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La Fabrica di Sardine

Maurizio Crippa

Toscani ci spiega perché è logico che “i ragazzi” siano andati da lui. Dove dovevano andare, da Zingaretti?

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Milano. Scoppia a ridere con la sua risata un po’ roca, ma netta e schietta come i suoi famosi colori: “I poteri forti! Sono venuti dai poteri forti… Noi siamo i poteri forti!”. Oliviero Toscani, fotografo che ha segnato un bel pezzo di storia non soltanto della pubblicità ma della comunicazione nel suo senso più ampio e trasversale, mescolando l’advertising e la diffusione di idee più generali, spesso sociali, ben compattate dentro a messaggi semplici e diretti, pensa a come sono ciechi i politici e i giornalisti (sarà per questo che non riescono a vedere l’essenza del fenomeno Sardine?) e ride, per scacciare un fastidio. Il fastidio di uno abituato invece a cogliere le cose in un clic. Delle polemiche per il suo incontro con alcune Sardine a Fabrica, Treviso, feudo Benetton, ha già detto tutto: quelli di destra, ma pure i Cinque stelle, accusano le Sardine di connivenza con “gli intoccabili” signori di Autostrade? “La loro è solo invidia, becera, di certa destra che non è capace di fare quello che hanno fatto, da soli, quei ragazzi”.

 

Però adesso che anche qualcuno del branco dei pesciolini (quelli di Roma) ha detto che andare a casa di Toscani, che però è anche casa dei Benetton (la divisione del lavoro e dei poteri questa sconosciuta) è stato “un errore politico ingiustificabile” per Mattia Santori e gli altri. E lui ci ride su: le persone, soprattutto i politici mediocri, capiscono solo quello che già sanno. Rompere lo schema è invece l’unico modo per capire, e sopravvivere a questa politica disastrosa. A Oliviero Toscani le Sardine sono simpatiche dall’inizio proprio per questo: “Non hanno fatto un partito o un programma. E’ solo che tutti noi abbiamo quella stessa voglia di positività, di pace e di intelligenza”. 

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Le Sardine hanno prodotto questo, che è molto più di un effetto comunicazionale, dice Toscani: “Hanno risvegliato in noi la stessa voglia, di smetterla con le urla e con l’odio e i vaffa. Loro hanno smosso tutto questo e l’hanno fatto uscire. Non hanno inventato una politica o una comunicazione”. Però sono venuti a Fabrica. “E io sono stato contentissimo”. Del resto, sono un fenomeno prepolitico, una presenza sociale (e social) nuova, innovativa, una specie di flusso di idee che si è messo in moto da solo: se proprio volevano andare a parlare con qualcuno che si intende di comunicazione, di linguaggi sociali, che li studia, dove dovevano andare? Da Zingaretti? O all’università? Certo che sono andati a Fabrica, “centro di formazione per giovani comunicatori”, anzi addirittura “centro di sovversione culturale” che Toscani ha messo su oltre vent’anni fa. Con i soldi di Benetton, certo. Perché i Benetton, quelli degli “united colors” sull’importanza della comunicazione avevano scommesso giusto. 

 

Dice Toscani: “Ma quelli dei partiti invece, i Bersani e anche tutti gli altri anche più giovani, che sono pure peggio come capacità di comunicazione, non sono mai venuti a trovarci. A chiedere un’idea, a domandare come possiamo fare? Mai nemmeno provato, e alcuni li ho pure invitati. E i risultati si vedono”. Questi ragazzi invece sì. “Sì, e ho imparato molto”. Avete parlato anche di Salvini, ma “in inglese”, sembra. “Non è che abbiamo parlato solo di politica, e tantomeno di autostrade (ride: i poteri forti lo fanno ridere, ndr). Abbiamo parlato di futuro, di come sarà. Perché io ero curioso, e perché qui ci occupiamo del futuro: che cosa serve, o che cosa va male: ad esempio la troppa tecnologia va male, e un certo tipo di media va male. Le sardine si fanno le nostre stesse domande. Noi ci interroghiamo da tempo e a tempo pieno. Dove dovevano andare? A un festival di partito?”.

 

Cosa hanno portato di nuovo nella comunicazione politica? “Ma vedi, non è questo. Io ho l’età dei Beatles, a me sembrano molto i movimenti Peace & Love, quelli prima della rivoluzione, negli anni Sessanta. Trasmettono un sentimento comune, lo hanno colto. Dicono solo questo: basta odio, parliamoci. Mi hanno detto: sai che è curioso? ci vogliono bene i ragazzi ma anche i sessantenni. Certo, per forza, hanno svegliato tutti”. E sul loro futuro politico, che consigli dargli? “Guarda, quello che dovevano fare lo hanno fatto. E’ come quando c’è il terremoto: è meglio uscire di casa e andare in mezzo alla piazza. C’era un terremoto, o un crollo, nelle nostre vite, e loro ci hanno detto uscite in piazza che è meglio. Tutto qui. Cosa ci siamo detti? Nessun programma, volevamo imparare tutti da tutti. Qui ci sono trenta giovani che arrivano da tutto il mondo e studiano la comunicazione del futuro. Noi qui non ci occupiamo di prodotti, il nostro argomento è l’umanità. L’umanesimo. Ci siamo incontrati, è così difficile da capire?”. E tutti quelli che alle Sardine dicono: e adesso cosa farete? che programma avete? dove vi collocate? “Sono balle”, sbuffa Toscani, “la gente della politica vecchia e dei giornali vecchi, cioè tutti, vogliono solo sentirsi dire quello che sanno già: con chi stai, dov’è l’organigramma. Loro sono stati la presa di coscienza che bisogna cambiare. Io spero che questo resti. Va bene così”.

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