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editoriali

La vera manovra è la s-burocrazia

Redazione

155 miliardi di ragioni (e di euro) per sbloccare l’Italia senza retorica

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Grande assente dal decreto “Rilancio”, il piano per sbloccare gli ormai mitici cantieri fermi, causa burocrazia, è ora promesso con un altro decreto che Giuseppe Conte e la responsabile delle Infrastrutture Paola De Micheli vorrebbero annunciare entro giugno. Dovrebbe prevedere una sospensione temporanea del codice degli appalti giustificata dall’emergenza Covid e l’abbreviazione da 180 a 60-30 giorni delle valutazioni ambientali. Conte e De Micheli vorrebbero ripartire da 25-30 opere prioritarie; ma sono in arrivo i consueti contrasti tra Pd e 5s, giustificati con il timore di infiltrazioni mafiose dai grillini, magari dimentichi della stagione costi-benefici by Toninelli.

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Grande assente dal decreto “Rilancio”, il piano per sbloccare gli ormai mitici cantieri fermi, causa burocrazia, è ora promesso con un altro decreto che Giuseppe Conte e la responsabile delle Infrastrutture Paola De Micheli vorrebbero annunciare entro giugno. Dovrebbe prevedere una sospensione temporanea del codice degli appalti giustificata dall’emergenza Covid e l’abbreviazione da 180 a 60-30 giorni delle valutazioni ambientali. Conte e De Micheli vorrebbero ripartire da 25-30 opere prioritarie; ma sono in arrivo i consueti contrasti tra Pd e 5s, giustificati con il timore di infiltrazioni mafiose dai grillini, magari dimentichi della stagione costi-benefici by Toninelli.

 

In attesa di un migliore futuro, l’Ance, associazione dei costruttori, ha presentato un rapporto Cresme-centro studi della Camera dal quale emerge che le opere bloccate sono salite a 749, per il 60 per cento al nord, un valore di 273 miliardi al 70 per cento finanziati ma bloccati dalla burocrazia, e la capacità di occupare 262 mila persone. Si tratta di cifre alle quali rischiamo di assuefarci, e però enormi: dal 2008 nelle sole costruzioni si sono persi 540 mila posti di lavoro; mentre il completamento delle 101 opere di valore superiore ai 100 milioni varrebbe 56 miliardi di pil. Soddisfacendo dunque a una delle riforme non in stile Troika che potrebbero affiancare la concessione del Recovery fund europeo. Lo sblocco dei cantieri verrebbe incontro a un’altra possibile richiesta, lo sfoltimento burocratico. Il Cresme sottolinea che a rallentare i cantieri non è un problema di soldi (155 miliardi sono già disponibili a bilancio) quanto le procedure burocratiche. Dunque due riforme non solo a costo zero, ma a saldo positivo. E poiché viene continuamente citato il modello Genova, Pietro Salini, ceo dell’azienda rinominata Webuild che assieme a Fincantieri è riuscita a ricostruire il ponte Morandi in appena otto mesi, presenta un piano da 103 miliardi che va oltre le maxi-opere: riqualificazione urbana, ospedali, strade, scuole, penitenziari. “I denari ci sono” dice Salini. “Possiamo contare su 158 miliardi, fondi strutturali europei, fondi di sviluppo, Mes, social bond. Certo, se li impieghi per la spesa corrente…”. Appunto.

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