaleggio con “Report”. “Finiranno per arrestarsi tra di loro”, profetizzava Massimo Bordin. Per il momento i puri si stanno infangando a vicenda.

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