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Nella Lombardia malata, la Lega è sotto stress e Salvini non si vede

Maurizio Crippa

La quarantena (anche simbolica) del governo regionale e l’incapacità del leader di intestarsi la battaglia. Sponda di Sala

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Milano. La Lombardia si avvia di buon passo a quota mille infettati, e a gonfiare il numero da ieri c’è anche l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Alessandro Mattinzoli. La cosa, oltre che ad aumentare il panico trasmettendo un’immagine di vulnerabilità anche nei ruoli apicali, rischia di mandare tutta la Giunta in quarantena assieme al governatore Attilio Fontana, che si era già autoisolato per precauzione sanitaria (ma con grave imprudenza mediatica). Quattro giorni fa, l’assessore alla Sanità Giulio Gallera auspicava di poter riaprire tutto in fretta: ma i casi erano soltanto la metà. E anche Beppe Sala, parlando ieri in Consiglio comunale, ha sottolineato che “ci siamo tutti trovati impreparati”. Non parlava del profilo sanitario, ma di una mentalità per affrontare i rischi della globalizzazione che manca a livello sociale, ma anche a livello dei decisori politici (“per anni abbiamo parlato di smart working, ma ne abbiamo parlato solo, è stato tema di tanti articoli o convegni. Ora si fa”).

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Milano. La Lombardia si avvia di buon passo a quota mille infettati, e a gonfiare il numero da ieri c’è anche l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Alessandro Mattinzoli. La cosa, oltre che ad aumentare il panico trasmettendo un’immagine di vulnerabilità anche nei ruoli apicali, rischia di mandare tutta la Giunta in quarantena assieme al governatore Attilio Fontana, che si era già autoisolato per precauzione sanitaria (ma con grave imprudenza mediatica). Quattro giorni fa, l’assessore alla Sanità Giulio Gallera auspicava di poter riaprire tutto in fretta: ma i casi erano soltanto la metà. E anche Beppe Sala, parlando ieri in Consiglio comunale, ha sottolineato che “ci siamo tutti trovati impreparati”. Non parlava del profilo sanitario, ma di una mentalità per affrontare i rischi della globalizzazione che manca a livello sociale, ma anche a livello dei decisori politici (“per anni abbiamo parlato di smart working, ma ne abbiamo parlato solo, è stato tema di tanti articoli o convegni. Ora si fa”).

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Ieri Fontana, dopo le burrasche di comunicazione e dopo aver dovuto affrontare nei primi giorni a un cattivo rapporto col governo nazionale, ha rimesso al centro la positività e le soluzioni pragmatiche: “La vita sociale credo sia talmente ben presente in Milano che nel momento in cui si dovesse dare via libera ritorneremmo ad essere efficienti, belli e capaci come lo siamo stati fino a una settimana fa”, ha detto. Ma soprattutto ha annunciato i primi provvedimenti economici regionale tra cui i “40 milioni per acquistare macchinari che consentano di aumentare e migliorare le nostre rianimazioni e 10 milioni per assumere nuovi medici e infermieri”. Buona cosa sul fronte dell’emergenza (il sistema tiene, anche se i dati di Gallera certificano che il livello di pressione dei ricoveri continua a salire) ma dal fronte imprenditoriale si fa sapere che si dovrà presto pensare a come sostenere l’economia, a partire magari dalle possibili detassazioni. Il governatore lombardo può contare sulla tenuta, anche psicologica, della sua regione, quello su cui può contare molto meno è il livello politico. Ad esempio non può contare su Matteo Salvini, che sta gestendo, da leader del partito di maggioranza in regione, malamente la situazione. Il Capitano si è ricordato ieri dei suoi governatori, con un video retorico dei suoi da una imprecisata località di campagna: “Polemiche e polemiche su Luca Zaia, ma avercene di governatori come Luca Zaia che sta affrontando, come Attilio Fontana, dal primo minuto la situazione con pugno di ferro e idee chiare”. Ma venerdì aveva toppato la giornata “proud” del rilancio di Milano e si era fatto sorpassare persino da Zingaretti, venuto in città per uno spritz ai Navigli. Sotto il profilo politico, la Lega ha di fronte a sé una chance importante per misurarsi per la prima volta, da forza di governo, su un’emergenza non locale ma nazionale, e anzi internazionale. Invece appare debole.

 

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L’atteggiamento rivendicativo – ad esempio sulla difesa dell’autonomia in senso lato – il continuo ondeggiare tra l’allarme e l’ottimismo e ancor più l’incapacità di Salvini di piantarsi in mezzo al campo politico, né a Milano, né al confine della zona rossa, può sortire l’effetto di appannare l’immagine di partito “del popolo”. Non è un caso che la figura più di spicco, e che trasmette ai lombardi l’idea di una calma pragmatica, sia piuttosto quella di Gallera, forzista da sempre. Così come è un azzurro da sempre – gardesano ed ex sindaco di Sirmione, dunque scuola Maria Stella Gelmini – anche l’assessore positivo al coronavirus Mattinzoli, alla prima esperienza a Palazzo Lombardia e uomo di riferimento per una regione che sullo sviluppo economico gioca la sua credibilità politica. Paraddossalmente, a dare sponda e offrire sicurezza a Fontana è il sindaco di Milano, Sala, allineato, dopo i primi screzi, al “bene comune”. Ieri ha ribadito: “La responsabilità e il bastone di comando di questa crisi devono stare saldamente nelle mani del governo e della regione Lombardia e tutte le altre istituzioni, a cominciare dal comune di Milano, devono collaborare a rendere questo compito il più efficace possibile. Le regole stabilite a livello governativo e regionale “non si discutono, si applicano”. Un proclama di buon senso e di polso che avrebbe potuto fare Salvini. Ma forse era distratto.

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