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Il rischio della razzia

Valerio Valentini

“Nazionalizzare contro la svendita”: la linea del Copasir. La minaccia cinese nella distrazione di massa del Covid

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Roma. Il liberi tutti, è il ministro dell’Economia a darlo di buon mattino. “Parigi – dice Bruno Le Maire – è pronta a effettuare delle nazionalizzazioni, se necessario”. E’ il segnale che evidentemente anche in Italia si stava attendendo. E infatti Raffaele Volpi, presidente del Copasir, leghista di scuola democristiana abituato a pesarle bene, le parole, prende subito posizione: “Quella di Le Maire è una vera e propria lezione di difesa degli assetti strategici”, dice. Sì, perché il rischio che in tanti percepiscono, tra coloro che raccolgono i sussurri degli apparati di intelligence, e fiutano l’aria sui mercati, è quello dell’inizio delle razzie in Borsa. “Prima ancora di mettere dei soldi lo stato francese– prosegue Volpi – manda un avviso a eventuali soggetti che potrebbero voler approfittare per comprare a prezzi di saldi assetti strategici, addirittura si arriva ad evocare la nazionalizzazione come estrema ratio”. Insomma, la logica è quella della “deterrenza”, ed è su quella che, insiste il leghista, dovrebbe riflettere anche Palazzo Chigi. Auspicio che non anima solo le polemiche delle opposizioni, però. Anche il Pd si sta muovendo sullo stesso sentiero.

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Roma. Il liberi tutti, è il ministro dell’Economia a darlo di buon mattino. “Parigi – dice Bruno Le Maire – è pronta a effettuare delle nazionalizzazioni, se necessario”. E’ il segnale che evidentemente anche in Italia si stava attendendo. E infatti Raffaele Volpi, presidente del Copasir, leghista di scuola democristiana abituato a pesarle bene, le parole, prende subito posizione: “Quella di Le Maire è una vera e propria lezione di difesa degli assetti strategici”, dice. Sì, perché il rischio che in tanti percepiscono, tra coloro che raccolgono i sussurri degli apparati di intelligence, e fiutano l’aria sui mercati, è quello dell’inizio delle razzie in Borsa. “Prima ancora di mettere dei soldi lo stato francese– prosegue Volpi – manda un avviso a eventuali soggetti che potrebbero voler approfittare per comprare a prezzi di saldi assetti strategici, addirittura si arriva ad evocare la nazionalizzazione come estrema ratio”. Insomma, la logica è quella della “deterrenza”, ed è su quella che, insiste il leghista, dovrebbe riflettere anche Palazzo Chigi. Auspicio che non anima solo le polemiche delle opposizioni, però. Anche il Pd si sta muovendo sullo stesso sentiero.

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E infatti sia Enrico Borghi, membro dei dem nel Copasir, sia Carmelo Miceli, responsabile per la Sicurezza nella segreteria nazionale del partito, non solo hanno avanzato la richiesta di chiarimenti da parte della Consob su eventuali speculazioni seguite alle improvvide dichiarazioni di Christine Lagarde, presidente della Bce, giovedì scorso. Hanno anche inoltrato una richiesta formale di chiarimento al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. “Vogliamo delle rassicurazioni che la Consob stia vigilando come deve”, ci dice Borghi, col tono di chi rivendica di averlo già “detto in tempi non sospetti che l’indicazione di Paolo Savona alla presidenza di un ente così delicato non era la più adeguata”. Frecciata che colpisce nel segno, dacché a volere l’economista sardo a capo della Consob fu proprio la Lega.

 

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Ma non c’è solo la verifica di quel che è accaduto. E non c’ neppure il mero gioco delle parti politiche, ad alimentare le ansie della nostra intelligence. E lo dimostra il fatto che, quasi in contemporanea con Volpi, anche l’esponente del M5s nel Copasir lancia un’idea a metà tra la proposta e l’allarme: “Dopo l’annuncio di Le Maire, credo che anche la nostra Cdp – ci dice Antonio Zennaro – vada potenziata e dotata degli strumenti sia finanziari sia legali per renderla un soggetto in grado di tutelare le imprese italiane, un po’ come un fondo sovrano nazionale”.

 

Con un occhio di riguardo, ovviamente, ai comparti strategici. Dall’energia alle telecomunicazioni, passando per l’aerospazio e l’immigrazione, con un’attenzione particolare al settore dei big data e dell’intelligenza artificiale (in grado di condizionare, in un futuro neppure così remoto, le analisi previsionali sui mercati finanziari), in maniera pressoché unanime s’invoca una vigilanza serrata. “Su questi comparti – spiega Enrico Borghi – è in corso un riallineamento complesso che, se affidato alle solo dinamiche di mercato, ci vedrebbe soccombenti”. Lo dice, Borghi, e subito – forse anche per il suo credo politico non esattamente statalista – si sente in dovere di precisare: “Qui nessuno sta rimpiangendo la vecchia Iri dei panettoni di stato. Ma credo sia inutile invocare il rispetto delle leggi del mercato quando hai a che fare con colossi come Huawei e Zte dietro cui non c’è la libera iniziativa di un imprenditore illuminato, ma ci sono il governo e l’esercito della Cina”.

 

E la minaccia di Pechino deve apparire così incombente e concreta, a chi ne scruta l’avanzare, che anche un esponente di quel M5s che molte fanfare ha suonato, sulla via della seta, mette le mani avanti: “I gesti di solidarietà sono apprezzatissimi”, dice Zennaro, pensando al sostegno arrivato dal governo cinese nel corso dell’emergenza sanitaria italiana. “Ma se la solidarietà diventa l’alibi per operazioni di minaccia alla sicurezza nazionale e per estendere in maniera più profonda le mire sul nostro paese, la risposta deve essere una sola: ‘No, grazie’. Non ci si può fidare di chi non rispetta le regole del mercato occidentale”.

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Segnale, peraltro, di come l’emergenza del coronavirus viene vista da parecchi come la tempesta perfetta per eventuali scorribande sui mercati. “Il covid19 rischia di essere una tragica distrazione di massa che consenta a certi attori stranieri di esercitare una nuova egemonia”, dice Borghi. “Ma non siamo a una riedizioni del ‘92, e non acconsentiremo a nessuna svendita di asset. D’altronde, al largo del porto di Napoli non mi risulta ci sia ormeggiato nessun panfilo Britannia”.

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