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“Più debito, più Europa”. Edi Rama ci dice come si salva la democrazia dal virus

Annalisa Chirico

"Se Bruxelles non agisce con forza di fronte alla pandemia, rischiamo di ridurre in cenere il sistema democratico", parla il premier albanese

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Roma. “Il rischio è che manchi presto il respiratore per tenere in vita la democrazia”, parla così, in una intervista esclusiva al Foglio, il primo ministro albanese Edi Rama, l’uomo che ha cambiato il volto prima di Tirana e poi dell’Albania postcomunista. Mario Draghi? “Un genio, va ascoltato”. Matteo Salvini? “Una forza della natura”. Orbàn? “Non è un dittatore”.

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Roma. “Il rischio è che manchi presto il respiratore per tenere in vita la democrazia”, parla così, in una intervista esclusiva al Foglio, il primo ministro albanese Edi Rama, l’uomo che ha cambiato il volto prima di Tirana e poi dell’Albania postcomunista. Mario Draghi? “Un genio, va ascoltato”. Matteo Salvini? “Una forza della natura”. Orbàn? “Non è un dittatore”.

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Dalla sua abitazione dove vive la quarantena globale, con l’immancabile astuccio di pennarelli sulla scrivania, il premier albanese, ex cestista nonché uno dei principali artisti albanesi, riflette sulla crisi globale e sull’Europa. “Il coronavirus genera un’enorme sofferenza in ciascuno di noi, e purtroppo questo stato di cose non terminerà con la fine della guerra che stiamo combattendo. Nel contempo però la crisi pandemica offre la straordinaria opportunità di rifondare quasi tutto dalle fondamenta. Si apre davanti a noi la pagina di un nuovo destino comune. Carpe diem”. Secondo l’ex presidente della Commissione europea Jacques Delors, l’Europa corre un “pericolo mortale”. Siamo alla fine del sogno europeo? “Un sogno non svanisce fintantoché esistono i sognatori, io sono tra questi. La crisi di questa Europa era visibile da tempo, si pensi alla gestione dei flussi migratori, al rimpallo di responsabilità, alla solitudine italiana di fronte all’odissea degli sbarchi dal nord Africa. Se l’Europa non trova la forza di rilanciare il progetto dei padri fondatori, assisteremo a un lento e inesorabile declino”.

 

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Nello scontro tra i paesi “frugali” del Nord e quelli “cicala” del Sud, l’Unione europea temporeggia di fronte all’emergenza economica. Lei è favorevole all’ipotesi di eurobond? “La mia risposta è scontata: la creazione di titoli del debito pubblico europeo può essere uno strumento utile. Se Bruxelles non agisce con forza di fronte alle migliaia di morti provocati dalla pandemia, rischiamo di ridurre in cenere il sistema democratico. E’ giunto il momento di fare squadra, come ai tempi del Milan di Arrigo Sacchi: tutti in difesa, tutti all’attacco e le stelle al servizio della squadra”. L’ex presidente della Bce Draghi ha detto che in tempi di guerra dobbiamo essere pronti a fare più debito pubblico. “Concordo: più debito e più Europa. Di fronte a una guerra che ha investito indistintamente ogni paese, dobbiamo assumerci le nostre responsabilità verso la comunità dei popoli”.

 

A trent’anni dall’esodo di migliaia di albanesi sulle coste del sud Italia, l’Albania invia all’Italia martoriata dal virus un plotone di medici e infermieri. “Abbiamo restituito l’aiuto ricevuto ma non solo. C’è una vita da vivere insieme sostenendoci gli uni con gli altri. Non c’è salvezza per chi resta sigillato nella propria abitazione guardando dalla finestra la casa del vicino che brucia. Se in questa guerra contro un nemico invisibile i singoli stati se ne restano chiusi nei confini della propria dimora, come le persone, ci troveremo presto davanti a una nuova beffa: la democrazia in carenza di ossigeno”. Mentre in molti si sperticano in elogi del regime cinese per gli aiuti offerti all’Italia, il premier ungherese Viktor Orban è accusato di deriva autoritaria per aver ottenuto dal Parlamento i pieni poteri a tempo indeterminato. “Lo conosco personalmente, è l’uomo che ha trasformato l'Ungheria e che continua a vincere le elezioni. E' il virus, non Orban, ad aver sospeso il Parlamento. Sono certo che lui non intenda governare per decreto sine die: una volta vinta la guerra, la sede della sovranità popolare sarà riaperta”. L’Albania sogna ancora l’ingresso nell’Ue? “Sempre. La globalizzazione ha più virtù che peccati, e la risposta alle sue disfunzioni non proviene dallo stato nazione ma dal comune senso della storia che ci sfida a cambiare radicalmente prima che sia troppo tardi”. Una curiosità, presidente: è vero che nel 1988 lei si ritrovò a fare il traduttore a Tirana per la Scavolini Basket che giocava la prima partita di Coppa Campioni della sua storia contro il Partizan? “Confermo! La nostra federazione mi diede l’opportunità di vivere, per un giorno, un bel pezzo d'Italia senza dover lasciare Tirana. Conobbi il grande allenatore Valerio Bianchini e il suo giovane vice Sergio Scariolo. Fu per me una felicità immensa parlare per la prima volta in italiano con gli italiani, in un paese all’epoca chiuso al mondo dove i soli turisti ammessi erano poche migliaia di marxisti leninisti, anch’essi inavvicinabili se non a rischio di finire in prigione”. Lei ha un debole per l’Italia. “Siete genio e sregolatezza, una combinazione unica al mondo”.

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