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Emergenza coronavirus, chi offre di più?

Salvatore Merlo

Salvini spara: piano anti virus da 50 miliardi. Di Maio rilancia e ci mette sopra una “settimana della cucina”

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Materassi, piatti, piumoni, erezioni mirabolanti. Ieri Matteo Salvini e Luigi Di Maio, l’uno alla Camera e l’altro alla Farnesina, ma quasi in contemporanea, sembravano tornati ai bei vecchi tempi del governo gialloverde, quando più che Craxi&DeMita erano i Gianni&Pinotto di Palazzo Chigi e quindi ogni giorno – come dimenticarli – dal balcone o dal Facebook, col panino al salame o la cravatta della domenica, intrattenevano l’Italia intera con la loro spettacolare competizione di botti e petardi, annunci senza briglia, promesse e piroettanti esagerazioni. Ah, tu vieni sotto con la scimitarra? E io ti frego con il pepe negli occhi!

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Materassi, piatti, piumoni, erezioni mirabolanti. Ieri Matteo Salvini e Luigi Di Maio, l’uno alla Camera e l’altro alla Farnesina, ma quasi in contemporanea, sembravano tornati ai bei vecchi tempi del governo gialloverde, quando più che Craxi&DeMita erano i Gianni&Pinotto di Palazzo Chigi e quindi ogni giorno – come dimenticarli – dal balcone o dal Facebook, col panino al salame o la cravatta della domenica, intrattenevano l’Italia intera con la loro spettacolare competizione di botti e petardi, annunci senza briglia, promesse e piroettanti esagerazioni. Ah, tu vieni sotto con la scimitarra? E io ti frego con il pepe negli occhi!

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E così ieri Salvini, a Montecitorio, dopo aver parzialmente rinfoderato la proposta di sospendere le tasse a tutti per un anno intero (costo stimato tra i 700 e gli 800 miliardi di euro) si è limitato a ipotizzare un piano di spesa pubblica da appena “cinquanta miliardi di euro”, insomma una cosa con i piedi per terra, pari quasi a due manovre finanziarie, rivolgendosi poi al governo con tono responsabile: “Speriamo che da parte dell’esecutivo ci sia la stessa apertura e l’intenzione di dare risposte serie e di buon senso”. Ma ecco che l’altro, Di Maio, il ministro degli Esteri, non volendo forse sfigurare né essere da meno del suo ex compare, a pochi chilometri di distanza annunciava uno straordinario piano per rilanciare l’export fiaccato dal coronavirus con l’investimento di “700 milioni di euro” della Farnesina, che sono in realtà i soldi della spesa corrente e già preventivata del ministero, cui però Di Maio aggiungeva “servizi gratuiti per le pmi” e anche una “settimana della cucina italiana”, che dev’essere all’incirca come il set di pentole in acciaio diciottodieci di Mondialcasa (“alza la cornetta, Mondialcasa ti aspetta”).

 

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La foga di enumerazioni e parole ieri aveva il potere di trasportare chi ascoltava Salvini e Di Maio, ma non solo loro, in una dimensione drammatica e insieme anche irreale (“guardate questo nuovo copriletto salmone, bellissimo, tessuto cangiante”). E il susseguirsi degli interventi, delle dichiarazioni e delle conferenze stampa sul tema pur serissimo della recessione e degli effetti economici del coronavirus, nel corso della giornata diventava tra Camera e Senato, tra social media e televisioni, tra agenzie di stampa e siti internet, quasi un discount delle meraviglie. E allora mentre Matteo Renzi offriva pure lui mutui gratuiti a tutti per il 2020, e quindi si lasciava travolgere dal clima, ecco che la mole di proposte pirotecniche d’una politica afflitta dall’ansia dell’esistere si faceva sempre più vasta e oceanica. Strumenti della filodrammatica nel paese di Acchiappacitrulli. “Venghino sìori venghino”. Soldi per tutti, dovunque, in ogni settore e come se non ci fosse un domani. Con il Blog delle stelle, al seguito di Di Maio, che chiedeva “detrazioni al 120 per cento”, “sostegno al cinema con contributi straordinari”, “esonero contributivo per i settori in crisi”, “rimborsi di 550 euro al mese per professionisti e autonomi”. Mentre la Lega, al seguito di Salvini, rilanciava con “estensione della zona rossa a tutto il paese”, “moratoria fiscale”, “esenzione Imu”, “cassa integrazione in deroga su tutto il territorio”, “interventi nel settore del credito”, “indennità mensili per i lavoratori autonomi”…

 

Una specie di rincorsa affannata e umbratile, tutta rivolta alla rappresentazione, all’offrire non la competenza ma l’idea della competenza, non l’impegno a trovare gli strumenti del rilancio ma la sensazione teatrale dell’impegno. Una passione recitativa totale e permanente, spinta dalla necessità improrogabile e indefettibile di esporsi a ogni costo e in ogni istante sul mercato elettorale, il desiderio compulsivo di aderire senza posa agli umori del momento, che sono concitati e virali come il coronavirus e dunque suggeriscono di spararla grossa, enorme, alta, anzi altissima… a quote himalayane. Ed eccoli allora, lontani eppure vicinissimi, come un tempo affratellati, Salvini e Di Maio, Di Maio e Salvini, la Lega e il M5s, Bibì e Bibò, polo nord e polo sud del populismo. Banditori in difficoltà, e dunque sempre più sospinti dall’urgenza di vendere anche a saldo, a prezzi stracciati, convinti che in ogni italiano dorma più un Cetto La Qualunque che un Umberto Eco. “Siamo disponibili a sederci al tavolo delle proposte senza chiedere nulla in cambio”, diceva ieri Salvini, fingendosi oppositore responsabile. E Di Maio, fingendosi invece uomo di governo: “Vi presento il mio piano Made in Italy”. Ed ecco che una sensazione di piacevole familiarità ci avvolge: cari vecchi Giorgio Mastrota e Roberto Da Crema! Cari vecchi turbo venditori di pentole.

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