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editoriali

Turarsi il naso con Bonafede

Un ministro senza capacità e senso dello stato e la necessaria ragion di stato

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Le ragioni per non nutrire fiducia nell’operato del ministro Alfonso Bonafede sono innumerevoli ed è persino superfluo enunciarle. Il discredito che ha suscitato non solo in ambienti politici e giudiziari, la mancanza di parola, per esempio, sulla parziale correzione dell’abolizione della prescrizione con norme sulla durata massima dei processi (mai presentate) basterebbero a spingere una persona con un minimo di senso dello stato a dimettersi. Ma Bonafede non ha il senso di responsabilità che sarebbe richiesto a chi ricopre una funzione così delicata, quindi spetta ai senatori, che stamane si riuniscono per votare le mozioni di sfiducia individuale al ministro della Giustizia, prendere una decisione. Votare la sfiducia sarebbe un voto di coscienza per molti, anche nella maggioranza, ma ci sono casi, e questo è uno di quelli, in cui conviene invece tapparsi il naso, come diceva Indro Montanelli, e lasciare Bonafede al suo posto. La ragione è semplice: se Bonafede viene sfiduciato cade il governo e si apre una crisi senza sbocchi, in una situazione in cui non si può ricorrere alle urne chissà ancora per quanti mesi. Il che lascerebbe il paese senza una rappresentanza autorevole mentre si discutono, in Italia e in Europa, le misure economiche per fronteggiare la gravissima crisi innescata dalla pandemia.

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Le ragioni per non nutrire fiducia nell’operato del ministro Alfonso Bonafede sono innumerevoli ed è persino superfluo enunciarle. Il discredito che ha suscitato non solo in ambienti politici e giudiziari, la mancanza di parola, per esempio, sulla parziale correzione dell’abolizione della prescrizione con norme sulla durata massima dei processi (mai presentate) basterebbero a spingere una persona con un minimo di senso dello stato a dimettersi. Ma Bonafede non ha il senso di responsabilità che sarebbe richiesto a chi ricopre una funzione così delicata, quindi spetta ai senatori, che stamane si riuniscono per votare le mozioni di sfiducia individuale al ministro della Giustizia, prendere una decisione. Votare la sfiducia sarebbe un voto di coscienza per molti, anche nella maggioranza, ma ci sono casi, e questo è uno di quelli, in cui conviene invece tapparsi il naso, come diceva Indro Montanelli, e lasciare Bonafede al suo posto. La ragione è semplice: se Bonafede viene sfiduciato cade il governo e si apre una crisi senza sbocchi, in una situazione in cui non si può ricorrere alle urne chissà ancora per quanti mesi. Il che lascerebbe il paese senza una rappresentanza autorevole mentre si discutono, in Italia e in Europa, le misure economiche per fronteggiare la gravissima crisi innescata dalla pandemia.

 

E’ un caso da manuale di ragion di stato, cioè di preminenza di interessi generali stringenti che impediscono di far prevalere ragioni di merito pur motivatissime. La ragion di stato è sempre indigesta, rappresenta una limitazione nei comportamenti e nei giudizi personali e politici che vengono in qualche modo coartati da esigenze superiori. Quindi il senso dello stato, che Bonafede non ha, deve essere compensato da quello richiesto agli altri. Sarà bene far pesare questa contraddizione nella discussione, chiarire che non è certo la persona o il discorso che il ministro pronuncerà a convincere, è la situazione del paese a costringere a dargli un voto positivo immeritato. Verrà, speriamo presto, il tempo in cui si potrà tornare anche in questo campo alla normalità. E allora sarà il momento giusto per chiedergli conto con severità del suo operato.

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