PUBBLICITÁ

Il conflitto di interessi di Gunter Pauli che Travaglio non denuncerà

Valerio Valentini

Il M5s si scagliò contro un’azienda che produceva buste di plastica. Il presidente di quell’azienda ora è consigliere del premier

PUBBLICITÁ

Roma. C’era un tempo, neppure troppo lontano, in cui la Novamont non era altro che “l’azienda molto amica di Renzi”. Così sentenziava Marco Travaglio, e così ovviamente ripetevano i maggiorenti del M5s (o forse era il contrario, ma vabbè). Del resto le prove c’erano tutte: l’amministratrice delegata, Catia Bastioli, era stato proprio Renzi a nominarla presidente di Terna nel 2014, e se lo aveva fatto era evidentemente perché la sventurata aveva risposto, tre anni prima, all’invito dell’allora Rottamatore sul palco della Leopolda. Per cui, quando il governo di centrosinistra rese obbligatorio l’uso delle buste di plastica biodegradabile, a partire dal primo gennaio 2018, la trama del complotto divenne chiara. E a quei pochi citrulli che non riuscivano a vederla, ci pensò Paola Taverna a rivelarla, in un post su Facebook in cui, col garbo di sempre, si chiedeva: “Chi pagherà la campagna elettorale del Pd?”. Risposta, ovviamente, scontata.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Roma. C’era un tempo, neppure troppo lontano, in cui la Novamont non era altro che “l’azienda molto amica di Renzi”. Così sentenziava Marco Travaglio, e così ovviamente ripetevano i maggiorenti del M5s (o forse era il contrario, ma vabbè). Del resto le prove c’erano tutte: l’amministratrice delegata, Catia Bastioli, era stato proprio Renzi a nominarla presidente di Terna nel 2014, e se lo aveva fatto era evidentemente perché la sventurata aveva risposto, tre anni prima, all’invito dell’allora Rottamatore sul palco della Leopolda. Per cui, quando il governo di centrosinistra rese obbligatorio l’uso delle buste di plastica biodegradabile, a partire dal primo gennaio 2018, la trama del complotto divenne chiara. E a quei pochi citrulli che non riuscivano a vederla, ci pensò Paola Taverna a rivelarla, in un post su Facebook in cui, col garbo di sempre, si chiedeva: “Chi pagherà la campagna elettorale del Pd?”. Risposta, ovviamente, scontata.

PUBBLICITÁ

 

In verità, che la Novamont, azienda all’avanguardia nel settore delle bioplastiche, abbia pagato la campagna del Pd, non c’è prova alcuna. Di certo, invece, c’è che la stessa azienda novarese ha fornito al M5s un esperto a cui affidare la regia della transizione ecologica. Sì, perché Gunter Pauli, imprenditore e divulgatore belga, appena nominato da Giuseppe Conte consigliere economico di Palazzo Chigi, è presidente della Novamont. E lo è dal giugno del 2013, quindi da ben prima che Renzi, il Pd e la Bastioli imbastissero la trama segreta portata alla luce dal M5s. “Come poteva, il presidente Pauli, non sapere che sotto il suo naso si stava consumando un intrigo da ‘400 milioni di euro l’anno’ (stime della Taverna?”: questo, probabilmente, si domanderebbe l’inquisizione a cinque stelle, se oggi fosse all’opposizione).

 

PUBBLICITÁ

Non se lo chiede, in realtà, anche perché il processo di riabilitazione della Novamont da parte del M5s è cominciato da tempo: almeno da quando Beppe Grillo, nel novembre del 2018, compì esattamente lo stesso atto che molti dei grillini, dieci mesi prima, rimproverarono a Renzi: e cioè andò a visitare uno degli impianti dell’azienda e lo definì “un eccellente esempio di economia circolare”. E del resto, in quelle stesse settimane il vicepremier del governo gialloverde, Luigi Di Maio, organizzava delle riunioni a Palazzo Chigi in cui lo stesso Pauli – teorico decrescitista della “Blue economy” – esponeva alcune delle sue teorie sulla politica degli investimenti “green” a un gruppo di parlamentari del M5s.

 

E qui, a ben vedere, si arriva all’altro problema connesso con la nomina di Pauli a consigliere economico di Conte. Un problema che ha a che fare con un feticcio della retorica grillina: il conflitto d’interessi. All’epoca dello “scandalo dei sacchetti”, agitato non a caso alla vigilia del voto del 4 marzo, fu proprio quella l’accusa rivolta a Renzi. “In questa vicenda non c’è niente di vietato dalle legge italiana”, spiegò Travaglio, “anche perché la legge italiana sul conflitto d’interessi l’ha fatta Berlusconi, e quindi è fatta a posta per non vederli, i conflitti d’interesse”. E forse è per questo che Alessandro Di Battista, in perenne procinto di tornare in Italia, l’ha indicata tra le sue priorità di padre riformatore: “Va fatta questa cazzo di legge sul conflitto di interessi. E occorre farla durissima”.

 

Forse modellandola dal programma elettorale con cui il M5s aveva vinto le elezioni nel 2018, dove si leggeva: “Deve qualificarsi come possibile conflitto di interessi l’interferenza tra un interesse pubblico e un altro interesse, pubblico o privato, che possa influenzare l’esercizio obiettivo, indipendente o imparziale, di una funzione pubblica, non solo quando questo possa portare un vantaggio economico a chi esercita la funzione pubblica e sia in condizione di un possibile conflitto di interessi, ma anche in assenza di un vantaggio immediatamente qualificabile come monetario che ottiene chi è in conflitto di interesse e svolge il ruolo di decisore pubblico è sostituito da altri tipi di vantaggio”. Bene.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

Va da sé, dunque, che Gunter Pauli non può conservare la sua carica di consigliere economico del presidente del Consiglio, essendo presidente di un’azienda impegnata in un campo, quelle delle bioplastiche, che viene evidentemente toccato dalle politiche economiche del governo. Una su tutte, ovviamente, e cioè la plastic tax: perché, tassando le aziende italiane che lavorano plastiche tradizionali, è più che probabile che questa misura, fortemente voluta dal M5s e appoggiata anche dal Pd, avvantaggi la Novamont. Che, più che legittimamente, a metà gennaio scorso, nel pieno della polemica sulla plastic tax, aveva promosso e pubblicizzato – insieme a Nielsen – un sondaggio secondo cui il 54 per cento degli italiani era a favore della nuova tassa. Ovviamente, non è affatto dimostrato che Pauli possa ricevere un “vantaggio economico” nell’esercizio della sua nuova “funzione pubblica” a Palazzo Chigi, ma a giudizio del M5s questo non basta a escludere che il conflitto d’interesse ci sia.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ