PUBBLICITÁ

Fare bene è meglio che fare presto

Claudio Cerasa

La traiettoria da seguire, i vuoti da capire, i risultati da ricordare. Per proteggere la democrazia dai ciarlatani dell’impazienza (e dell’isolamento) è ora di smontare la retorica dell’Europa incapace di prendere decisioni. Una guida anti demagogia

PUBBLICITÁ

Gli osservatori con la testa sulle spalle hanno capito ormai da tempo cosa sta succedendo in Europa e salvo sorprese che non ci dovrebbero essere l’atteso Consiglio Ue che si terrà oggi a Bruxelles confermerà che il coordinamento tra le principali istituzioni europee, nonostante il clima sfavorevole generato dai professionisti dell’impazienza, funziona, va avanti e riesce a portare risultati grazie a un meccanismo delicato, all’interno del quale l’idea del “fate bene” viene messa su un piedistallo più alto rispetto all’idea del “fate presto”.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Gli osservatori con la testa sulle spalle hanno capito ormai da tempo cosa sta succedendo in Europa e salvo sorprese che non ci dovrebbero essere l’atteso Consiglio Ue che si terrà oggi a Bruxelles confermerà che il coordinamento tra le principali istituzioni europee, nonostante il clima sfavorevole generato dai professionisti dell’impazienza, funziona, va avanti e riesce a portare risultati grazie a un meccanismo delicato, all’interno del quale l’idea del “fate bene” viene messa su un piedistallo più alto rispetto all’idea del “fate presto”.

PUBBLICITÁ

  

Riavvolgiamo il nastro rapidamente per capire quale potrebbe essere il finale del film. Nel giro di un mese, era il 19 marzo, l’organismo europeo più federale e con più forza decisionale, ovvero la Bce, ha presentato un piano da 750 miliardi di euro di acquisti aggiuntivi sui titoli di stato europei. Pochi giorni dopo, il 9 aprile, l’Eurogruppo, ovvero l’insieme dei ministri dell’Economia dell’Eurozona, ha trovato un accordo su un piano da mille miliardi da sottoporre a un organo europeo (il Consiglio Ue) deputato a prendere decisioni per i propri paesi più dei ministri dell’Economia. In questo piano, che verrà discusso oggi, ci sono quattro misure: i prestiti del Mes agli stati membri (fino a 500 miliardi), gli aiuti del Banca europea degli investimenti alle imprese (circa 200 miliardi), il sostegno alla cassa integrazione nazionale proposto dalla Commissione europea (con capacità di emissione di bond) e la proposta francese (e italiana e spagnola) di creare un fondo finanziato da obbligazioni congiunte per finanziare il rilancio dell’economia (i famosi Recovery bond).

 

PUBBLICITÁ

I professionisti dell’impazienza, terrorizzati dall’idea che l’Europa possa mettere in comune i debiti dei suoi paesi membri, cosa che renderebbe ancora più irreversibile il progetto europeo, sono da sempre specializzati nel creare false attese utili ad accarezzare il pelo degli antieuropeisti (l’Europa non fa niente, l’Europa rimanda, l’Europa non decide, l’Europa non serve a nulla). Lo stesso accadrà probabilmente anche oggi quando il Consiglio europeo – spinto anche dal Parlamento europeo che con una risoluzione importante approvata la scorsa settimana ha chiesto un impegno coordinato senza precedenti al Consiglio europeo e alla Commissione per lottare contro la pandemia – non farà quello che i professionisti dell’impazienza fingono che possa accadere, ovvero decidere. Non lo farà non perché l'Europa ha scelto ancora una volta di non decidere ma lo farà perché i capi di governo e di stato riuniti nel Consiglio europeo trasferiranno il pacchetto proposto dall’Eurogruppo all’unica istituzione europea, ovvero la Commissione, che ha il potere di attivare le misure straordinarie, compresi i famosi bond. L’Europa è fatta così, più nel bene che nel male, e l’esperienza di queste settimane ci insegna che i paesi che vogliono contare qualcosa in Europa più che sbattere i famosi pugni sul tavolo hanno bisogno di armarsi di pazienza, di buone alleanze, di ottima reputazione, di coerenza, di competenza e di una classe dirigente disposta (a) a non alimentare la favola che l’Europa sia solo un bancomat da svaligiare senza condizionalità, (b) a non creare false illusioni nei vuoti temporali tra un passaggio e l’altro del ping pong europeo, (c) a indicare al proprio paese (e anche agli investitori) il percorso che si intende seguire per arrivare a un obiettivo.

 

E, per tornare a casa nostra, indicare al proprio paese il percorso che si intende seguire per arrivare a un obiettivo significa anche avere il coraggio di non chiedere all’Europa ciò che andrebbe chiesto all’Italia. Nel caso specifico, le intenzioni del governo Conte, apparentemente difficili da decifrare, sono diventate chiare, almeno per chi fa finta di non capire dove si andrà a finire, e si sposano bene con quella che sembra essere oggi la traiettoria dell’Europa: mettere al sicuro una serie di provvedimenti cruciali (Bei, Sure), lavorare per ottenere una mutualizzazione dei debiti futuri per spese legate alla ricostruzione (i bond), utilizzare i prestiti a tassi agevolati senza condizionalità stringenti previsti per le spese sanitarie (i 36 miliardi del Mes) e non escludere l’utilizzo successivo del Mes per dare ai mercati (lo spread ieri ha oscillato in Italia tra 270 e 250) l’impressione di essere pronti a utilizzare uno strumento poderoso della Bce con cui fare acquisti illimitati di titoli di stato in caso di emergenza (l’Omt) utilizzabile solo attivando il Mes. Uscire dalla logica del fate presto per entrare nella logica del fate bene può essere difficile da accettare, specie in tempi di pandemia, ma se è vero che il coronavirus ha costretto ciascuno di noi a mettere la nostra vita in un grande acceleratore del futuro occorre riconoscere che l’Europa con i suoi tempi e i suoi modi la sfida del futuro ha accettato di farla propria. E quando oggi vi verrà la tentazione di mandare tutti a quel paese, di mettervi la felpa di Salvini e di cantare il rap della Meloni, ascoltando la notizia del ping pong tra il Consiglio europeo e la Commissione, prendete fiato e ponetevi una domanda: ma se Schuman, De Gasperi e Adenauer avessero seguito il principio del “fate presto” piuttosto che quello del “fate bene” l’Europa sarebbe mai nata? Pazienza, buone alleanze, reputazione, coerenza e un po’ di competenza. Tutto il resto poi verrà da sé.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ