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Lodi fantozziane del M5s per rieleggere Raggi e Appendino. Ma il Pd (per ora) non ci casca

David Allegranti

Vito Crimi apre a un nuovo mandato per le due sindache (in deroga alle sacre regole grilline). Smeriglio: “Raggi è un fallimento”. Romano: “A Roma serve una candidatura forte e nazionale ma non alla Calenda”

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Roma. L’apertura di Vito Crimi, capo politico del M5s, a un nuovo mandato per Virginia Raggi e Chiara Appendino in deroga alle sacre regole grilline, spalanca le porte ai novelli Fantozzi in modalità “è un bel direttore!”. Si lancia Paolo Ferrara, ex capogruppo del M5s a Roma: “Come sarebbe possibile a Roma non far continuare il lavoro a Virginia Raggi, un sindaco che ha fatto bene? È un po’ come se Giulio II, il Papa delle arti, avesse impedito improvvisamente a Michelangelo di terminare la decorazione della volta della Cappella Sistina. È una questione di opportunità, non per gli individui, ma per i romani”. 

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Roma. L’apertura di Vito Crimi, capo politico del M5s, a un nuovo mandato per Virginia Raggi e Chiara Appendino in deroga alle sacre regole grilline, spalanca le porte ai novelli Fantozzi in modalità “è un bel direttore!”. Si lancia Paolo Ferrara, ex capogruppo del M5s a Roma: “Come sarebbe possibile a Roma non far continuare il lavoro a Virginia Raggi, un sindaco che ha fatto bene? È un po’ come se Giulio II, il Papa delle arti, avesse impedito improvvisamente a Michelangelo di terminare la decorazione della volta della Cappella Sistina. È una questione di opportunità, non per gli individui, ma per i romani”. 

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Insiste Max Bugani, già braccio destro di Davide Casaleggio nell’associazione Rousseau, pubblicando una foto insieme alla sindaca Raggi: “La politica italiana di oggi”, dice Bugani, “è talmente piena di mediocrità, a tutti i livelli e in tutti i partiti, che quando si trova un talento puro e coraggioso va protetto, custodito e tutelato come cosa rara e preziosa”.

 

  

Salvatore Margiotta, sottosegretario ai Trasporti e senatore del Pd, dunque alleato con il M5s a Roma ma solo nel governo di Giuseppe Conte, non ne è così convinto: “Non posso crederci. Non sono sicuro che i romani o coloro che come me vivono a Roma la pensino così. Il pensiero dei primi lo scopriremo alle prossime elezioni. Ciò mi conforta”. L’alleanza di governo insomma non cancella le responsabilità della sindaca della Capitale: “Rispetto le persone e le difficoltà che si incontrano nell’amministrare Roma ma il  giudizio sulla Raggi è senza appello. Un fallimento che ha anestetizzato l’anima della città senza peraltro risolvere i nodi strutturali. Nel mentre continuano a cadere le giunte municipali legate alla sindaca”, dice al Foglio Massimiliano Smeriglio europarlamentare indipendente eletto nelle liste del Pd. “Non esistono scorciatoie, il campo progressista deve far crescere una proposta forte in grado di sintonizzarsi sui bisogni e i problemi dei cittadini. Lo deve fare valorizzando una nuova classe dirigente che si è formata governando quattro municipi della città e opponendosi alla Raggi in Campidoglio. Senza trasformismi e aprendo alla partecipazione di tutti coloro che vogliono contribuire alla rinascita della Capitale. In questo senso il lavoro di Ciaccheri con Liberare Roma, della Alfonsi, della Del bello di Caudo nei municipi e del Pd del segretario Casu e del capogruppo Pelonzi sta andando nella giusta direzione”. 

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Concorda anche il deputato del Pd Andrea Romano, che al Foglio dice: “Il Pd deve mettere in campo una sua candidatura forte e autorevole e di livello nazionale, all’altezza dell’emergenza nazionale che è diventata Roma sotto la gestione Raggi. Alla complessa gestione di Roma serve una figura che sia dotata di grande equilibrio e che sia priva di smanie di protagonismo personale. Non serve un Calenda, per intendersi, che sarebbe un ‘Ignazio Marino 2, la vendetta’”.

 

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A Torino invece le cose sono un po’ diverse. Anzitutto, nel M5s non c’è tutta questa corsa per chiedere la riconferma di Chiara Appendino, anzi, ci sono consiglieri comunali  grillini che sarebbero felici di liberarsene. Come Damiano Carretto, che domenica su Facebook ha pubblicato una frase da bacio Perugina di Gianroberto Casaleggio (“Quanto mi manca”, dice Carretto) sulle norme da rispettare: “Ogni volta che deroghi a una regola praticamente la cancelli”. Citofonare Vito Crimi. Nel Pd torinese invece finora c’è stata una certa ambiguità. Specie tra i parlamentari, magari con ruoli di governo, e che si sono guardati bene dal criticare l’amministrazione Appendino in questi anni (da Andrea Giorgis ad Anna Rossomando).

 

Per il capogruppo del Pd in Comune Stefano Lo Russo, da sempre oppositore di Appendino e del “modello Chiappendino”, possibilità non ce ne sono proprio: “L’ipotesi di un sostegno del Pd a un secondo mandato di Appendino è fantascienza”, dice Lo Russo al Foglio. “Il M5s ha lavorato male, la città che era già in crisi di identità e vocazione, è sprofondata. Sono stati anni micidiali con un misto di completo pressapochismo amministrativo, assenza di progetti e incapacità cronica di sviluppare azioni efficaci. Il tutto condito con la tipica arroganza di chi non ammette mai di sbagliare, dalle Olimpiadi alla Tav passando per il blocco dei progetti di trasformazione urbana. Un totale fallimento, che invece viene peraltro difeso ad oltranza. Il Pd ha solo una cosa da fare: proporre un progetto forte e alternativo e farsene garante”.

 

E se invece non ci fosse Chiara Appendino candidata ma ci fosse un candidato civico? “Appendino ha dimostrato di essere scaltra e prende tempo tenendosi tutte le porte aperte nella speranza che le condizioni possano mutare e salvarla. Pur di non subire una cocente sconfitta, che nel suo caso oltretutto vivrebbe anche come personale, lavora da tempo a un piano B, ad una convergenza su un possibile profilo civico, un Conte in salsa sabauda”. E in questo “incontra elementi tattici di convergenza con quegli esponenti del Pd che lavorano a puntellare l’alleanza a prescindere e al di là di ogni evidente difficoltà e differenza antropologica e programmatica con il M5S. Il tema c’è, è in campo, ed effettivamente sarà l’autunno e il ricorso alla primarie, cosa che personalmente auspico, a sciogliere la matassa. Tenendo presente sempre una cosa: si possono fare tutti i giochetti di palazzo che si vogliono ma gli elettori non sono ingenui e credo che per vincere le prossime elezioni a Torino una delle parole chiave, insieme a progetto e competenza, sia discontinuità rispetto a questi anni grillini. Totale e assoluta”.

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